LXXX

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"Quindi è tutta questa la storia?" impetra il signor Martin una volta che l'ho portato a conoscenza di tutta la faccenda del bacio di Malia e della divisione tra me e Lydia.
Ha l'aria piuttosto preoccupata, e improvvisamente mi salgono dei dubbi al cervello.
Ho paura che non mi creda, che cancelli tutta la sua stima e la fiducia in me.

"Sì, è questo", accenno io portando i gomiti sulle ginocchia e lasciando che la mia testa faccia peso sulle mie mani.

"Non è possibile una cosa del genere...", comincia, ma poi si interrompe.
Come sapevo, non crede alle mie parole, che dopotutto sono quelle vere.
Non oso immaginare quale sia stata la versione esplicata da Lydia a suo padre.

"...non è possibile che mia figlia abbia fatto questo ad un bravo ragazzo come te", finisce, sbattendo una mano sulla sua coscia, provocando una piega sui suoi pantaloni neri affusolati.

Magicamente mi sento meglio, perciò tiro su un sospiro di sollievo, espellendo una nuvoletta di vapore dalla bocca.
Non capisco per quale motivo qui, in un ospedale, ad agosto, col caldo che fa, possano formarsi quelle nuvolette che solitamente si formano in inverno, con molto freddo, all'aperto.

"Mi fa piacere che mi credi", dico in tutta sincerità abbozzandogli un sorriso sincero.

"Certo che ti credo figliolo! Mia figlia me la pagherà cara!", sbraita cambiando immediatamente espressione.

"No, ti prego, non farle niente. Alla fine non è colpa sua. Si è soltanto offesa gravemente, ma nulla parte da lei. Come ti ho detto, la colpa è di Malia", spiego cauto, perché mi sembra che Jeff non abbia ancora ben appreso l'argomento.

"Okay, ma se vuoi le parlerò", mi spiega rilassandosi un po'. Secondo me sarebbe un bene fargli fare una chiaccherata di questo tipo con sua figlia, ma lui non centra nulla nel contesto. Insomma, è roba mia, e devo prendermi io le responsabilità.

"No, cortesemente no, anche se apprezzo il gesto. Sono io quello che deve parlare con lei, mettere le cose al proprio posto e provare a risolvere. Non voglio mettere in mezzo alcuna persona in questa lunga faccenda", specifico agitando le mani. Mi sto innervosendo senza che me ne accorga.

"Magari tutti i ragazzi fossero come te Stiles...". Il signor Martin allunga le braccia come se si debba stiracchiare, poi tira un sospiro di sollievo. "Mia figlia dovrebbe capire che gran persona ha perso accanto a sé", proferisce infine. E' davvero un uomo tenerissimo, ma mi sta imbarazzando con tutti questi complimenti. Spero di non essere diventato rosso come un peperone.

"Grazie mille", è tutto quello che riesco a pronunciare al momento, probabilmente per il mio stato d'animo, che vorrebbe esprimere troppi concetti, ma che non riesce.

"Figurati. Capisco che tu sei in imbarazzo a parlare con me ora, ma tranquillo. Considerami come tuo padre. A lui dicevi tutto, no? Ecco, se vuoi migliorare il tuo rapporto con Lydia, proviamo a fruttificare anche il nostro prima. Sei d'accordo?"

"Certo, per me va benissimo, anzi...", esclamo battendo le mani come un bimbo felice.

"Bene, allora stasera sei invitato ufficialmente nella nostra casa. Si trova un po' distante dal centro di Roma, ma con i mezzi ci arrivi subito. Ora ti scrivo l'indirizzo". Prende dalla sua giacca un bigliettino giallognolo mezzo strappato e con una penna di metallo scrive la via precisa della sua abitazione.

"Da dove vieni tu? Ceh, nel senso, dove alloggi ora?", mi chiede giocherellando con la penna una volta che mi ha dato il foglietto.

"Da Ostia, ora alloggio a casa dei miei nonni materni" specifico, tamburellando le mani sulle mie ginocchia. Ho paura che stasera ci sia anche Lydia lì.

"Oh... beh, non è lontano, saranno venti chilometri, non di più, poi mettendo l'indirizzo sul tuo navigatore capirai come arrivarci. Ora ti lascio. Ci vediamo stasera Stiles!", saluta, dandomi il cinque come fanno i ragazzi della mia età.

"Arrivederci, grazie della chiaccerata!"

Mi affretto a ritornare a casa. Per una volta spero di non trovare nessuno a casa o nella via circostante, non voglio dare spiegazioni di alcun tipo. Per fortuna avviene così, e poi vado verso l'armadio per scegliermi dei vestiti decenti. Scelgo di andare lì con una camicia bianca e dei pantaloni eleganti. Le uniche scarpe decenti qui sotto potrebbero essere quelle blu, ma non si abbinano. Oh, sti cavoli, me le metto lo stesso.

Corro via, e scappo verso Roma, per andare a casa loro. Sto già sudando, la mia fronte espelle acqua a non finire, e sto tremando con tutto il caldo che fa. Sono nervosissimo.

Arrivo davanti alla casa, senza fare caso a com'è da fuori, perché al momento la mia agitazione al massimo. Se non suono il campanello potrei svenire per l'ansia da un momento all'altro.

Ma al suono, appare dietro la porta una bellissima ragazza dai capelli rossi, che senza nemmeno avermi guardato, la richiude con abbastanza violenza.

heyy!
ho scritto il capitolo separando le parti, perché probabilmente è meglio così.
boh, spero vi piaccia.😊
domani a me è l'ultimo giorno, ma sinceramente non voglio andare in vacanza dai parenti, perché significherebbe dire niente amici, niente sabati sera, parenti ceh ti chiedono tutto, "ma ce l'hai il fidanzato?", gente che non hai mai visto prima, niente internet e niente vita sociale.
IO VOGLIO LA MIA CITTÀ, IN CUI HO TUTTO, UFFAA.😭
comunque 》voi quando iniziate le vacanze?❤
Miry.

YOU'RE MY MOONLIGHT 2 [Stydia]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora