Cap.49

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Per la prima volta da quando sono qui, la mia stanchezza non è dovuta all'insonnia, bensì ad una notte fantastica passata con quell'idiota, cafone, ma che rimane fantastica.
Mi stiracchio un po' e ripenso con orgoglio alle occhiaie sul bel viso di Fede. Esserne le causa mi riempie di gioia. Poi mentre apro il portone del mio condominio, mi ritorna in mente la doccia che abbiamo fatto stamattina. L'acqua calda, le piastrelle fredde. I suoi capelli bagnati, l'odore della sua schiena ed il suo corpo perfetto. Devo ammettere però che non mi aspettavo avesse una pelle cosi morbida, penso tra me e me mentre rivivo l'istante in cui ho baciato ogni centimetro del petto del cantante. Chiudo la porta e mi ci appoggio un momento con gli occhi chiusi.
Ho ancora addosso la sua maglia ed il suo profumo è più forte che mai.
«Signorina?» apro gli occhi con uno scatto e sento che sta per venirmi un tremendo mal di testa, perchè Zelda è proprio davanti al suo pianerottolo.
«Il caffè è pronto.» mi informa con un sorriso a trenta due denti.
***
«Mi dispiace per quello che è successo ieri sera. Capisco che fosse molto scossa.» Accetto la tazza di fine porcellana con decorazioni floreali che Zelda mi sta gentilmente allungando. «Gradisce un po' di latte?» domanda cortesemente con quei suoi occhi che mi scrutano in cerca di non so che cosa.
«Una goccia, grazie.» Sono qui da dieci minuti e ho già voglia di scappare.
«Non si preoccupi.» la rassicuro con un sorriso di circostanza, prendendo un sorso di tè per non essere costretta a parlare.
Non avevo mai notato quanto ormai Zelda rappresentasse appieno lo stereotipo della vecchietta vedova rimasta sola per troppo tempo. Saranno i colori spenti della casa, l'odore di naftalina nell'aria che l'anziana donna cerca di coprire con un prepotentissimo deodorante per ambienti alla lavanda. Saranno gli innumerevoli lavoretti a maglia sparsi ogni dove, ma tutto ciò che riguarda questa donna sa di vecchio. Mi sembra quasi di poter vedere la polvere sul suo viso, dimenticata tra le sue rughe.
«Così» comincia Zelda mescolando il suo tè con estrema raffinatezza «Ha passato la notte da quel suo amico. Il cantante.»
Mi sfugge un mezzo sorriso, immaginavo che avrebbe voluto sapere qualcosa di più su Rico.
«No, alla fine mi sono fatta lasciare in un hotel.» mento, ma a ragion veduta.
«Oh.» esclama la donnina, avvolgendosi meglio nel suo scialle rosso scuro. «Capisco.»
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto. Il solo tintinnio della porcellana a riempire la stanza. «Gradisce qualcosa da mangiare?»
domanda cortesemente la mia vicina preparandosi per andare a prendere i suoi 'famosissimi' biscotti al burro.
«No, la ringrazio.» freno immediatamente il suo entusiasmo.
Prendo un lungo respiro, ho la strana sensazione che Zelda stia morendo dalla voglia di chiedermi di Cris, ma le sue buone maniere inglesi non le permettono di trovare il modo per introdurre l'argomento. Siccome io non vedo l'ora di andarmene decido di farla finita al più presto, tirando fuori il tema di mia volontà.
«Mi dispiace per la mia reazione di iera sera. Cristian sta diventando un ossessione.» dico posando la tazza sul tavolo di vimini davanti al divano e portandomi una mano alle tempie.
«Cris?» domanda tradendo un nervosismo che non dovrebbe esserci.
«Sì.» continuo facendo finta di non notare la sua ansia «é da un paio di settimane che questo ragazzo mi perseguita.»
Anche Zelda posa la sua tazza di tè e mi guarda sconvolta accavallando le gambe. «Lo conosce?»
«No.» ammetto distogliendo lo sguardo e cominciando a sentirmi a disagio.
«Mai visto prima? Magari è un parente, un vecchio amico.» l'insistenza della donna mi indispone, la guardo cercando di decifrare la sua espressione.
«C'è qualcosa che vuole dirmi?» chiedo in modo schietto, stanca di tutto questo mistero.
La mia vicina sembra presa alla sprovvista, ma la sua sorpresa dura un attimo, con la tipica diplomazia di una donna anziana torna a sorridermi come se niente fosse «Certo che no.» mi rassicura strofinando le mani sulle sue stesse cosce.
«Fa freddo vero? Novembre è arrivato. Lei non compie gli anni in questo periodo?» il cliché del meteo, penso.
Studio Zelda per qualche secondo ancora, con la scusa di prendere un altro sorso di tè. Poi decido di lasciar cadere l'argomento.
«Il ventitre.» confermo sorridendole.
***
«Signorina è sicura di volerci andare vestita così?» mi volto verso Giorgio incredula, dopodichè do un'altra occhiata alla mia immagine nello specchio: Leggins attilatissimi e canottiera scollata. «Devo andare in palestra! Non vorrai che mi metta il piumino!» protesto passandogli la borsone con dentro tutto quello che mi serve.
«Una palestra piena di uomini. Solo uomini.» riprova il mio autista, ma io non lo degno di risposta.
«Potrebbe ammalarsi.» cerca di insistere Giorgio, senza successo. Sto già scendendo le scale.
Saliamo in macchina e partiamo per andare verso la Warner.
«Sa Emily, quando stamattina non l'ho trovata a casa per poco non mi prende un colpo.» rido insieme al mio autista cercando di tranquillizzarlo e lo rassicuro dicendogli che ho passato la notte in albergo.
«Non è che ha fatto una segretissima fuga d'amore?» spalanco gli occhi e comincio a tossire perchè mi è andata di traverso la mia stessa saliva, ma tra i colpi di tosse riesco a zittire Giorgio.
«Giggio, per favore. Non essere ridicolo.» lo richiamo aggiustandomi la coda di cavallo. «Comunque se ti azzardi a dirlo a mio padre ti spezzo le gambe.» lo minaccio pericolosamente seria.
Arrivo in palestra quando i ragazzi sono già dentro da venti minuti. Faccio un'entrata trionfale, mi manca solo la musica di accompagnamento. Ovviamente i miei abiti attirano l'attenzione di tutti, così ancheggio sensualmente fino a che non raggiungo mio padre, mantenendo un sorriso da copertina in volto e la testa alta.
«Papino!» esulto stringendolo in un caloroso abbraccio, facendo finta di non accorgermi delle occhiate che mi lanciano tutti i ragazzi presenti.
«Che ci fai qui angelo mio? e perchè sei così, così poco vestita?» sbuffo e mi porto le mani sui fianchi. Invece di essere contento perchè indosso una canottiera e non un semplice top, mio padre è sempre pronto a criticare.
«Voglio fare un po' di esercizio. Posso?» domando facendogli gli occhi dolci e stringendo le mani davanti alla vita cercando di sembrare il più innocente possibile.
Mio padre mi guarda confuso, ma nonostante il suo cipiglio mi permette di rimanere ad allenarmi. Prima di lasciarmi andare però, mi lancia uno sguardo preoccupato aggrottando le sopracciglia.
«Va tutto bene? Hai avuto altri incubi?» faccio una carezza sul viso di mio padre e gli sorrido sinceramente felice per il suo interesse. Però penso anche che avrebbe potuto interessarsi di me anche quando ero una bambina invece di fingere di giocare a fare il Papà proprio adesso. Ecco perchè non gli dico la verità.
«No, va tutto bene.» lo rassicuro dirigendomi verso i tapis roulant.
Mi sistemo di nuovo la coda e scelgo il programma per iniziare a scaldarmi, do un'occhiata in giro per vedere se riesco a scorgere Federico, ma sembra non esserci.
Si sarà andato a nascondere perchè sapeva che sarei venuta, penso, alzando le spalle e mettendomi le cuffie dell'IPod.
Improvvisamente, qualcosa o meglio qualcuno, due qualcuno per essere precisi, mi prendono per le braccia e mi trascinano di peso nel corridoio che da agli spogliatoi.
«Dobbiamo parlare signorina!» esclama la prima voce che riconosco essere quella di Benjamin.
«Dobbiamo parlare!» ripete la seconda voce: Alessio, l'ex componente dei Dear Jack con il quale ho un'amicizia che dura da anni.
«Ma che cavolo fate?» strillo dimenandomi per liberarmi dalla loro presa ed aggiustandomi la canottiera.
«Tu non ce la racconti giusta!» dichiara Ben accusandomi con l'indice.
«No, no, non giusta!» ripete di nuovo Alessio, al che il cantante si gira verso di lui e si guardano intensamente per qualche secondo. Poi sembra arrendersi e ritorna a concentrarsi su di me.
«Prima eravamo negli spogliatoi.» racconta guardandomi dritto negli occhi «E Federico era senza maglia. Io e Alessio abbiamo notato delle cose che prima non c'erano.» insinua guadagnandosi il consenso del collega.
Colta in fallo, sbianco e distolgo immediatamente lo sguardo. Non mi aspettavo che ci beccassero così presto, ad ogni modo decido di fingere di non sapere nulla.
«Buono a sapersi.» dico facendo un gesto indifferente con la mano tentando di andarmene, ma i due mi fanno muro.
«Graffi!» esclama con tono accusatorio Benjamin «E un morso su una spalla.» descrive toccandomi nel punto dove immagino (e so) che Fede abbia il segno.
«Graffi e un morso!» strilla Alessio ripetendo per l'ennesima volta quello che ha appena detto l'amico. Il cantante si gira verso di lui con espressione annoiata «Continuerai per molto?» chiede scocciato.
Alessio abbassa la testa e con tanto di labbrino tremulo esibisce una faccina veramente triste.
«Scusa, volevo partecipare.» ammette guardandosi i piedi.
«Oh Aleee» dico stringendolo in un abbraccio materno, il cantante si lascia coccolare senza proteste.
«Alessio non familiarizzare col nemico!» lo richiama Benji tirandolo per la spalla. Lui si allontana immediatamente da me e mi guarda come se fossi un delinquente della peggior specie.
«Da quando sono il nemico?» chiedo scandalizzata.
«Da quando Federico ha la tua impronta dentale sulla spalla e tu non ci racconti niente!» mi rimprovera incrociando le braccia al petto, il collega lo imita immediatamente.
«Chi vi assicura che sia stata io?» questiono alzando le spalle «Magari si è comprato un gatto!»
I ragazzi mi guardano come se avessi detto che il cielo è rosso.
«Venti gatti.» borbotta Ale così scuoto la testa e mi arrendo.
«E va bene!» esclamo avviciandomi di più a loro ed abbassando il tono di voce «Siamo stati insieme stanotte.» confesso in un sussurro.
I due si battono il cinque e Alessio rinfaccia a Benji un debito di 20 euro.
Li guardo scioccata quando capisco che avevano fatto una scommessa su di me, ma la mia 'arrabbiatura' non dura molto, difatti, finisco per mettermi a ridere con loro.
Quando la nostra ilarità si esaurisce mi torna in mente il motivo che mi ha spinto a venire qui in palestra: parlare con Marco.
«Ben, mi dici dov'è Marco?» domando.
Ben annuisce e prende il mio viso portandolo a guardare verso la direzione dove il produttore sta facendo esercizi.
«Grazie.» dico frettolosa pronta a trotterellare verso la mia meta, ma una mano mi ferma e quando mi giro incontro lo sguardo serio (per la prima volta nella sua vita) di Benjamin.
«Emily, credo sia meglio che tu non dica a Marco quello che è successo con Fede. Non vorrei che fraintendesse.» mi confida ed il suo tono di voce mi convince immediatamente.
Saltello verso il produttore e noto con la coda dell'occhio che Fede sta iniziando ad aiutare Alessio a fare i pesi con l'asta.
«Marcolinoio!» urlo sbucando fuori dal nulla e facendo sussultare il ragazzo.
«Ciao Emily.» risponde senza entusiasmo.
«Oooh, qualcuno ha messo il broncio.» dico punzecchiandolo e facendo ridere Benji che ci ha appena raggiunto. Marco tuttavia sembra non prestarmi attenzione.
«Ehi non essere arrabbiato ti prego!» piagnucolo approffittando del fatto che sia seduto sulla panca per sedermi su di lui e abbracciarlo senza essere respinta.
«Non sono arrabbiato.» mi rassicura accarezzandomi i capelli. Mi schiaccio meglio contro il fisico del ragazzo. Sono praticamente coricata su di lui.
«Fedeee,aiutami.»
«Per farmi perdonare sei invitato da me a cena stasera!» dichiaro dandogli un bacio sulla guancia e circondandogli il collo con le braccia.
«Fede!»
«Vieni anche tu vero Ben?» domando rivolgendomi al ragazzo che mi sorride raggiante e come risposta si butta su di me e Marco col risultato di farci cadere. Scoppiamo tutti a ridere, come un trio di vecchi amici di infanzia.
«FEDEEEEE!!!» smettiamo tutti di parlare e ci voltiamo verso Alessio che sta urlando perchè non riesce più a reggere l'asta con i pesi e Federico, che dovrebbe aiutarlo a metterla a posto, se ne sta con lo sguardo fisso nel vuoto dritto davanti a sè. Ale scuote la testa e aiuta Luca facendo un gesto meccanico mentre si lamenta con lui.
«A cosa cavolo stavi pensando?» chiede al collega massaggiandosi la spalla.
Fede borbotta delle scuse, ma è lo sguardo rabbioso che lancia a Marco a farmi preoccupare.

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