Cap.9

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Dopo svariati tentativi andati a vuoto io e Marco siamo riusciti a svegliare uno stanchissimo Benji e siamo andati alla "festicciola" organizzata nella camera 289.
Già dal corridoio si poteva sentire che in quella stanza stava succedendo qualcosa considerando il casino che ne usciva, infatti, quando siamo entrati gli altri ragazzi erano nel bel mezzo di una partita.
« Landi contro Musa! Si accettano scommesse! » urla Davide appena io e i ragazzi entriamo.
I miei compagni corrono alle loro postazioni per fare le loro poste, mentre io decido di uscire sul terrazzo poiché nella stanza c'è davvero troppo caldo per i miei gusti.
Esco sul balcone e l'aria piovigginosa trengina mi investe permettendomi di tornare a respirare.
Appoggio le mani alla ringhiera e mi godo la vista delle luci cittadine che si muovono come lucciole dall'alto dov'è situato l'albergo.
Inspiro profondamente e mi ritrovo a rimuginare sulla mia Roma, a quanto l'aria la sia molto diversa, ma poi penso anche agli amici che avevo o meglio, a quelle specie di discepole che si dichiarano mie amiche solo per vivere della mia luce riflessa.
Respiro pesantemente chiudendo gli occhi.
Anche se ho tutto, non sono mai davvero felice.
All'improvviso sento che un altro respiro si unisce al mio.
Apro gli occhi piano, perché ho un idea di chi mi troverò accanto.
Fede.
Come volevasi dimostrare.
« Mi inviti e poi te ne stai qui nascosto? » gli domando richiudendo gli occhi e piegandomi sulla ringhiera.
« Rispondi ad un invito e poi te la svigni sul terrazzo? » sorrido, mi giro verso di lui e lo guardo.
« Con te non si può mai vincere. » ammetto. Lui sussurra qualcosa che non riesco a capire, ma dal tono deve essere compiaciuto della mia constatazione.
Come una folgore, mi torna in mente l'immagine di lui seduto da solo vicino al finestrino ed il suo sguardo cupo a cena.
« Hai paura per domani? » gli chiedo cogliendolo alla sprovvista, lui tuttavia, pur di non farmelo notare si allontana nell'angolo più scuro e nascosto del balcone.
« Non ho paura. » afferma con alterigia.
In un primo momento tentenno, ma poi decido di seguire il mio interlocutore, perché voglio sentirmi dire la verità.
« Smettila di fare l'eroe presuntuoso. » lo richiamo avvicinandomi a lui.
Fede non mi risponde, rimane in silenzio al mio fianco, mentre io mi appoggio alla ringhiera lui sta dritto, rigido, troppo nervoso per comportarsi normalmente, ma troppo orgoglioso per ammettere che è preoccupato per domani.
« Ci tengo a fare bene » dice rompendo il silenzio dopo un lasso di tempo a mio avviso interminabile. « Non lo voglio per la fama, sai quanto me ne frega. » continua lasciando trapelare un po' di fastidio dal suo tono di voce « Vorrei farlo per me, per vedere se sono in grado di fare più di adesso. » finisce rilassandosi e appoggiandosi a sua volta contro la ringhiera, con un sospiro avvilito.
Con questo movimento Fede fa si che il suo profumo mi investa, non parlo di un profumo del tipo Gucci o D&G, intendo il profumo proprio della sua pelle, sa di miele,... no, non solo miele, miele e vaniglia.. sa di mandorle, sa.... Sa di dolce.
Involontariamente mi faccio più vicina a lui, a causa di una corrente troppo fredda mi faccio piccola e mi stringo accanto a lui al punto da far toccare le nostre spalle.
« Sai di solito, quando qualcuno fa una confessione intima, l'altro gli risponde cercando di consolarlo. » la sua voce carezzevole rovina il momento.
Sorrido e mi giro verso di lui senza però allontanarmi.
« Chi sono io per meritarmi una confessione intima? » lo sfido volutamente facendogli un sorriso furbo.
« L'unica persona qui vicino. » risponde cogliendo l' intimazione, so che non mi ha detto quelle cose solo perché mi sono trovata al posto giusto nel momento giusto, però la sua risposta scatena in me una seccatura profonda.
Il vento si fa più forte e io rimpiango di non essermi messa qualcosa di più pesante, rabbrividisco e mi stringo ancora di più incassando la testa nelle spalle.
« In ogni caso non saprei come consolarti, non capisco niente del tuo mondo, pur essendoci nata. » ammetto con un leggero tremolio nella voce dovuto al freddo.
Fede senza dire nulla mi circonda con il suo braccio muscoloso e mi tira contro di sé, fino a che non sono chiusa nel suo abbraccio caldo.
Le sue mani tornano sulla ringhiera imprigionandomi.
« Ma cosa fai! » urlo cercando di divincolarmi, ma senza successo.
« Hai freddo, volevo scaldarti. » afferma mollando la presa, offeso.
« Non potevi lasciarmi la giacca? » asserisco arrossendo, anche se la mia testa mi dice che è sbagliato il mio corpo rimpiange il contatto con lui.
« Dopo avrei avuto freddo io! » il tono da bambino con cui ha pronunciato la frase mi fa sorridere, in effetti, alla sua maniera, saremmo stati al caldo entrambi.
Lo guardo nel buio della notte, le sole luci della città e della luna ad illuminarlo, mi giro completamente verso di lui, dando le spalle al parapetto.
Fede si fa più vicino, ma non al punto da toccarmi.
« Vuoi stare lì a patire del freddo allora? » mi domanda, ma io non rispondo.
« Sono sicura che tornerai al meglio, se non sarà domani, sarà la prossima tappa, o quella dopo ancora, ma quando il talento ti fa un regalo quello ti rimane per sempre. » dico tutta la frase rapidamente, trattenendo il respiro.
Abbasso lo sguardo e mi scruto le mani, che continuo ad intrecciare in preda al nervosismo.
Inaspettatamente sento di nuovo il calore di Fede addosso e quando alzo il viso lui mi guarda sorridendo.
Non so cosa mi è successo dopo, so solo che mi sono alzata sulle punte e l'ho baciato.

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