Cap.60

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Rimango con lo sguardo fisso e la bocca aperta per un tempo che mi sembra interminabile.
Come se fossi in un film, rivedo nella mia testa, il dialogo che ho avuto con Fede all'ospedale. Quando ero troppo preoccupata di Thomas per starlo a sentire.
Riesco quasi a ricordare le esatte parole del cantante. Le sue mani che muovevano nervosamente l'anello. Il suo sguardo che cercava di agganciarsi al mio.
Federico mi stava per invitare al Christmas Party e io non l'ho nemmeno ascoltato.
«Allora?» mi volto di scatto verso mio padre.
«Ah.. Io..» balbetto con il pensiero ancora rivolto a Rico.
«Veramente..» chiudo gli occhi e mi massaggio le tempie «Veramente vado con Thomas. » confesso sentendomi terribilmente in colpa per come mi sono comportata con Federico.
Federico si volta verso di me e mi guarda confusa, ma per fortuna decide di non intervenire.
«Ah.» mio padre si lascia scappare il suono con una chiara tonalità di disappunto nella voce. «Bè, come vuoi.» alzo un sopracciglio. Davvero me la sta facendo passare liscia?
«Di certo Federico avrebbe fatto più bella figura in foto, ma non mi lamento.» roteo gli occhi al cielo.
Non che mi sia pentita di aver detto di si a Thomas, piuttosto sono pentita di aver trattato male Fede.
Per tutto il tragitto in macchina guardo assorta fuori dal finestrino mordicchiandomi una fastidiosa pellicina sull'indice.
Lo chiamo e gli chiedo scusa o faccio finta di niente? Mi presento a casa sua oppure gli sto alla larga?
Continuo a torturami le unghie con in testa troppe domande e poche risposte sensate. Tuttavia ce n'è una che mi tormenta più di tutte: Perchè Federico mi voleva invitare al party?
***
«Non vedo l'ora di farmi una bella doccia!» Mary apre la porta del mio appartamento, la sento parlare, ma non l'ascolto sul serio. Entro e appendo il giubbotto con movimenti meccanici, dettati dall'abitudine. Mi lascio cadere a peso morto sul divano, mantenendo lo sguardo fisso davanti a me.
«Uno di quei bambini mi ha letteralmente ricoperta di zucchero filato... Lottie! Ma mi stai ascoltando?»
Molto lentamente sposto la testa nella direzione della francese, i miei occhi stanchi ci mettono un po' più del dovuto a metterla a fuoco, così davanti a me vedo solo una macchia indistinta.
«Si può sapere a cosa pensi?» Chiudo gli occhi, faccio un lungo sospiro e torno in me. Ora la silhouette perfetta di Mary appare nitida alle mie iridi.
Serro la mascella, indecisa se mentire o meno, ma sono troppo stanca anche per inventarmi una bugia, così decido di fidarmi.
«Oggi all'ospedale mi sono comportata male con Federico.» ammetto tornando a guardare davanti a me e rivedendomi mentalmente il dialogo tra me e il cantante. Mary fa scoccare la lingua, ma un sorrisetto sornione mi fa capire che una parte di lei sapeva che Fede c'entrava qualcosa.
«Hai fatto la stronza?» domanda «Tanto meglio, agli uomini piace essere maltrattati.» continua con tono da maestro Yoda.
Faccio segno di no con la testa e mi lascio sfuggire un sospiro sconsolato.
«No. Questa volta l'ho davvero trattato male e non ne avevo il diritto. Lui mi voleva invitare alla festa di natale e io non l'ho nemmeno lasciato parlare.» Il sorriso scompare lentamente dal volto della mia amica francese, sul suo volto si delinea invece un'espressione da mamma.
«Lottie facciamo così. Io adesso vado a farmi una doccia, tu guardi un po' di televisione, poi ne parliamo con calma va bene?» annuisco senza nemmeno guardarla.
Mary mi fa una carezza sulla schiena, prima di scomparire dietro la porta che da al corridoio.
Lascio cadere la testa all'indietro. Non penso a niente di particolare, guardo il soffitto bianco e mi do della stupida senza sosta.
Perchè sono così cattiva con le persone che mi circondano?
Non so per quanto tempo sono rimasta immobile a fissare il muro, so solo che quando sono tornata in me, il fruscio del getto della doccia scorreva già da un po' e il rumore dell'acqua era l'unico suono in tutta la casa.
Con l'ennesimo sospiro mi alzo dal divano e decido di andare in cucina a bere qualcosa. Qualcosa di forte che anneghi questi maledetti pensieri.
Conoscendo casa mia a memoria non ho alcun bisogno di accendere le luci, così attraverso l'arco che divide il salotto e la sala da pranzo al buio e con passo deciso mi dirigo verso la cucina.
Tasto la parete fino a che non trovo l'interruttore.
Rimango immobile con gli occhi fissi al tavolo. Vorrei urlare ma mi manca la voce, la mano ancora ferma sul pulsante.
«Ma buonasera.» dice Cris facendomi un cenno con la mano. Davanti a lui una bottiglia di Jack Daniels e due bicchieri.
Il mio primo pensiero è quello di spegnere la luce e correre via, ma la paura si è impossessata delle mie gambe, così sono pietrificata davanti a lui.
Ha la testa fasciata, la ferita sulla fronte è coperta dalle bende bianche. Sul suo viso un sorriso bellissimo, ma che è cattivo, un sorriso ammaliante ma che è anche troppo arcuato per essere amichevole.
Faccio un passo indietro ed il suo riso si allarga.
Fa segno di no con il dito indice e con un piede sposta una sedia intimandomi ad avvicinarmi.
«Non ti voglio far del male. Non più.» dice con voce secca e rauca. Prende un bicchiere e lo beve in un sorso prima di continuare. «Dopotutto ci pensi da sola.»
Deglutisco a vuoto. Stranamente non ho paura di lui, gli credo. Non mi farà del male, sembra che mi voglia parlare.
Cristian riempie l'altro bicchierino e lo sposta verso di me.
Guardo il ragazzo con cipiglio, ma non più intenzione di scappare, indurisco lo sguardo e mi avvicino.
«Io bevo solo champagne.» lo rimbecco con superbia, la mia unica arma. Cris ride di gusto e avvicina di nuovo il bicchiere a me.
«Sei molto meno principessa di quello che vuoi far credere.»
Mi siedo e do uno sguardo al liquido ambrato che tremola leggermente. Inconsciamente, come se dovessi rispondere alla sfida del ragazzo: bevo.
Sento il liquore ghiacciato scendermi per la gola e il gusto amaro che ho sempre odiato mi ricorda qualcosa.
Mi ricorda il sogno.
Mi ricorda un viaggio in macchina.
Io e Cristian rimaniamo in silenzio. Mentre guardo la bottiglia di Jack Daniels il ragazzo guarda me, mantenendo il suo ghigno. Lo stesso sorriso crudele di un bambino che si diverte a schiacciare le formiche.
«Cosa vuoi?» avrei sperato che la mia voce risultasse più ferma, ma se Cris ha notato il tremolio ha deciso di fare finta di niente.
«Sai Emy.» comincia facendo roteare il bicchiere pensieroso «All'inizio volevo farti male, molto male... Non sai quanto.» deglutisco rumorosamente e nonostante sappia di avere i suoi occhi addosso non alzo lo sguardo.
«Ma ora.» ridacchia «Voglio dire, guardati. Ci pensi tu a rovinarti la vita ed è molto più divertente.» bevo un generoso sorso di alcool e stringo forte le palpebre.
«Cosa diavolo stai dicendo?» sbotto fissando i suoi occhi verdi.
«Tanto tempo fa mi hai fatto arrabbiare Emy.» cerco tra i miei ricordi il volto di Cris senza trovarlo. Quando? Quando ho incontrato questo ragazzo? «Se sto così» dice indicandosi la fasciatura alla testa «é solo per colpa tua.»
Abbasso di nuovo lo sguardo. Rimango zitta a fissare il tavolo. Perchè non mi ricordo? Cos'ho dimenticato?
«Come hai fatto ad entrare in casa mia?» domando bevendo di nuovo.
«Novacula Occami.» Cristian mi sventola davanti al viso un mazzo di chiavi, le quali riconosco appartenere a casa mia.
Il rasoio di Occam, certo.
La soluzione più semplice è quasi sempre quella giusta.
Lo guardo in preda alla confusione. Come può essere?
«Mentre il ragazzino da cui ti fai sbattere correva su per le scale a cercarmi io avevo già preso l'ascensore pronto ad uscire dal parcheggio nel seminterrato.»
Storco il naso alla sua volgarità.
È vero. Federico l'ha cercato in casa mia, probabilmente ha anche pensato che fossi pazza quando ha visto che tutto era chiuso dall'interno. E lui, Cris, aveva semplicemente usato la porta principale.
Così tante domande mi rimbalzano nella testa che non riesco a formularne nemmeno una, così il ragazzo bendato approfitta del mio silenzio.
«A proposito, ottima scelta. Bello e devoto. Ti sono sempre piaciuti i cagnolini ubbidienti» Irrigidisco la sguardo e la mia mano si stringe attorno al bicchierino.
Cris sembra notare il mio cambio di umore. «Oh, ho toccato un tasto dolente? Chi l'avrebbe mai detto?» scuote la testa sorridendo sghembo, guarda il tavolo, ma sembra immerso in non so quali ricordi.
«Proprio tu. A te che non te n'è mai importato niente di nessuno. Adesso sei circondata da amici. Non li meriti e non ti meriti nemmeno quel poveraccio che usi solo per sfogare le tue voglie sessuali! Le persone hanno dei sentimenti Emily e tu stai giocando con i suoi.» Il tono della sua voce diventa aspro, riesco a percepire il suo disprezzo nei miei confronti. «Guarda cosa gli hai fatto. Ha tradito la sua ragazza per colpa tua e per te lui non vale niente. Se solo sapesse. Il gioco della scommessa su chi avrebbe ceduto per primo, geniale. Sapevi che in quel modo avrebbe insistito e tu ti sei negata quel tanto che bastava per farlo diventare ossessionato.»
«Non è vero.» protesto flebilmente.
«Ah no? Da quando sei arrivata non hai fatto altro che creare problemi. Federico era un fidanzato fedele e ora è un adultero. Thomas era un ragazzo solare e ora è corroso dalla gelosia. Mary era felice in Francia, ma ha lasciato tutto per un tuo capriccio e Papà, bè lui...»
«Cosa vuoi da me?» lo interrompo con le lacrime agli occhi. Non ce la faccio più, sento di essere sull'orlo di una crisi mentale, dov'è Mary? Dove sono tutti?
Cristian si prende una pausa studiata, bevendo il suo ultimo sorso di liquore e sorridendomi, appagato dell'effetto che sta avendo su di me.
«Giustizia.» dice dopo un silenzio interminabile. «Come ti ho già detto però, ho deciso che ti lascerò fare da sola, dopotutto sei tu la peggiore nemica di te stessa. Con le tue insicurezze e i tuoi complessi del cazzo.»
Cris si alza. Seguo i suoi movimenti con lo sguardo, chiedendomi come faccia questo estraneo a sapere così tante cose di me.
Lo guardo mentre se ne va facendo girare il mazzo di chiavi tra le dita. Ricaccio indietro le lacrime, ma proprio quando penso che sia finita Cristian torna sui suoi passi, mi appoggia entrambe le mani sulle spalle e sussurra: «Chiedi a papino perchè hai lasciato l'Università.»
Mi volto con uno scatto e gli lancio contro la bottiglia, ma lui è più svelto, si sposta e se ne va sorridendomi, scomparendo dietro la porta.

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