Capitolo 20

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L'euforia era stata così tanta che ci eravamo messi a ballare come pazzi. E non era stato così terribile come credevo. La serata era andata piuttosto bene, e anche la sua fine. Solo che, per chissà quale motivo, non riuscivo a prender sonno.

Forse erano stati i tre bicchieri che avevo bevuto, o l'adrenalina che circolava ancora nelle mie vene, ma ero davvero felice. Era stata la scelta giusta, quella perfetta. Il ballo non avrebbe ostacolato i miei studi, o almeno non l'avrei permesso. Harry faceva parte della crew, eppure era arrivato al terzo anno, così come Vicky che era al secondo. Quest'ultima stava beatamente dormendo nel suo comodo letto, illuminata dalla soave luce lunare.

L'unico suono presente all'interno della nostra camera era il suo respiro pesante. Mi alzai dal letto, cercando un rimedio per poter riuscire a prendere sonno. Allungai un braccio verso il comodino, controllando l'ora sul display. 4.40 a.m.

Io, Vicky, Jack e Jodie eravamo tornati dal Paranormal quaranta minuti prima, mentre i due gemelli avevano deciso di restare un altro po'. Sospirai, lanciando uno sguardo fuori dalla finestra. Avevo una vista su una piccola parte del giardino, illuminato dalla luce bianca e fredda della luna. Quel satellite mi aveva sempre affascinato. La guardavo per ore ed ore dalla finestra della mia vecchia camera, quando vivevo ancora con mia madre e mio padre.

Ora non sapevo nemmeno quale luogo potessi definire casa. La casa di mamma e Ben? La casa di New York? Il college? Non lo sapevo, e la cosa era straziante. La mia vecchia casa era stata venduta e forse in quel momento un'altra ragazza stava dormendo nella mia camera. E la cosa era davvero angosciante.

Quella era la mia tana.

Il prato verde bagnato e le panchine di legno erano davvero invitanti. Non avevo nulla da perdere, quindi indossai velocemente i vestiti che avevo sul letto, gettando il pigiama sul pavimento. Poi presi la mia felpa grigia, le chiavi e il cellulare e uscii dalla stanza, facendo il meno rumore possibile per non svegliare Victoria.

Attraversai il corridoio in punta di piedi, stando attenta a non fare troppo rumore. Non volevo essere vista da nessuno, mi avrebbero presa per pazza.

Spinsi la porta antipanico alla fine del corridoio, venendo travolta dall'aria fredda della notte.

Fin dal primo momento che avevo messo piede in quel campus, avevo pensato che tutte quelle porte moderne, così come il bar, erano in netto contrasto con la struttura antica dell'università.

Feci qualche passo, infilando le mani nelle tasche della felpa. L'aria era salubre, così fresca che mi portò a sorridere. Chiusi gli occhi per un attimo, prima di riprendere a camminare verso un posto indefinito.

Il giardino sembrava ancora più bello illuminato dalla luna, anche se il chioschetto metteva un po' di soggezione. Inspirai l'aria, godendomi il momento. Per una volta nella mia vita ebbi il piacere di respirare aria pulita e non piena di smog. In quel momento mi stavo godendo tutto, compresa l'aria.

Guardai le panchine, una ad una, con l'intenzione di scegliere la migliore per sedermici sopra, ma mi bloccai alla terza della serie.

Poco distante da me, un ragazzo era seduto su una panchina, con la testa fra le mani e i gomiti sostenuti dalle ginocchia.

Mi sforzai la vista a causa del buio, non riuscendo a vedere chi fosse, sia per la sua posizione, sia per la distanza, sia per il buio della notte.

Feci un passo, indecisa se tornare in stanza o avvicinarmi al ragazzo. La sua testa si alzò di scatto nella mia direzione, dandomi il consenso di riconoscerlo. Mi morsi il labbro inferiore, ancora insicura.

Lo vidi passarsi una mano sulle guance. I suoi occhi si alzarono un'altra volta su di me. Furono una calamita, e per questo mi avvicinai a Shawn. Non aveva un'aria felice come la mia. Di certo non era uscito per godersi l'atmosfera. Lo raggiunsi con estrema lentezza, mentre i suoi occhi tornarono sulle sue mani congiunte.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora