Capitolo 49

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Ebbi bisogno di qualche secondo per poter metabolizzare le sue parole. Quella graziosa casa era quella dei suoi nonni materni.

Possedevano una casa anche a Toronto, la stessa in cui eravamo stati parecchie volte. E la cosa mi imbarazzava.

- Che c'è? - sbottò. Ma non capiva veramente?

- Non entro - annunciai sicura di me. - Sono i miei nonni, devi conoscerli. Tua nonna mi ha strizzato le guance abbastanza, ora tocca a te - scherzò, cercando di alleggerire la mia tensione.

- Non l'abbiamo fatto sul divano di mia nonna, però -.

Restò senza parole, poi gli angoli della sua bocca si alzarono sempre più velocemente verso l'alto. - Pensi sempre a quello, eh? -.

Sgranai gli occhi e, mordendomi la lingua, gli diedi un pugno alla spalla. Per la prima volta nella mia vita ero riuscita a dargli un pugno abbastanza forte. Si massaggiò la spalla, guardandomi truce. Mi voltai nuovamente verso la casa innevata, ero indignata più che mai. Sembravamo due stupidi lì davanti, magari sua nonna ci spiava dalla finestra, proprio come soleva fare quell'impicciona di mia madre.

- Ora che ti sei sfogata, possiamo entrare? - continuò. Perché i ragazzi dovevano essere così stupidi? Scossi il capo.

- Ho i capelli elettrizzati, il naso rosso e con questo maglione sembrò grassa - protestai, come ultimo tentativo.

Sollevò gli occhi al cielo e si abbassò velocemente. Prima ancora che potessi capire le sue intenzioni, ero già su una sua spalla, faccia a faccia con la sua schiena. Scossi la testa, per l'ennesima volta e sospirai rassegnata.

- Questa me la paghi, Mendes - digrignai, mentre lui stava già raggiungendo la porta, ignorandomi altamente. Mi mise a terra e suonò al campanello. Già immaginavo la faccia dei suoi nonni dopo aver visto quella scenetta dalla finestra.

La porta si aprì e gli occhi della donnina si illuminarono.

- Shawn! - urlò, abbracciando il nipote. Era davvero bassa di fianco a lui e portava degli occhiali neri e rotondi sul naso, un po' alla Harry Potter.

Quasi quasi mi venne da fare una fotografia a quei due. La scarsa luce pomeridiana era perfetta e loro erano dolcissimi stretti in quell'abbraccio.

Si separarono dopo poco, lasciando libero sfogo al fiume di parole. - Guarda quanto sei cresciuto! Mangi, almeno? Sei troppo magro - disse e affondò le dita nel torace muscoloso del mio ragazzo. Ehi!

Finalmente sembrò notarmi, ma una parte dentro di me mi diceva che sarebbe stato meglio il contrario.

- Oh... - sospirò - Tu sei la sua ragazza? -.

Annuii, sorridendo cordiale. L'unica possibilità che avevo di piacerle, considerato com'ero conciata.

- Io sono Annie Collins, piacere di conoscerla - mi presentai.

- Guarda che bella ragazza! Posso abbracciarti? -.

Quella domanda mi spiazzò, così mi ritrovai a guardare Shawn per un millesimo di secondo, che sorrideva divertito. Annuii alla donna, rossa in viso, e mi lasciai stringere. Ebbi bisogno anch'io di abbassarmi per raggiungere la sua altezza. - Io sono Emily -.

Shawn non mi aveva mai parlato dei suoi nonni, tranne per dirmi che vivevano a Londra e che quella graziosa casa in cui eravamo stati più di una volta era la loro. Arrossii a quel pensiero. Cavolo, dovevo smettere di pensarci!

La donna mi liberò dal suo affettuoso abbraccio e ci spinse dentro, con la scusa della neve.

Shawn si scrollò i capelli per togliersi i fiocchi di neve e io abbassai il cappuccio del giubbotto. La casa era piccola e accogliente. Si entrava in un piccolo salotto con le tende arancio, i mobili in legno e il davano giallo tenue, quasi crema. Emily ci invitò a sederci sul divano e, non trovando nulla da dire, mi misi a studiare le fantasie del tappeto ai piedi del divano.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora