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Ciao Giù, come stai? Visto che diserti le mie telefonate ho deciso di venire a Milano. Ho prenotato un volo per sabato.
Leggo il messaggio, chiudo la chat, torno alla mia Ibridazione in situ a fluorescenza.
Un altro messaggio. Giuro che se è ancora lui lo chiamo. Sì, stavolta lo chiamo e gli spiattello la verità, e cioè che ancora una volta lui, Gabriel Sala, il guru dei manipolatori seriali di donne, mi ha distrutto la vita.
Non si smette mai, davvero mai di commettere gli stessi, fatali errori.
Fortunatamente l'Irresistibile Canaglia molla la presa e io continuo senza sosta il mio lavoro certosino in laboratorio. Esco dal dipartimento che sono quasi le otto, di sicuro i miei colleghi mi avranno presa per matta visto che sono diventata una collezionatrice di straordinari non retribuiti. Ma lavorare mi aiuta a non pensare, o meglio, a pensare di meno. Quando torno a casa, mi accontento di spiluccare qualche avanzo della sera prima riscaldato al microonde, anche perché il frigorifero si trova in un perenne stato di carestia, che se lo vedesse Flavio mi tirerebbe le orecchie.
Ah, dovrei tirarmele da sola le orecchie visto che, inevitabilmente, qualsiasi cosa nella mia vita – compreso il mio frigorifero – mi riconduce a lui. Ma proprio mentre sono in bagno a lavarmi i denti, vengo sorpresa dal suono del citofono e quando rispondo, al solo sentire il tono della sua voce, mi accorgo che, per una volta, c'è qualcuno che sta persino peggio di me: la mia amica Gaia.
Entra in casa con un'espressione che in tanti anni di amicizia non le ho mai visto in viso, mi salta in testa una sola ipotesi a supporto di tanta disperazione, ossia la sua relazione con il sexy cardiochirurgo. Ma la mia teoria dura giusto il tempo di un battito di ciglia, perché Gaia, prendendomi totalmente alla sprovvista, annuncia: «Sono incinta».
O mio Dio.
«Stai scherzando?»
Ha in mano il foglio del laboratorio analisi. Le Beta-HCG non sbagliano mai.
«D'accordo, adesso risolviamo tutto. Vieni, siediti.»
La trascino sul divano e ora, a guardarla, appare persino più fragile di quanto già non sembri nella sua fisicità mingherlina, il viso smunto, i polsi sottili, le spalle piccole e le gambe gracili come due ramoscelli.
«Hai cenato?»
Annuisce.
«Donato lo sa?»
Scoppia a piangere.
«Gaia, piangi perché sei incinta e non vorresti esserlo o perché Donato non vuole che tu lo sia?»
Alza gli occhi iniettati di sangue.
«Donato non mi perdonerà mai...»
«Oh, cielo! Gaia, ma che dici?! Aspetti un bambino, e i bambini si fanno in due... cosa dovrebbe perdonarti?»
«Lui non vuole fare il padre.» È confusa e spaventata come poche volte mi è capitato di vederla.
«Lo sa o no?»
Scuote la testa, prende un fazzolettino dalla giacca e soffia il naso. Io l'abbraccio come si abbracciano le amiche che sono pezzi di cuore. Lei sì, è un pezzetto del mio cuore.
«Non puoi fare i conti senza l'oste. Devi dirglielo.»
«Lo sapevi che Donato Longo era sposato?»
Sgrano gli occhi. Certo che non lo sapevo.
«Donato Longo sposato?»
La mia amica abbandona il divano e va a versarsi un po' di acqua in un bicchiere. Per un attimo i miei problemi sfumano e questo momento di condivisione del dolore sembra più prezioso di qualsiasi altra penosa esperienza.
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L'attesa
RomanceTerzo romanzo della serie -Il paradigma dell'amore- Sono passati quattro anni, Giuditta è una specializzanda nella facoltà di genetica medica ora. Trascorre le sue giornate divisa tra il laboratorio, i turni ospedalieri e la convivenza con F...