FLAVIO
Mi alzo di scatto dalla sedia non appena la vedo correre via sotto lo sguardo perplesso dei suoi amici. Non è la Giuditta che conosco quella che ha deciso di arrestare il gioco di sguardi, di colpo. La sua figura diventa piccola mentre cammino deciso, la gonna svolazzante la segue come la scia di una stella cadente che perde lucentezza a mano a mano che attraversa il cielo. Giuditta si confonde tra la folla della piazzetta, Giuditta annaspa nel tentativo di fuggire lontano da me. Forse non mi ha riconosciuto o, forse, vuole tenermi a distanza. Quello che Giuditta non sa è che non ho intenzione di lasciarla andare via.
Chi era quell'uomo biondo che le sedeva accanto? Ho visto come la guardava. Potrei impazzire se venissi a sapere che quello è il suo uomo.
Corro, consumando a grandi falcate i ciottoli sulla strada, poi scompare in un vicolo dirimpetto al duomo. Corro più veloce, svolto e me la ritrovo che respira affannata aggrappandosi a un muro consumato. Anche lei mi sembra consumata, esausta dal tentativo di sfuggirmi. Il suo petto si espande e si contrae a ritmo sostenuto, il viso è rosso per lo sforzo e quando mi vede sbucare dalla via, ricomincia a correre, quasi zoppicando.
Io sono più veloce, in pochi secondi la raggiungo e le blocco il passaggio. Il suo viso, le spalle e il busto sbattono contro il mio petto.
«Cristo Giù, fermati. Fermati!» urlo, arrestando le sue mani che provano a respingermi. Piange e quel pianto è come un pugno in pieno viso.
Sono io la causa del tuo pianto, Giù?
Riesco a posare le mani sopra le sue spalle sciupate, premo con forza, forse troppa forza, ma non riesco contenere in modo diverso l'esplosione di rabbia e dolore che le leggo in viso.
«Giù, sono io. Sono io.»
Alza la testa finalmente. Le sue pupille mettono a fuoco la mia immagine e i miei occhi si agganciano sopra quel volto che ho tanto cercato di rimuovere dalla mente per mesi. Sono esplosivi i nostri sguardi. Sono intrisi di parole non dette, di scuse mai fatte, di conversazioni mai avvenute.
Ho sofferto, Giù. Ho sofferto come non immagineresti mai o, forse, quel dolore riesci a comprenderlo anche tu. Hai l'aria distrutta, Giù. Hai l'aria di chi ha confuso la vita con la sopravvivenza.
«Lasciami, che vuoi da me?» strilla. Il grido mi penetra in profondità e spacca ogni certezza.
«Fermati, Giù. Ascoltami, Giù» continuo abbassando il tono.
Mi spinge via con forza. I palmi delle sue mani riescono a spostarmi all'indietro, facendomi vacillare. La perdo, di nuovo, ma non corre più come prima e quando raggiunge la distesa sabbiosa della spiaggia capisco che non andrà lontano. Percepisco la sua difficoltà nel mantenere l'equilibrio mentre tenta di sfilare la scarpa. Approfitto del suo breve attimo di svantaggio e mi lancio su di lei, aggrappandomi ai suoi fianchi. La trascino a terra con me, precipitiamo sulla sabbia fredda, il corpo di Giù collide con il mio. Sento l'odore del mare che si camuffa con quello della sua pelle. La luce del faro in lontananza ne illumina il profilo e le fa brillare gli occhi. Gira su sé stessa.
![](https://img.wattpad.com/cover/93830570-288-k976485.jpg)
STAI LEGGENDO
L'attesa
RomanceTerzo romanzo della serie -Il paradigma dell'amore- Sono passati quattro anni, Giuditta è una specializzanda nella facoltà di genetica medica ora. Trascorre le sue giornate divisa tra il laboratorio, i turni ospedalieri e la convivenza con F...