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"Papà, che ore sono?", continuo a dire girandomi e rigirandomi nel letto.
"Sono le 8! Stiles, continua a dormire", ribatte secco mio padre.
"No, penso sia anche troppo tardi". Detto questo, scatto in piedi dal letto, per poi andarmi a preparare con fretta.
"No, dai figliolo, torna a dormire", borbotta mio padre, ed io ho già capito la sua intenzione.
"Papà, non c'è nulla che..." mentre corro per il corridoio, metto il piede storto e perciò cado a terra, facendo male il mio sedere e la mia schiena.
"Ecco, vedi perché ti ho detto che devi andare più lentamente?
Non c'è fretta!", dice mio padre come se fosse una cosa ovvia, ma lo ignoro.
Cerco di rialzarmi il più velocemente possibile, poi vado dritto verso i fornelli, dove metto a fare del latte.
"Stiles, torna a letto!", mi ordina mio padre.
Mi sto stufando, non può comandarmi su una decisione ovvia che ho preso un po' di tempo fa.
"Papà, a letto non ci torno, so dove vuoi arrivare.
Stamattina partirò, e non ci sarà nulla che potrà impedirmelo, nemmeno tu", dico, con un tono più alto del previsto.
"Oh...", esclama il mio papà, probabilmente turbato dal mio timbro di voce e dalle mie parole.
Dopo essermi vestito, e aver messo il tutte le valigie nel portabagagli della jeep, sono pronto a dire addio a questo posto.
"Stiles, sei convinto?" Chiede mio padre con un po' di timore mentre si avvia verso l'auto.
"Sì, papà. Sono più che convinto", esclamo determinamente.
Dopo aver chiuso la porta di casa, passo qualche secondo a guardare la piccola abitazione dove sono cresciuto per diciotto anni.
Dentro questa casa ci sono tutti i miei ricordi più belli, come per esempio quando aiutavo mia madre a cucinare, oppure quando da piccolo giocavo con i miei vecchi amici, combinando le peggio marachelle, oppure quando Tori mi aiutava a fare i compiti.
Al solo pensiero che sto per lasciare questo posto definitivamente, mi si fanno gli occhi lucidi.
"Figliolo, se vuoi puoi rimanere qui". Mio padre prova sempre a farmi cambiare idea, ma io non ho quest'intenzione.
"No papà, ti ho già detto che devo andarmene"
Alla fine mi faccio forza e salgo in macchina.
Nel frattempo mio padre ha messo in moto la jeep, e stiamo già partendo per l'aeroporto.
Mentre viaggiamo, mi limito a vedere tutti i posti che mi hanno visto crescere.
Per esempio il parco dove sono sempre andato per svagarmi un po', una casa abbandonata che un mio amico della mia infanzia usava per le feste di Halloween, fino ad arrivare alle collinette dove venivamo io e Lydia.
Dio, quanto mi manca passare del tempo con lei.
Tiro un sorpiro per trattenere i miei prossimi pianti.
"Sei sicuro?" Chiede mio padre per l'ennesima volta.
"Sì papà. Sono sicurissimo", rispondo tremando.
C'è un attimo di silenzio, poi mio padre sembra voler dire qualcosa.
"Non immaginavo che crescendo, anche dopo la morte di tua madre, che ti aveva indebolito parecchio, saresti diventato così coraggioso e determinato nel fare le tue scelte, anche troppo azzardate", dice mio padre.
"Già, nemmeno io sapevo di essere così".
Dopo più o meno tre ore e mezza, arriviamo all'aeroporto di Los Angeles.
Potevo benissimo prendere l'aereo da Sacramento o da San Francisco, ma ho chiesto a mio padre di partire da Los Angeles perché è la città che collega i miei pensieri a Lydia, ed è qui che siamo andati fuori insieme per la prima volta.
Dopo aver fatto il check-in, una guardia che è lì chiama il mio nome e quello di altre persone, dicendo di dover andare al gate.
Perciò arriva il momento di salutare mio padre.
Per prima cosa entrambi ci fissiamo, poi mi butto tra le sue braccia.
Inizio a piangere come non mai, mentre mi faccio coccolare da quelle braccia paterne che per 18 anni mi hanno accolto e accudito.
"Tesoro, mi prometti che verrai a trovarmi ancora?"
"Certo, te lo prometto".
"Fatti sentire, facciamo delle videochat quando sarai lì"
"Sì papà".
L'abbraccio dura molto, ma sembra durare pochissimo tempo.
Il signore che mi aveva chiamato prima continua a dire il mio nome, ma io non ci faccio caso.
Continuo ad essere tra le braccia di mio padre, che mi stringe forte a sè.
Ad un certo punto lui si stacca.
"Penso che ora dovresti andare", ipotizza tremolante.
Io mi limito ad annuire.
La guardia mi prende per un braccio, per portarmi nel gate.
Nel frattempo vedo mio padre farsi sempre più lontano.
Non posso credere che non lo vedrò più, almeno per ora.
Quando non vedo più il mio papà sento un vuoto nello stomaco.
Non posso ancora credere a quel che ho appena fatto.

hey bella gente!
come state?
io piuttosto male, ceh sono due giorni che ho la febbre alta, il virus intestinale e non riesco a fare nulla (ecco perché ho pubblicato tardi il capitolo, mi spiace ma spero riusciate a capirmi), ma oggi va meglio.❤
Miry.

YOU'RE MY MOONLIGHT 2 [Stydia]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora