27. Allora

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Luci scintillanti brillavano nell'albero di plastica, lampeggiando sugli addobbi di vetro e metallo e rimbalzando ombre colorate sulle mura bianche della casa dei miei nonni.

Un pacchetto verde brillante fu tirato dalle mie mani, una diversa scatola, non così brillante, posata ai miei piedi. "Matty, devi leggere le etichette con più cautela," borbottò mia madre. Matty. Maddie. Era abbastanza grande per conoscere la differenza. Conosceva la differenza.

"Ma mi piace questo regalo," disse lui, tirando su una graziosa bambola con i capelli rossi e la pelle pallida. Piaceva anche a me.

Mia nonna sembrò orripilata. Orripilata che suo nipote di otto anni volesse giocare con una bambola più che con i lego. Orripilata che l'avesse detto. Orripilata che non fosse come gli altri suoi nipoti, che facevano sport e costruivano modellini di macchine.

Mio padre strappò la bambola dalle mani di Matty così forte che il suo braccio si staccò. Iniziai a piangere. Matty tirò il resto del suo corpo a mio padre indietreggiando.

Fu mostruoso. Lui fu mostruoso. La sua mano larga, con grasse dita si abbassò e afferrò il polso di Matty. E lo strattonò verso l'alto. Come se volesse staccare anche il braccio di Matty. Il suono fu mostruoso. Lo schiocco. Il suo urlo. Le urla di mia madre. La porta sbattuta e la sgommata. Il silenzio di mia nonna.

Dislocò la spalla di mio fratello e ci lasciò lì. Nella casa di sua madre.

"L'avrei chiamata Sara," mi disse Matty quella notte, il suo braccio attaccato al suo corpo da una fascia a tracolla.

Accarezzai i suoi capelli, levigando le parti sul retro a cui piaceva stare dritte. "Puoi ancora farlo," sussurrai, spingendola verso di lui con le mie mani paffute. Avevo dovuto usare l'uncinetto di mia nonna per attaccare una nuova banda di gomma al suo braccio, annodandola cautamente a posto mentre mia madre e Matty erano all'ospedale.

"No," pianse, comprendosi la faccia con l'altro braccio. Le lacrime colarono lungo i lati della sua faccia, le goccioline che strascicavano ingrandivano le sue lentiggini. "È tua."

Posti la testa sulla sua spalla non danneggiata e posai Sara sulla sua pancia, proprio vicino alla sua mano sostenuta. "È nostra," insistetti. Avrei condiviso felicemente tutto quello che avevo con lui. Le sue dita si attoricgliarono nei suoi capelli mentre posò l'altra sua mano in basso, slingendomi via.

Lanciò la bambola contro il muro. La mia fragile attaccatura fallì, il suo braccio vacillò di nuovo dal suo corpo. "Lasciami in pace." Lo feci. Non avrei dovuto. Ma lo feci.

The Other One [ Italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora