Capitolo 52

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- E quando ti è venuta questa felice idea? - chiesi divertita. Non mi immaginavo affatto Shawn indaffarato tra i fornelli o a pulire casa armato di scopa e paletta.

Mi guardò torvo, per poi tornare con lo sguardo sulla vista mozzafiato davanti a noi.

Era fine febbraio e noi ci eravamo rifugiati nell'auto di Shawn per poter gustare la vista di un bellissimo pago ghiacciato. La neve era ovunque, ma presto avrebbe cominciato a sciogliersi. Sarebbero ritornate le belle giornate e finalmente le temperature sarebbero salite sopra lo zero.

- Sono serio. Ho già contatto qualcuno - continuò. - E lo hai detto ai tuoi? Non puoi andare a vivere da solo come se nulla fosse, da un giorno a un altro. A tua madre verrebbe un colpo. Ti vede già poco, figurati vivere in due case diverse - dissi enfatica.

- Ho diciannove anni, Annie. Voglio vivere la mi vita. Ho un lavoro più che ben retribuito, posso mantenermi da solo -.

- Non sono i soldi il punto. Poi, io sono nessuno per dire quello che penso. Però ti consiglio di dirlo ai tuoi al più presto -.

Incrociai le braccia sotto il petto, mentre Shawn metteva in moto e faceva retromarcia. Questa cosa dell'andare a vivere solo non mi andava a genio. Shawn era attaccato alla sua famiglia. Li vedeva pochi giorni all'anno e pensava di andare a vivere in un'altra casa?

Sarebbe stato solo un appartamento disabitato per gran parte dell'anno. Non aveva assolutamente senso. Dovevo rispettare le sue scelte, ad ogni modo.

- Non capisco perché sei così arrabbiata - aggiunse, guidando sereno. - Non sono arrabbiata. È solo che non capisco - spiegai, lasciando cadere le braccia sulle gambe.

- Okay, però potresti sforzarti di essere felice in quei pochi giorni che stiamo assieme? - chiese retorico, accostando davanti una caffetteria. Mi aveva portata "Da John", come ai vecchi tempi.

Sospirai e annuii, avvicinandomi per dargli un bacio sulla guancia. - Scusa - dissi rossa in viso, mentre un sorriso spontaneo si formava sulle sue labbra. Scesi dall'auto, pensando a quanto fosse morbida, liscia e calda la sua pelle. Mi sentivo una stupida ad avere le farfalle nello stomaco per una cosa del genere.

Entrai nel piccolo e accogliente locale dai divanetti in pelle rossa, seguita dal mio ragazzo. Era gremito di gente, la maggior parte ragazzi, che chiacchieravano e mangiavano.

Ci sedemmo al primo tavolo libero che riuscimmo a trovare e ordinammo due cioccolate calde e un muffin per Shawn.

- Ormai di muffin mangio solo quelli di tua madre - dichiarai, pensando a quelle godurie.

- Qualche giorno potremmo andare a darle una mano in pasticceria. Le spediamo a casa, così si rilassano un po', e noi ci occupiamo dei clienti - propose entusiasta. L'idea era carina, ma io e Shawn messi insieme dentro una pasticceria noi. L'ultima volta stavo ancora con Ethan e lui aveva cercato di baciarmi. Quello probabilmente era stato il primo segnale, il campanello d'allarme che mi aveva spinto a credere di essere ancora innamorata di lui. Shawn lo sapeva già.

- Così potrai dirmi quanto ti manco e provare a baciarmi? - scherzai. - Probabile -.

Sorrisi, mentre la cameriera tornava con la cioccolata calda. Ne presi subito un sorso, guardando Shawn mangiare il suo muffin.

- Come va al bar? - chiese, tra un boccone e l'altro. - Bene, gli orari sono un po' pesanti, però è normale così- dissi, poi ripresi a bere la cioccolata. Era la migliore che avessi mai assaggiato e Shawn lo sapeva perfettamente. Ormai avevo perso il conto di tutte le volte che eravamo andati lì.

Prese la sua tazza, studiando i miei movimenti, cercando di capire cosa pensassi, guardandomi fisso negli occhi. Ero sicura che avesse qualcosa in mente da dirmi, o da fare. Mi ha tradita e ora si è pentito? Non è da Shawn, o forse sì. No, no, no...

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora