Cap.12

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"Vi amo...vi amiamo!" Urla un Benjamin entusiasto dell'ultima tappa.
I ragazzi hanno appena concluso l'ultimo concerto in quel di Fregene, sono entusiasti dei risultati e quindi abbiamo voglia di festeggiare. Durante la cena tutti si sono complimentati con Ben e Fede che sorridono come un bambino che ha appena aperto i regali di natale.
Mio padre invece ha dato uno schiaffo sulla nuca di Fra lamentandosi di aver perso almeno due anni di vita per una piccola scivolata sul palco.
« Dovrebbe fidarsi più spesso di me, Boss! » protesta massaggiandosi la parte lesa.
« Stasera si festeggia! » esulta mio padre senza prestare attenzione alle lamentele del chitarrista.
« Cameriera riempia i calici di questi fanciulli! » conclude Alboni tra gli applausi del team e il rumore dei bicchieri che vengono riempiti di vino rosso.
« Ben smetti di bere! » ammonisco l'italoaustraliano quando vedo che Marco gli riempie l'ennesimo bicchiere.
« Parli proprio tu! » mi rimbecca ridendo e bevendo un gran sorso di vino, con le gote rosse per via dell'alcool.
« Dai Emily, stasera siamo scusati. » commenta Ricky seduto al mio fianco, prima di riempire anche il mio calice.
Proprio mentre rimproveravo il batterista a causa del suo tentativo di farmi ubriacare (tra l'altro finito bene, direi fin troppo bene.) Marco si è alzato in piedi e dopo aver attirato l'attenzione di tutti i commensali, facendo tintinnare il vetro del suo boccale ha esordito
« Ragazzi, volete che vi canti qualcosa? » il ragazzo, palesemente fuori di sé, considerando anche la sciarpa raffigurante la bandana annodata sulla testa a mo di turbante, ha brandito un tozzo di pane come se fosse un microfono e ha cominciato ad intonare una canzone in una lingua che è un misto tra l'italiano ed uno strano dialetto.
« Fermatelo vi prego! » urla Fede coprendosi la testa con il tovagliolo. Marco allora, offeso dalle rimostranze del biondo si dirige a passo spedito verso di lui e canta l'inno spagnolo a pochi centimetri dalla sua testa. Essendo l'inno spagnolo prevalentemente musicale però non si è limitato alle parole, ma ha anche fatto dei versi che dovevano rappresentare il sottofondo strumentale, tra il coro delle risate generali.
La cena è continuata così, fino più o meno all'una di notte, quando i camerieri, esasperati, ci hanno chiesto di andar via. Io lo ammetto, ero ormai vittima del troppo alcool, al punto che, una volta arrivati in hotel, Ben mi ha portato in camera in spalla, ridendo delle mie considerazioni sul, notevole, fondoschiena del receptionist.
« Guarda che per me fa un qualche tipo di sport! » dico cercando di raddrizzarmi sulla spalla del chitarrista « Uno non può avere un culo del genere solo per grazia divina! » il ragazzo ride e non so se per accontentarmi o perché è d'accordo, conclude dandomi ragione.

***

Finalmente in camera mi getto sul letto e mi tolgo le scarpe, massaggiandomi i piedi, continuo a sorridere anche se sono completamente da sola.
Ah, l'euforia che solo qualche bicchiere di troppo ti sa dare.
Apro la porta finestra e esco sul terrazzo, cercando di sfuggire al caldo, spalanco le braccia e accolgo l'aria fresca che mi investe refrigerandomi.
« Sembri la tipa del Titanic. » faccio un salto di mezzo metro e stringo gli occhi incredula, riconosco la voce, ma non voglio vederlo assolutamente.
« Se non ti vedo non ci sei. » affermo sicura, lasciando cadere le braccia, ma rimanendo "cieca".
« Non fa una piega. » apro gli occhi solo per poterli roteare al cielo e guardare Federico Rossi con una faccia scocciata.
« Come hai fatto a venire qui, Diabolik? » domando con sarcasmo voltandomi verso il cantante. Purtroppo, nel momento in cui lo faccio, gli avvenimenti del mese scorso mi si ripropongono come se fossi davanti ad uno schermo del cinema.
Imbarazzata mi giro dando le spalle al ragazzo.
« La mia camera è qui su, mi sono calato. » alzo lo sguardo verso il balcone sovrastante il terrazzo della mia stanza.
« Saresti potuto volare giù. » asserisco, affettandomi a non incrociare il suo viso.
« Ti preoccupi per me? » la sua domanda ha davvero un tono sorpreso.
« No, non hai capito. » dico girandomi per entrare in camera « Ci speravo. » concludo lasciandolo fuori.
Purtroppo per me e per la mia salute mentale, Fede e il suo profumo mi seguono nella stanza. Sbuffo esasperata, la situazione mi sta seriamente sfuggendo di mano e il fatto che lui stia facendo finta di niente mi fa ammattire.
La vergogna fa si che del sangue, traditore, mi colori le guancie di rosso.
« Voglio parlare con qualcuno. » comincia rompendo il silenzio e rispondendo ad una domanda che non gli ho fatto, ma che aleggia nell'aria da un po'.
« Hai un cellulare e ben cinque persone fuori di qui! » esclamo girandomi verso di lui.
Brutto, bruttissimo errore!
Fede è seduto sul mio letto, con una nonchalance tale da rendermi ancora più imbarazzata, sorride, probabilmente per via della mia espressione, ma i suoi occhi tradiscono un'inquietudine profonda, nera come le sue iridi.
Non lo so perché, sarà la sua espressione, ma i suoi occhi sembrano sempre sull'orlo delle lacrime, sembra un contenitore che sta per scoppiare, sopraffatto da delle apprensioni contrastanti che lo portano continuamente sul ciglio di un crollo emotivo.
« Con loro si parla di musica. » borbotta lasciandosi cadere all'indietro sul materasso e incrociando le braccia dietro la nuca.
« Vuoi pettinare le bambole con me? » lo sfido con uno sguardo sottile, anche se tentenno quando incontro di nuovo i suoi occhi.
Devo ammettere a mio malgrado che Fede esercita su di me un fascino al quale non so resistere.
Non lo capisco e questo mi fa delirare.
Prima mi odia, poi è triste e vuole essere consolato, poi fa lo stronzo, poi è gentile..
Non sarà che dentro quel corpo perfetto ci sono nascoste tre persone.
No, tre sono poche, cinque almeno.
Mentre lo osservo guardare il soffitto della camera con fare pensieroso, decido (complice anche il troppo vino) che non posso continuare a stare in piedi imbarazzata, insomma, voglio chiarire che quello che è successo l'altra sera è stato solo un caso, fortuito.
« Dato che hai voglia di parlare potremmo finire il discorso dell'altra volta » esordisco timidamente, considerando la drammaticità dell'argomento.
All'inizio solleva la testa per lanciarmi uno sguardo preoccupato, poi sembra ricordarsi « Abbiamo già finito quella chiacchierata. » afferma schematico, con un sorrisino beffardo.
« Ah si? » chiedo alzando un sopracciglio e portandomi le mani sui fianchi.
« Si, quando mi hai baciato. » la scioltezza con la quale ha pronunciato la frase mi colpisce come una sassata, lasciandomi interdetta.
Arrossisco, come se stessi ballando su una fiamma ardente e mi volto per l'ennesima volta, per evitare il suo ghigno soddisfatto.
Perchè si, dopo quel primo episodio, ne sono susseguiti altri. Cercavo sempre di smetterla, ma mi ritrovavo sempre li. Ma ora basta.
« Non era un bacio. » affermo coprendomi il viso per la vergogna. « Non sai nemmeno riconoscere un bacio da un semplice.. incoraggiamento? » cerco di nascondermi dietro la mia, già nota, spavalderia, invano.
Fede sbuffa e dallo specchio attaccato al muro noto che si è rimesso seduto « Sai quando due persone fanno si che le loro labbra si tocchino.. » inizia con un tono da maestrino « Anche se nel tuo caso, diciamo che mi sei saltata addosso. » proclama vittorioso, con un mezzo sorriso da togliere il fiato.
Apro la bocca per protestare, ma la voce sembra avermi abbandonato, lui si alza e mi si avvicina, troppo per i miei gusti.
« Fai la timida adesso? » domanda curioso, cingendomi i fianchi con le sue mani salde e forti.
Io per tutta risposta abbasso la testa, preda del disagio più totale.
Lui si accosta, annullando le distanze tra di noi, con il naso mi accarezza la guancia e il suo respiro mi solletica l'orecchio quando comincia a parlare.
« Tu sei nel mio mirino. » dichiara serio, con voce profonda « Da quando sei arrivata, ho deciso che in un modo o nell'altro saresti stata mia. » la sua voce languida mi fa rabbrividire, mentre le sue mani mi spingono contro il muro. « Ma stasera non voglio spingermi oltre, visto e considerato che sei ubriaca. »
Finalmente si stacca da me, ma solo per potermi guardare fisso negli occhi « Stasera, non giochiamo, solo perché voglio che tu non abbia scuse. Quando cederai e mi implorerai di venire a letto con te.. e fidati lo farai, voglio che tu sia nel pieno delle tue facoltà. » le sue mani salgono sulle mie spalle e con la destra mi sposta una ciocca di capelli dietro all'orecchio « La mattina dopo, quando ti sveglierai non dovrai avere giustificazioni, niente drink di troppo o altro, solo l'irresistibile richiamo del tuo corpo, che non può resistermi. »
Con l'indice mi accarezza la guancia, mentre io sento di essere sbiancata, lo guardo scioccata e contrariata, scioccata per via della sua dichiarazione, contrariata perché, come ha detto lui, non gli resisto e sento un irrefrenabile voglia di baciarlo.
« Un'altra cosa... » dice prima di mettermi una mano sul collo, tirandomi verso di lui. Lo sento avvicinarsi, ma non faccio nulla per fermarlo, aspetto, con ansia, il momento in cui le nostre labbra si toccheranno di nuovo e Fede non mi fa attendere molto.
Il suo bacio, lungi dall'essere un flebile tocco, come quello che io gli ho lasciato l'altra sera, è ardente e irruento, con forza mi fa aprire la bocca e prende possesso della mia lingua.
Mi afferra le mani, portandosele intorno al collo, in modo da far aderire meglio i nostri corpi.
Nonostante il bacio abbia un retrogusto aspro, come di possesso, non posso fare a meno di abbandonarmici completamente, godendomi la sensazione di pienezza e calore che mi si genera alla bocca dello stomaco.
È lui a decidere di interrompere il bacio, io come una ragazzina alle prime armi, seguo la sua bocca, per impedirgli di sfuggirmi, ma Fede si allontana per guardami meglio.
Mi studia compiaciuto, mentre io mi focalizzo su quelle sue labbra rosse e carnose che pulsano ancora per via di quello che è appena successo.
«Questo si che è un bacio. » sostiene con una punta di orgoglio nel tono soddisfatto.

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