Cap.20

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« Ben chi aspetti? » chiedo al ragazzo che se ne sta nel parcheggio della Warner, guardandosi intorno. Siamo tornati in sede dopo un live da RadioItalia.
« Quei ritardatari di Marco e Fede. Ci accompagna lui dato che abitiamo vicini. » dichiara con leggerezza Benji.
Gli sorrido e ripenso a quando Fede mi ha accompagnato a casa, mi ricordo che mi ha detto di abitare vicino a me, così immagino che anche Benji e Marco siano miei "vicini di casa".
« Dove abiti di preciso? » domando, Ben fa per rispondere ma l'arrivo di Fede ci impedisce di continuare la conversazione.
Mi giro verso il modenese e gli sorrido raggiante, per contrastare la nebbia sul suo viso « Bellissima registrazione Rossi! » esulto assieme a Ben che da una pacca affettuosa sulla spalla del compagno.
Fede grugnisce e tira fuori le chiavi della macchina, aprendo il baule con un click e mettendoci dentro la sua tracolla.
Tentenno. So gestire Fede quando fa l'idiota e il maniaco, ma la sua facciata depressa è come un muro invalicabile.
« Vieni a casa con noi? » mi chiede senza nemmeno guardami in faccia.
« Dovrei dirlo a mio padre. » dico voltandomi nella direzione in cui poco fa lo avevo avvistato.
« Lo chiamerò. » decido non vedendo nessuno.
Con uno scatto supero Ben e salgo al posto di fianco al guidatore, incurante delle proteste del musicista.
« Fede dille qualcosa! » borbotta prendendo posto dietro e lagnandosi come un bambino.
Rossi dal canto suo sale in macchina, non sorride nemmeno delle mie boccacce a Benjamin e si mette la cintura serio.
« Dove cavolo è Marco? » borbotta con gli occhi cupi e la voce irritabile.
Ok, ho già fatto finta di niente per troppo tempo. Mi volto completamente verso Fede e lo guardo.
« Non sarai arrabbiato per quella cavolata! » lo richiamo « Cosa vuoi che sia? » domando retoricamente alzando le spalle e le mani.
Lui si gira verso di me, con uno sguardo senza luce e arrabbiato, sembra una bomba carica che sta per scoppiare.
Con la coda dell'occhio scorgo il chitarrista farsi piccolo, piccolo contro il sedile di pelle dell'automobile.
« Secondo te la gente si ricorderà le parti andate a buon fine o che quel deficente di Fede è riuscito a sbagliare l'ennesimo brano steccando? » mi sputa la domanda in faccia, parla di sé in terza persona, criticandosi e riversando nelle sue parole tutta la rabbia che ha in corpo.

Tic Tac. Tic Tac. Tic Tac.

Rimango allibita e vedo che anche il ragazzo dietro di noi è senza parole, con lo sguardo basso.
« Non dovrebbe importarti quello che dice la gente. » asserisco chinando lo sguardo, anche io, impaurita. Con la mano cerco la sua sul cambio e la stringo.
La sua pelle è fredda.

Tic Tac. Tic Tac.

I tendini sono tesi.
Boom.
Fede fa un espressione sarcastica e continua la sua invettiva.
« Ah no? Bè invece mi importa! Ma cosa ne vuoi sapere tu? » esclama gelandomi con gli occhi « Tu sei solo una ragazzina viziata, che finge di essere più stupida di quanto non sia in realtà solo per attirare l'attenzione! » continua con voce aspra e sorda « Cosa ne vuoi sapere tu di quello che ho provato io oggi? Come credi che sia stato scendere dal palco e sentire le tue stesse fan, quelle persone che dovrebbero sostenerto darti del fallito nonostante i risultati raggiunti? » involontariamente stringo più forte la sua mano ed il contatto viene intercettato dal suo sguardo di pietra « Smettila di fingere di avere un cuore e lasciami in pace. » conclude ritirando con uno scatto la sua mano, liberandosi del contatto con la mia pelle.
Sento nella testa il rumore che fanno due coltelli quando li si strofinano insieme, la comprensione e la voglia di consolare Fede è scomparsa, al suo posto quel rumore fastidioso che mi rimbomba nelle orecchie.
Vorrei urlare.
Vorrei dargli un pugno.
Mi porto una mano alla tempia, come se potessi alleviare un fastidio che è troppo profondo per essere toccato con mano.
All'improvviso sento che sono tornata quella di prima, sento come se quello che è successo tra me e Fede sia stato cancellato con una riga fatta da un pennarello indelebile.
Non c'è spazio per lacrime o delusione.
Non sono nemmeno arrabbiata, non sento un bel niente.
Lo guardo come se fosse uno sporco insetto finito per caso davanti al mio cammino, con gli occhi gli trasmetto tutto il disprezzo e l'odio che lui ha riversato su di me.
Io sono molto più in alto di lui. Mi sono abbassata al suo livello e ho sbagliato. Non succederà più.
« Non mi interessa se sei arrabbiato per il tuo stupido errore. » affermo con una voce tagliente come dei cocci di bottiglia, vedo il suo sguardo perdere la grinta di poco prima, barcolla, ma non mi importa. « Non mi interessa di quello che pensi tu. » dichiaro, ferma, risoluta, vuota.
La sua mano si avvicina alla mia che giace ancora afflitta sul cambio dell'auto, ma io sono più svelta e esco dalla macchina sbattendo con energia la portiera.
Sento Ben che dice qualcosa dall'interno dell'auto, ma non mi volto nemmeno, procedo a passo spedito verso la macchina di mio padre e mi lascio tutto dietro.
« Hey bellissima! » mi saluta Marco che si sta dirigendo verso la macchina di Fede. Era vicino, ma non abbastanza da aver sentito e visto la scena. Io non lo guardo nemmeno in faccia e continuo a camminare
Dopotutto è questo che fanno le persone stupide e senza cuore no?

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