PER OGNI FINE C'È UN NUOVO INIZIO(parte seconda)

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Ecco a voi la seconda parte del flashback.

Buona lettura.

Il venerdì della partenza arrivò in fretta, mi preparai con cura indossando un abitino acquistato qualche giorno prima in un negozio vintage che aveva aperto da poco nel nostro quartiere. Era nero con un taglio più aderente sulla vita e leggermente svasato dal bacino in giù, molto anni Sessanta. Il colletto bianco, che spuntava all'altezza delle clavicole, mi regalava l'aria di una scolaretta per bene. Indugiai qualche istante in più sulla scelta delle scarpe, alla fine optai per uno stivaletto con il tacco. Raccolsi i capelli in una treccia laterale che scendeva morbida oltre la spalla e mi truccai lo stretto indispensabile.

«Sei troppo carina oggi... Non vorrei che mio fratello rimanesse affascinato da tanto seducente candore...»

«Io? Candore? Smettila!» Arrossii e lo colpii su un fianco per sottolineare quanto fosse sciocca la sua osservazione.

Di certo non mi sentivo proprio quel genere di ragazza, ma la battuta di Flavio mi lasciò un velo di perplessità, mi agitava l'idea di incontrare suo fratello ancor più che la sua ex. Di lì a poche ore avrei dovuto vincere l'imbarazzo presentandomi come la fidanzata ufficiale di Flavio. Quella sensazione di disagio era del tutto giustificata, insomma, stavo per conoscere una potenziale suocera, un potenziale suocero e una potenziale coppia di cognati.

Ci vollero poco più di due ore per arrivare a destinazione: un delizioso residence, poco fuori Verona, tempestato di tante identiche villette a schiera.

Quando l'auto di Flavio si fermò dinanzi all'entrata di una delle case, capii che eravamo arrivati. Suonò il campanello esterno al cancello, il quale si aprì subito dopo permettendoci l'ingresso in un giardino piccolo ma ben curato. Alla mia destra sfilavano una schiera di vasi riempiti con piantine aromatiche, allungai la mano su un rigoglioso cespuglio di rosmarino e strappai l'estremità di un ramoscello portandolo al naso e inebriandomi del suo profumo.

«Non farci caso, mia madre è una fanatica di piante e fiorellini.»

Osservai Flavio, non sembrava poi molto agitato, ma sapevo bene che lui era uno di quei tipi in grado di dissimulare sapientemente il proprio stato d'animo.

Un attimo dopo mi ritrovai nell'ingresso dell'abitazione a stringere la mano di Lucrezia, la madre di Flavio. L'aspetto della donna mi trasferì ansia immediata, Lucrezia non aveva solo un nome dall'aria aristocratica, anche la pelle tonica e curata, lo sguardo allungato e tagliente, i capelli perfettamente ordinati e le unghie laccate ostentavano imbarazzante perfezione. Temetti di non essere all'altezza delle aspettative di una madre all'apparenza tanto rigida e sofisticata. Molto più sofisticata di Margherita, la madre di Gabriel. Non so perché feci quel genere di pensiero, ma me ne pentii subito dopo.

Le strinsi la mano in modo vigoroso senza smettere di sorridere, Flavio mi scrutava divertito, probabilmente non gli passò inosservata la paresi facciale che mi aveva colta improvvisamente. In quell'istante capii che apparire simpatiche alle madri dei figli maschi era davvero un'impresa ardua, ma se c'era riuscita quella tale Viola, ce l'avrei fatta anche io. Subito dopo fu il turno di suo padre, Pietro, un uomo alto con un viso gentile e gli stessi identici occhi di Flavio. Nel bel mezzo di quella presentazione, un piccolo terremoto, alto meno di novanta centimetri, si abbatté sulle mie gambe rischiando di farmi perdere l'equilibrio già precario a causa dei tacchi che indossavo. Quel bambino aveva il capo tempestato di riccioli neri e quando alzò la testa e mi guadò, rimasi impressionata dal colore delle sue iridi: lo stesso intenso azzurro di tutti gli uomini della famiglia. Doveva essere un carattere genetico dominante. Il bimbetto con l'argento vivo addosso, che avevo già avuto modo di incontrare poco più di un anno prima durante un pomeriggio di relax nel Parco Sempione, inciampò in uno dei suoi giocattoli sparsi a terra e cadde. Istintivamente mi precipitai per tirarlo su ma sua madre, Viola, mi anticipò.

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