UN FARDELLO TROPPO GRANDE (parte prima)

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Meno due al mio compleanno.

Flavio non è stato ancora in grado di dirmi se verrà o no. Aspetto con ansia la sua videochiamata per metterlo con le spalle al muro, se non potrà venire, prenoterò io un biglietto per Londra, costi quel che costi.

Il cellulare emette il solito trillo che mi avvisa dell'arrivo di un messaggio. Ancora Gabriel. Dopo il nostro ennesimo conflitto non fa che scrivermi, chiedendomi di vederci.

Possiamo vederci?

Appunto.

La mia risposta:

Ti ribadisco il concetto: No!

Spengo il telefono.

Ordino una pizza a domicilio per cena aspettando la videochiamata di Flavio che, però, arriva solo a tarda serata, quando i miei occhi iniziano a essere davvero troppo stanchi per restare aperti.

«Ehi, Giù!» il suo saluto vivace.

«Come fai a essere così attivo a quest'ora?»

«Perché sento te e questa cosa mi infonde energia!»

La sua zuccherosa osservazione mi fa apparire come improbabile la possibilità che mi dia buca anche questo weekend. Non può mica infarcirmi una frase smielata e poi darmi la batosta finale, no?

«Mi manchi, Flavio. Dimmi che scenderai venerdì, o anche solo sabato...» La mia sembra davvero una supplica disperata.

«Oh, Giù, credimi vorrei ma...»

Spalanco gli occhi esterrefatta, mi sta per dire di no ancora una volta, glielo leggo nel suo sguardo cristallino che si è incupito di botto.

«Ma cosa? Ma cosa, Flavio? Io non ce la faccio più. Questa distanza è una tortura, io sto impazzendo, perché non lo capisci?»

Gli occhi iniziano a pizzicarmi preannunciando l'arrivo di un pianto inconsolabile.

«Ascoltami, la settimana prossima verrò al cento percento.»

Controllo il ritmo del respiro, ingoio un blocco di saliva, provo a contenere quel nodo che si è formato all'altezza della gola e che renderebbe la mia voce tremante se iniziassi a parlare prima di averlo mandato giù.

«Posso...» balbetto, ma non riesco a terminare la frase perché inizio a singhiozzare come una bambina. Gli occhi di Flavio si trasformano in un pozzo di tenerezza, giurerei quasi che anche lui sia sul punto di commuoversi.

«Giù, non fare così. Devi aspettare un'altra settimana, soltanto una.»

Allora sgancio la mia ultima cartuccia, la mia ultima piccola proposta per poterlo vedere, per avere la gioia di toccarlo, di farmi stringere forte, di addormentarmi nel suo stesso letto: «Posso venire a Londra? Prenoto stasera se per te va bene».

Cosa mi rende così mansueta nel chiedergli il permesso di raggiungerlo?

Permesso?

Io non ho bisogno del suo permesso, io potrei decidere di prenotare un volo e raggiungerlo, perché il semplice presupposto che Flavio sarà il mio futuro marito fa diventare un mio inalienabile diritto ciò che ho fatto apparire come un permesso.

La sua espressione è immobile, nessuna smorfia mi permette di decifrare l'opinione di Flavio in merito alla mia proposta.

«No, Giù. Sabato sono fuori Londra con il professor Milligan. Io vorrei davvero averti qui, ma se sono fuori tutto il giorno capisci che per te sarebbe soltanto un viaggio inutile...»

«Passare un po' di tempo insieme, fossero anche solo un po' di ore, tu lo ritieni inutile

«Giù, mi dispiace, non è possibile.» Il suo tono è perentorio, non ammette repliche, eppure io conosco Flavio e non riesco a bermi la sua scusa. Sta mentendo. Non so ancora bene perché ma ho la quasi certezza che abbia appena sparato una cazzata di proporzioni titaniche.

«Bugiardo!» Strillo, toccandomi compulsivamente il viso, mordicchiandomi le pellicine delle dita e continuando a spostare i capelli da un lato all'altro.

«Calmati, Giù.»

«Calmati un corno! È solo questo che sai dirmi? Ti odio Flavio! Odio il tuo lavoro, il professor Milligan, i tuoi colleghi e odio Londra e questa dannata distanza che mi sta facendo impazzire.»

Chiudo la videochiamata senza salutarlo. Mi rannicchio sul divano e provo a consolarmi pensando che, forse, al mondo c'è ancora qualcuno disposto ad amarmi, disposto a cercarmi, disposto a non abbandonarmi quando ho bisogno di un abbraccio, di un bacio e di una consolazione.


***


«Che facciamo per il compleanno?»

Abbasso il volume del cellulare per evitare che il tono squillante di Gaia mi distrugga i timpani.

«Non mi va di fare nulla.»

«Non puoi non fare nulla, è il tuo compleanno!»

«Venerdì mattina sono in reparto e il pomeriggio mi chiudo in laboratorio.»

Ho tenuto la giornata impegnata proprio per non dovermi ritrovare da sola in casa a sbattere la testa contro il muro. Nella lista delle opzioni c'era anche quella di partire per Londra nonostante l'opposizione di Flavio, ma una volta lì, dove potrei andare? Non so neppure in quale luogo si trovi quel giorno, non conosco l'indirizzo della sua abitazione, non so praticamente più nulla di lui ad eccezione di informazioni amatoriali ottenute attraverso le foto del campus che mi ha spedito i giorni successivi alla sua partenza.

«Non viene Flavio?»

«No, non può venire.»

«Sarà impegnato...»

«Certo, lui è impegnato e io sono Wonder Woman, vero? Sapete che vi dico: andate tutti al diavolo!»

E Flavio al diavolo l'ho spedito già migliaia di volte da ieri sera e ho giurato a me stessa che lo farò scoppiare. Non lo chiamerò e non risponderò alle sue videochiamate finché non si deciderà a salire su un maledettissimo aereo per raggiungermi.

«Ehi, vuoi calmarti?»

«Scusami» rispondo rammaricata.

«Senti, cambiamo discorso... devo dirti una cosa.»

«Dimmi tutto.»

«Ieri sera ho confessato tutto a Tommaso.»

Mi alzo di scatto dal divano.

«Cos'avresti fatto tu?»

«Non ce la facevo più a mentire. Non lo amo più, ne sono certa.»

«Quindi?»

«Ci siamo lasciati. Lui stamattina è tornato dai suoi genitori per un paio di giorni e io sto organizzando le mie cose per trasferirmi da Donato questo week end.»

Chiacchieriamo per un'ora intera, mi spiega che Donato le ha detto il fatidico ti amo e che lei, finalmente, si sente libera di poter fare delle scelte diverse senza avere la perenne sensazione di sbagliare.

«Non ci crederai, ma ammettere la verità mi ha liberata da un fardello che non riuscivo più a tenermi dentro» mi confessa.

E chissà perché quel famoso fardello lo conosco bene, anche io ne ho uno piccino che mi impone la sua presenza tutte le volte che ripenso a Gabriel; ma in cuor mio so che lo stupido bacio di una notte non è certo paragonabile alla relazione clandestina tenuta in piedi da Gaia per interi mesi.

«Sabato, invece? Facciamo qualcosa insieme con Arianna?»

«Non lo so, vorrei andare a Bellagio.»

«Non parlo del giorno. Magari la sera. Potremmo andare a bere qualcosa tutte e tre insieme, che dici?»

«Non lo so. Ti farò sapere nei prossimi giorni, ok?»

Ci salutiamo, anticipandole che, non appena riusciremo a vederci, devo assolutamente parlarle di una cosa. Per cosa intendo Gabriel, ovviamente.

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