Capitolo 44

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Un momento di gioia ci prende sempre di sorpresa. Non siamo noi ad afferrarlo, ma è lui ad afferrare noi.
(Ashley Montagu)

Ero finita con le lacrime accumulate agli angoli degli occhi e un sorriso gioioso a curvare le mie labbra non troppo carnose. Il battito del suo cuore continuava a rimbombarmi nelle orecchie, mentre eravamo lì, stesi sul divano davanti la TV. Le mie braccia erano allacciate con prepotenza attorno al suo busto muscoloso e la mia guancia era solleticata dal tessuto morbido del suo maglione. Il calore del suo corpo mi riscaldava e mi riempiva il cuore di gioia. Ero incredula. E mi sentivo una stupida. Piangevo ininterrottamente di gioia e ripensavo al suo sguardo quando mi aveva rivista dopo tutte quelle settimane.

- A che pensi? - sussurrò, mentre strofinava il naso nei miei capelli per sentirne il profumo. - Mi sento un po' stupida - confessai a malincuore.

- Perché? - chiese e, anche se dalla mia posizione non riuscivo a vedere la sua faccia, avrei giurato che gli fosse comparso un ghigno. - Perché sto ancora piangendo -.

- Sei felice, non stupida -.

- Volevo farti una sorpresa per il tuo ritorno! - sbuffai come una bambina e a quel punto allontanai il viso dal suo petto e mi sedetti composta. - Be', sei ancora in tempo - ribattè con un so che di malizioso, misto ad uno dei suoi sorrisi divertiti. Gli assestai un pugno sulla spalla, ma andò a finire che mi feci male io.

Lo guardai in cagnesco, facendo allargare il suo sorriso a dismisura. Si stava prendendo gioco di me!

Tirò le mie gambe sulle sue, per potermi stare più vicino. Non mi opposi a quel gesto, confortata dal fatto che il resto della mia famiglia dormisse già. La stanza era al buio, salvo la luce bianca proveniente dallo schermo davanti a noi, che donava una vampiresca tonalità di bianco-azzurro ai nostri visi già chiari.

- Mi sei mancata così tanto - mormorò, distratto dalle sue delicate mani che tracciavano i contorni del mio viso, poi quelli del collo e delle braccia. Al di sotto del maglione, al passaggio delle sue dita -sicuramente non così fredde come sembravano a me-, avevo la pelle d'oca. Continui brividi mi attraversavano la schiena.

- Anche tu - dissi, ma uscì con una voce più instabile di quanto sperassi.

Spostò i suoi occhi di cioccolato fuso dai movimenti delle sue dita -che ormai si erano arrestati- ai miei, di occhi. Una sensazione che non provavo ormai da tempo si risvegliò dentro di me. Smisi di pensare solo quando le sue labbra furono ad un centimetro dalle mie e, chiudendo gli occhi, le assaporai. Quel bacio fu dolce e delicato, come sempre, ma qualcosa mi spinse ad avvicinarmi ancor di più.

Mi stringeva i fianchi con le mani, mentre quel bacio accellerò il suo ritmo. Affondai le dita nei suoi riccioli. Dio, mi erano mancati così tanto, ricordo di aver pensato in quel momento, presa dal desiderio di baciarlo. Mi riferivo ai suoi capelli, alle sue labbra, alle sensazioni che mi faceva provare, a quelle dannate mani che non stavano mai ferme.

Presi i lembi del suo maglione, stringendolo fino a farmi male alle dita, insicura se andare così oltre.

Evidentemente, sebbene fosse preso da quel bacio più di me, si accorse della mia intenzione. - Non te lo meriti - dichiarò. Aggrottai le sopracciglia, senza lasciare la presa sul tessuto. - Cosa? -.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora