Cap.51

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Sento un rumore di buste provenire dall'atrio e vedo Federico entrare in cucina con delle sporte del McDonald's e non.
«Mi andava un hamburger.» dice semplicemente posando tutto sul tavolo.
Lo guardo confusa «Cosa ci fai qui?» sono seriamente sorpresa, non mi aspettavo che tornasse.
«Ti ho portato qualcosa da mangiare visto che non puoi andare avanti a limoni.» mi rimprovera cominciando a mettere le cose congelate nel freezer.
«E poi avevo voglia di hamburger.» ripete indicando con la testa le buste marroni con la famosa 'M' disegnata sopra «Ti dispiacerebbe scaldarli?»
Automaticamente apro le buste e metto il loro contenuto nel forno a microonde, vedo che ha preso almeno sei tipi di panini diversi e persino le crocchette di pollo.
«Per chi è tutta questa roba?» domando indicando la miriade di scatole.
«Non sapevo quale ti piacesse!» si difende l'opposto con un alzata di spalle «Le Mcnuggets sono mie.» minaccia puntandomi contro il cartone del latte e assottigliando lo sguardo.
«Ah quindi mangi con me?» domando scartando i panini. Fede mi guarda offeso e gesticola tenendo in mano una busta di insalata.
«Sono andato a farti la spesa! Io! Federico Rossi, cantante del momento, 1 milione di follower su Instagram! A comprare da mangiare a te!» sbuffa guardandomi male.
Abbasso la testa per non fargli vedere che sto sorridendo. Me lo immagino al supermercato mentre sceglie se prendere il latte parzialmente scremato oppure quello intero e soffoco a stento una risata.
«Cosa ridi?» domanda scocciato portandosi le mani sui fianchi.
Smetto immediatamente di sghignazzare e cerco qualcosa da dire. Mi pare chiaro che non possa ammettere che è il suo ritorno che mi ha reso così gioviale.
«Non mi immaginavo che mangiassi dal McDonald's. Credevo fossi uno molto attento alla dieta.» Fede rotea gli occhi al cielo e riprende quello che stava facendo. Se io fossi una persona gentile lascerei cadere l'argomento, ma dato che l'infastidirlo è uno dei miei passatempi preferiti decido di offenderlo un po', così tanto per fare.
«Sarà per quello che stai mettendo su un po' di pancetta.» azzardo con nonchalance. Mi aspettavo che mi offendesse come fa di solito, ma stavolta sembra ben disposto a scherzare con me. «Vero?» domanda tirando la maglia in modo da farla aderire al suo stomaco. «Mangio per due.» continua gonfiando di proposito la pancia e mettendo su un labbrino tremulo da cucciolo di cerbiatto.
«Magari aspetti un bambino.» azzardo indicando il suo ventre con un cenno del capo.
«Impossibile.» ribatte immediatamente «Sono vergine.» appoggio al tavolo i piatti che stavo preparando per noi due perchè scoppio a ridere e rischio di farli cadere per terra. Anche Federico si lascia sfuggire un sorriso sghembo e quando mi appoggio al mobile della cucina piegata in due dalle risa, si avvicina con un'espressione a dir poco divertita «Che c'è?» mi chiede come se tutto fosse normale.
«Rico, ma ti senti quando parli?» dico aggrottando la fronte per l'assurdità della sua sparata. «Dico il collegamento cervello/bocca.»
«Bè.. è una cosa che va e viene.Avrò la linea disturbata.» risponde sorridendomi di nuovo ed allargando le braccia.
Federico mi allunga la mano e mi aiuta a rialzarmi tirandomi contro di sè. Mi ritrovo schiacciata tra il suo corpo e il mobile della cucina. Nonostante io sia già in piedi devo ancora mollare la sua mano.
Lui lancia un'occhiata alle nostra dita intrecciate, poi mi guarda negli occhi.
Io guardo le sue iridi ipnotizzata, mi sollevo sulle punte per raggiungere meglio la sua bocca, ma quando sono a pochi millimetri dalle quelle morbidissime labbra, mi ricordo delle tre regole che ci siamo imposti.
Fede mi si avvicina e le nostre labbra si sfiorano appena, prima che io lo spinga via urlando.
«Ma cosa cavolo ti prende?» mi rimprovera massaggiandosi le orecchie.
«Devi smetterla di fare questi giochetti con me! Abbiamo delle regole! Niente baci fuori dal letto!» lo sgrido continuando a spingerlo lontano da me.
«Perchè devi rinunciare ad una cosa che piace anche a te?» si difende bloccandomi i polsi.
Sbuffo, odio quando devo fare i conti con la realtà. Ad ogni modo non mi chiamerei Emily Alboni se ammettessi di essere nel torto, così ripiego sulle minaccie per fare cadere l'argomento «Se non mi molli ti do una testata sul naso» lo sfido guardandolo storto.
«Tale padre tale figlia.» sentenzia lasciandomi andare con un sospiro rassegnato. Faccio slittare in alto le sopracciglia chiedendogli spiegazioni senza dover parlare.
«L'altro giorno per colpa tua e del tuo essere insaziabile.» spiega facendomi arrossire e sorridendo della mia reazione «Ti ricordo che sono arrivato in ritardo all'incontro con tuo padre e lui non l'ha presa molto bene.» racconta finendo di apparecchiare la tavola.
Continuo a sorridere imbarazzata e servo gli hamburger e le crocchette «Mi ha fatto fare un'ora in più di tapis roulant prima che arrivasti tu. Sembrava un film dell'orrore.» conclude rabbrividendo e sedendosi.
«Bè ne è valsa la pena.» affermo con tono malizioso, mordicchiano distrattamente una delle patatine fritte di Fede.
Lui mi lancia uno sguardo che vale più di mille parole. I suoi occhi chiari sono così, così caldi. Me li sento addosso e scottano sulla pelle, li incateno con i miei, marroni e caldi ed un brivido mi corre per la schiena, come una goccia di pioggia che si insinua attraverso il colletto della giacca.
«A proposito non dirgli che mangio la roba del McDonald's oppure mi mette un dietologo alle costole.» mi prega, impossessandosi delle sue adorate McNuggets come farebbe un bambino coi regali di natale.
Il racconto di Federico mi ha fatto tornare in mente il suo 'incontro speciale' con mio padre. Anche se sono cose che non mi riguardano oppure, molto semplicemente, non mi interessano, voglio saperle. Insisto perchè mi dica di cosa hanno parlato, ma lui non demorde.
Metto il broncio e mi concentro sul mio panino borbottando contrariata.
Rico fa un lungo respiro esitando a mezz'aria con una crocchetta ricoperta di salsa barbecue.
«Perchè non mi parli della tua famiglia?» Non muovo un muscolo, ma sposto lo sguardo verso il cantante, guardandolo da sotto le sopracciglia.
«Cosa c'entra?» domando scocciata. Fede alza le spalle e addenta il pollo con indifferenza.
«Mamma romana. Papà varesotto. Emily. Figlia unica. Divorzio.» affermo con la stessa emozione di una macchina per fare il caffè.
«Un Cugino, uno zio, un nonno?» il tono di Fede mi mette un po' di agitazione. Sembra stia cercando di trovare qualcosa, di leggere tra le righe per scoprire un segreto che nemmeno io conosco.
«Nessuno di cui mi ricordi. La persona più vicina ad una nonna che io abbia mai avuto è la signora qui difronte.» ammetto con una sfumatura di disgusto nella voce. Parlando di lei, ho una vocina nella testa che mi ricorda che anche la vicina mi ha fatto delle domande sulla mia famiglia.
«Non ricordi nessun'altro uomo oltre a tuo padre?» insiste posando una mano sulla mia.
Sbuffo e faccio 'no' con la testa sottraendomi al suo tocco. Mi sembra di essere finita dentro un complotto.
Federico sospira di nuovo, frustrato. Qualcosa lo turba, ma non so cosa. Non mi spiego nemmeno il suo improvviso interesse verso il mio albero genealogico, ma alla mia richiesta di spiegazioni risponde con un secco «Curiosità.»
Lo guardo mentre si passa una mano sul collo con fare angustiato, continuo a non capire.
«Federico cos'è tutto questo mistero?» stavolta sono io a posare la mia mano sulla sua e al contrario di me, accetta di buon grado il mio gesto giocherellando un po' con le mie dita, come se fosse incantato, oppure troppo concentrato su qualcosa.
«Niente di cui tu debba preoccuparti.» mi rassicura con un sorriso da modello, accarezzandomi il palmo col pollice. «Credo sia meglio che vada.» dice alzandosi pronto per lavare i piatti prima di congedarsi.
Solo dopo svariate minacce e alcune preghiere sono riuscita a convincerlo che posso benissimo lavare due innocui piatti di ceramica per conto mio. Così ora io e lui siamo davanti alla mia porta di casa, senza sapere bene cosa dirci.
Ci limitiamo a mangiarci con gli occhi come facciamo sempre.
Passano alcuni secondi prima che Fede mi si avvicini pericolosamente, tornando ad essere il solito seduttore di sempre «Sai» dice accarezzandomi il viso «In questo momento ti bacerei.» Spalanco gli occhi e faccio per allontanarmi da lui, ma mi anticipa «Non ho intenzione di farlo. Ricordo le tue stupide regole.» mi rassicura sorridendomi sghembo, ingorgliosito dal fatto che io non abbia protestato contro il suo uso dell'aggettivo 'stupide'.
«È solo che..» continua dopo poco con fare allusivo «vedere il mio nome scritto su di te mi fa un certo effetto.» arrossico ripensando alla felpa che indosso. Una delle divise della Nazionale cantanti, dove sulle spalle il nome "Fede" torreggia in bianco.
La sua maglia.
Quella che mi ha dato quella notte.
«È comoda.» cerco di difendermi, ma entrambi sappiamo che quello non è l'unico motivo che mi ha spinto a scegliere proprio questo indumento.
«Una che mette i tacchi a spillo in un ufficio con il marmo che mi parla di comodità.» la sua risposta mi gela immediatamente, non ci sono altre scuse che tengano.
Il cantante si avvicina la mio orecchio, sento la pelle dei suoi zigomi carezzare la mia mandibola «Il mio nome è su di te.» sussurra e nel ritrarsi mi da un bacio sulla guancia.
Un ultimo sorriso ed è andato. Lasciandomi qui a toccarmi il punto dove le sue labbra hanno toccato la mia pelle.
Penso di essere rimasta immobile sulla porta per almeno dieci minuti, con una voglia irresistibile di corrergli dietro e baciarlo fino ad impedirgli di respirare.
Non ho mai avuto un impulso così forte e al tempo stesso contraddittorio, la mia testa vorrebbe veramente andare a fermarlo, ma il mio corpo mi dice di no, mi dice che devo continuare ad essere distaccata, mi dice che mi devo convincere a non assecondare l'istinto che mi urla e si dimena per poter dormire con lui anche stanotte.
Le mie emozioni sono così tante e così forti che mi investono come un fiume in piena, decido di andare a sedermi, perchè i miei pensieri sono tanti, troppi e uno il contrario del predecente.
So di sembrare esagerata, ma questa voglia di lui mi spaventa. Non dovrei sentirmi così.
Mi tolgo la sua felpa come se mi stesse bruciando addosso, ma invece di buttarla da qualche parte la appoggio con cautela sul divano e mi fermo a guardare il suo nome.
"È su di te" le sue parole mi risuonano nella testa chiare e forti. Perchè oggi ero delusa quando credevo se ne fosse andato? Perchè tra tutte le maglie che ho mi sono messa la sua? Perchè ero così felice quando è tornato?
Il suo nome scritto su di me. Se non è un segno di appartenenza quello non so cosa lo sia. Sono una proprietà di Federico ormai.
E lui me lo aveva detto. Mi ricordo quell'incontro nella mia camera d'hotel.
"Tu sei nel mio mirino. Da quando sei arrivata, ho deciso che in un modo o nell'altro saresti stata mia."
Mi massaggio le tempie: troppe domande.
«Emy, hai solo paura di Cris. Non dipende da lui.» mi rassicuro parlando da sola, ma preoccupandomi del fatto che mi sono chiamata con il soprannone che Fede ha inventato.
Me la prendo con un cuscino dandogli un colpo, come se il disagio che sento tutte le volte dopo che lui se ne va potesse essere espiato con un pugno.
All'improvviso sento qualcuno bussare alla porta principale. Il cuore mi salta in gola e lo stomaco mi si contorce. Mi alzo con uno scatto e corro verso la porta, maledincendomi per l'agitazione che ho al pensiero che Federico sia tornato indietro.
Come al solito però, quando arrivo davanti alla porta prendo un lungo respiro e mi sistemo cercando di apparire il più indifferente e tranquilla possibile.
Giro la maniglia con un eccitazione crescente, pronta a saltare addosso a Fede e a trascinarlo a letto senza troppi convenevoli.
Apro la porta e nascondo a malapena un sorriso.
«SORPRESA!» spalanco gli occhi e faccio un passo indietro, ma Mary mi stringe in un abbraccio prima che io possa allontanarmi da lei.
Mi lascio stringere, ma sono troppo scioccata per ricambiare l'abbraccio. Soprattutto perchè dietro le spalle della mia amica ci sono: Due. Enormi. Valigie.

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