Cap.22

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Mi guardo intorno e metto a posto quel gran casino che abbiamo fatto io e i miei amici in così poco tempo.
Quando mi fermo in mezzo alla stanza ad osservare la mia opera (ammetto che non ho mai messo in ordine in vita mia) sento bussare alla porta.
Nonostante io abbia una vaga consapevolezza di chi stia aspettando di entrare, faccio il nome di Marco sperando di non sbagliarmi.
« Mi dispiace deluderti. » afferma Fede con finto rammarico quando apro la porta.
Sbuffo e roteo gli occhi al cielo, stringendomi tra la porta e lo stipite per evitare che lui possa guardare dentro.
« Nascondi qualcosa? » domanda lanciando una fugace occhiata verso l'interno, al che io mi stringo ancora di più. « I piani di difesa della missilistica britannica. » commento con ironia « Quindi dato che non ho tempo da perdere..» continuo facendo slittare le sopracciglia verso l'alto.
« Non mi fai entrare? » mi pone la domanda con un tono ironico, poiché sa già quale sarà la mia risposta.
« No. » non lo scontento.
Fede sospira « Ok. » dice, prima di avanzare verso la porta, spingendo me e il legno in modo da entrare.
« Hai la forza di una cavalletta. » commenta chiudendosi l'uscio dietro le spalle e sorridendo raggiante per la vittoria ottenuta.
Lo fisso contrariata e incrocio le braccia al petto, ormai mandarlo via è impossibile.
« Sei venuto a scusarti? » taglio corto sperando di liberarmi della sua presenza il più presto possibile.
« No. »
Spalanco gli occhi e inclino il collo verso di lui facendo salire entrambe le sopracciglia verso l'attaccatura dei capelli. Di nuovo.
« Scusa? » chiedo scocciata.
« Si chiede scusa quando si è detto qualcosa di sbagliato.» afferma camminando verso il soggiorno « Io ho detto la verità, non ho motivo di farmi perdonare. » lo seguo mentre si orienta nel mio appartamento, con le mani intrecciate dietro la schiena. Con lo sguardo lo trafiggo, ma lui non sembra per niente a disagio.
« La tua faccia tosta non ha limiti. » ribatto velenosa, anche se non sono offesa dalle sue considerazioni.
Non è abbastanza importante da offendermi.
Fede si gira verso di me e mi sorride compiaciuto. Poi allunga le mani sul libro che ho lasciato sul tavolino vicino al divano.
« La sombra del viento? » dice confuso attirato dal titolo « sai lo spagnolo? » mi domanda guardandomi accigliato.
« No. » ammetto, ma il suo sguardo mi invita a continuare « Quel libro è il mio preferito e ci tenevo a leggerlo nella lingua in cui è stato scritto. »
Lui torna a concentrarsi sul libro, aprendo una pagina a caso e accarezzandone i fogli con le sue dita magre.
« È ambientato a Barcellona. » afferma entusiasta, « Conosco questi posti. » continua facendo scorrere gli occhi su tutte quelle lettere nere, con un tono un po' malinconico, come quello di un viaggiatore che ha dimenticato l'odore di casa.
« Bel posto la Spagna. » commenta, ma la sua è una considerazione intima, non rivolta a me.
Si ferma ad una riga precisa, apre la bocca e parla:

"Bea me sonreía en lo que parecía son de paz, o al menos de tregua.
—Además, tenías razón, soy algo cursi y a veces un poco creída —dijo Bea—. Yo no te caigo muy
bien, ¿verdad, Daniel?- "

Ha letto la riga con tono solenne, sfidandomi, immagino che dalle condizioni del libro sappia che non l'ho letto una sola volta, ma almeno un centinaio.
Mi ricordo perfettamente quel passo:

"Bea mi sorrideva affabile, con l'aria di chi vuole fare la pace, o per lo meno una tregua.
« Non avevi tutti i torti, però. È vero che a volte faccio la smorfiosa. » disse Bea « Non ti sono molto simpatica, vero Daniel? »"

Sorrido al cantante ben sapendo di aver già vinto la sua provocazione muta.

"La pregunta me pilló totalmente de sorpresa, desarmado, y asustado por lo fácil que era perderle la
antipatía a quien se tiene por enemigo en cuanto deja de comportarse como tal."

Recito a memoria, con un accento probabilmente sbagliato perché è stato quel solo libro ad insegnarmelo. Fede mi sorride sincero e il mio cuore perde il ritmo del battito per colpa di quel riso.
È la cosa più bella che ha:

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