Capitolo 5

1K 63 15
                                    

- Tieni - mi disse Ben, passandomi la mappa del campus e il foglio con il regolamento e l'orario delle lezioni, quando dopo una buona mezz'ora uscì dalla segreteria della University of Toronto. - Grazie - mormorai, dando un'occhiata alla mappa, per cercare di capire dove fossi in quel momento e dove fosse la mia stanza.

- La tua stanza è questa cerchiata in rosso. - aggiunse, capendo cosa stessi cercando - Gli altri edifici come la biblioteca e le varie aule sono scritti qui. Ah, la segretaria mi ha detto che potrai venire qui per sapere qualunque cosa -.

Annuii distrattamente, ripiegando i fogli. - Vuoi andare adesso a vedere la tua camera? - mi chiese, sistemandosi la cravatta blu. - Sì, certo - risposi.

Ci incamminammo l'uno di fianco all'altra. Il secondo marito di mia madre era tutto l'opposto di mio padre. Era sicuro di sé, talentuoso, ricco, gentile, cordiale, un buon lavoratore e sospettavo fosse anche un padre perfetto. Per questo motivo pensavo che Carter fosse davvero fortunato, anche se non avevo avuto modo di conoscerli al meglio.

Il week end precedente era trascorso in fretta. Avevo avuto modo di rivedere Kate di presenza e di passare del tempo con mia madre e la sua nuova famiglia. Il pomeriggio della domenica, quando Ben era tornato da un'uscita di lavoro, mi aveva annunciato che sarebbe stato libero il martedì mattina per accompagnarmi al college. Così, il lunedì, all'alba, il mio fratellone era andato via per tornare a New York, e io avevo iniziato a sistemare le valigie per il mio inverno al college. Infine, quel giorno, ovvero il martedì, avevo finalmente chiuso le valigie strapiene, e dopo aver salutato mia madre, che come previsto scoppiò in lacrime, e Carter, mi misi in auto insieme a Ben per raggiungere la mia nuova università.

- B47, B48, B49... - mormorava Ben, leggendo le targhette di plastica sopra le porte - B50! Questa è la tua stanza -.

Sorrisi, cercando di memorizzare in quale punto preciso dell'immenso corridoio si trovasse. - Bene - sussurrai lasciando la presa sul manico del trolley, mentre l'uomo di fronte a me poggiava il mio borsone per terra, accanto alla porta.

- Hai bisogno di qualcos'altro? -.

- No, è tutto apposto. Grazie - risposi velocemente. Annuì prima di avvicinarsi goffamente e darmi un veloce abbraccio come segno di saluto. - Ci vediamo, Annie. Per qualunque cosa chiama - mi disse sorridendo, iniziando ad allontanarsi. - Va bene, a presto - ricambiai il saluto.

Mi voltai verso la porta in stile classico di legno scuro, prima di aprirla con la chiave che mi aveva consegnato Ben. Feci scattare la serratura, per poi rimettere la chiave nella tasca della giacchetta leggera che indossavo, appuntandomi mentalmente di procurarmi un portachiavi. Presi il borsone dal pavimento e impugnai il manico del trolley per entrare in stanza, sistemare un po' tutto, farmi una doccia fredda e rinfrescante e magari schiacciare un pisolino.

Entrai nella stanza, ma un piccolo dettaglio che ancora non avevo notato richiamò la mia attenzione.

Una ragazza dai capelli viola stava seduta comodamente su uno dei due letti, quello posto a destra rispetto alla porta. Continuava a fissarmi con una nota di scetticismo in volto, masticando la sua gomma con la bocca aperta. Al suo fianco, un ragazzo dai capelli castani e gli occhi marroni, con un leggero accenno di barba, stava comodamente sdraiato sul letto, con le mani dietro la nuca e i piedi incrociati, senza smettere di analizzarmi.

Sentii un calore familiare proprio sugli zigomi, e dedussi di essere arrossita, proprio come avrei immaginato. - Emh... Sc... Scusate... - balbettai, con un timbro di voce appena udibile.

- Tu dovresti essere Annie Collins, giusto? - mi chiese la ragazza dai capelli color melanzana, alzandosi dal letto. Annuii, stupita dalla sua domanda.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora