L'attesa

DEFLAGRAZIONE parte prima

Ero ancora all'ultimo anno del liceo quando ipotizzai, per la prima volta, come sarebbe stata la mia vita da medico. Provai una sensazione di onnipotenza immaginandomi in qualche situazione drammatica, pronta a salvare vite. Fu una scarica di benessere generale, tutti i miei desideri erano racchiusi in una sola immagine: io che permettevo al corpo di un individuo di sopravvivere. Desiderai perpetuare quella sensazione di onnipotenza all'infinito, stabilii che in essa avrei trovato il mio destino, la mia autentica e più grande aspirazione.

Gli anni a seguire mi insegnarono che le strade da percorrere per il raggiungimento di tale scopo erano infinite e tortuose, piene di incidenti di percorso e barriere invisibili che avrei dovuto superare con impegno e dedizione per arrivare alla meta ambita. Tuttavia, il destino aveva in serbo per me altre novità. Quattro anni e mezzo fa scelsi il ramo della genetica, ed ora sono quasi al traguardo della specialistica. Non sono diventata la salvatrice delle vite strappate alla morte, ma ho imparato a gestire la vita nei più complessi meccanismi base: quelli del dna. Ho appreso, durante questi anni di studio, che nei nostri geni risiedono tutte le informazioni per capire come il corpo reagisce o reagirà nel corso del tempo. Ho aperto il vaso di Pandora, scoprendo che in esso sono contenuti infiniti codici criptati, il mio compito è quello di decifrarli con meticolosità.

«Eccomi, sono tornato.» Flavio posa la giacca sull'appendiabiti e viene a baciarmi. «Ero certo che ti avrei trovata addormentata... » continua.

«Hai fame?» 

«No, ho mangiato un pezzo di pizza. Quest'alimentazione mi ucciderà prima o poi.»

«Questo lavoro ti ucciderà, prima o poi» puntualizzo.

Piega la testa su un lato e mette il broncio. «Sei arrabbiata con me?» mi accarezza il viso con il dorso della mano, probabilmente per provare ad addolcire il mio sguardo accigliato.

«Non sono arrabbiata, solo che a volte mi sembra di vivere da sola.»