I SOGNI SON DESIDERI

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Una settimana prima delle feste natalizie, Flavio mi giura che dedicherà tutte le vacanze a me e al nostro matrimonio under construction.


Il ventitré dicembre ci trasferiamo a Bellagio e nei giorni successivi al Natale, ci occupiamo di portare a termine alcune delle incombenze che riguardano le prossime nozze. Tra gli adempimenti assolutamente necessari figurano: mostrare allo sposo l'affascinante location per il banchetto e scegliere il vivaista che si occuperà degli addobbi floreali. Poi ci sono i biglietti da scegliere e, dulcis in fundo, le bomboniere.


Una volta tornati in quel di Milano, è proprio a quest'ultimo aspetto che concentro ogni attenzione, abusando della già – limitata – pazienza di cui dispone il mio uomo.


Mi innamoro di una cornice in legno stile vintage che riporta su un lato la scritta – con un hand lettering spettacolare − Share happiness and love.


Dopo aver appurato il mio folle entusiasmo per i dettagli, e tanto per infierire brutalmente sul budget già rovinosamente superato, la commessa mi propone dei segnaposto assortiti a forma di oggetti retrò assolutamente deliziosi. Grammofoni, sveglie antiche, telefoni a cornetta e macchine fotografiche.


«Amore, non sono adorabili?»


Quello che incrocio è lo sguardo stremato, annoiato e disinteressato di Flavio.


«Giù, prendi quello che vuoi, basta che ti dai una mossa. Sono tre ore che scegliamo, non ne posso più. Abbi pietà di me!» blatera a bassa voce mentre la commessa è impegnata a rispondere al telefono.


Non c'è bisogno che io lo dica, no? Ordiniamo tutto.


***



L'ultimo dell'anno lo trascorriamo in un locale con Gaia, Tommaso e una coppia di amici di Flavio. È proprio in questo frangente che mi accorgo di quanto la mia migliore amica sia fredda nei confronti di suo marito. Rabbrividisco, letteralmente.


Lui la cerca, la rincorre e le non fa che sfuggirgli, incollata col Bostik al suo cellulare. Di tanto in tanto si allontana per rispondere a qualche chiamata – di cui io conosco il mittente −, per poi tornare da noi come niente fosse.


Alla domanda di Tommaso: «Chi era, amore?».


Lei risponde: «Un collega di reparto».


«Giù, ma quanto personale lavora in un reparto di Chirurgia?» mi chiede lui a un certo punto.


Flavio mi lancia un'occhiata perplessa prima che io dica: «Be', non lo so. Io non lavoro in Chirurgia... ma suppongo che siano in tanti».


Il mio tono imbarazzato tradisce qualche verità nascosta e Flavio, che per le menzogne ha lo stesso fiuto di un cane da tartufo, non perde tempo a chiedermi spiegazioni dopo essere tornati a casa.

L'attesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora