Quanto tempo si può restare a fissare il bianco di un muro? Tanto, talmente tanto che poi ti fanno male le orbite degli occhi e quel bianco candido cominci a odiarlo più o meno con la stessa intensità con cui odi te stessa.
Mi detesto profondamente e non perché ho tradito la fiducia di Flavio, ma perché sono stata così stupida da credere che l'onestà mi avrebbe ripagata con un minimo di comprensione.
Se n'è andato. Flavio se n'è andato per sempre e da quella porta non tornerà più, Giuditta. Mai più. Questa è la frase più gettonata della giornata, che si accavalla nella mente tra un pensiero e l'altro. Ed è proprio questo che mi fa sprofondare nell'afflizione più o meno ogni cinque minuti.
Per l'intero pomeriggio resto a pensare a ciò che avrei fatto io se fosse stato proprio lui a confidarmi un tradimento, magari con una delle ricercatrici cheerleader. Gli avrei rotto un piatto in testa, con buone probabilità avrei avuto un accesso isterico, avrei urlato, gli avrei tirato un pugno dopo l'altro sul petto, sarei scappata di casa per fuggire dal dolore, magari mi sarei negata per qualche ora. Ma alla fine, sarei tornata dal fedifrago per sapere, capire, conoscere la causa di tanto bieco decadimento. Ma questo ragionamento non ha alcun senso ora. Perché con il senno di poi è molto più semplice fare delle valutazioni, e se non fossi passata per prima io nell'errore, in questo preciso istante non sarei neppure in grado di formularle certe considerazioni.
La domenica scorre con estenuante lentezza, l'orologio gira fiacco sul quadrante, la luce entra nella stanza brillante come un enorme prisma riflettente, poi a mano a mano si spegne e il cielo da azzurro diventa indaco, violetto e alla fine una distesa di velluto nero. Allora mi alzo, schivando le schegge a terra, e vado in camera. Le lenzuola sono disfatte, spiegazzate e fredde. Poggio la testa sul cuscino di Flavio, il suo odore è proprio lì a ricordarmi ciò che ho perso in poche ore. I pensieri incalzano, gli occhi fanno fatica a restare asciutti, le guance si imperlano e la gola singhiozza. Un sussulto dopo l'altro, poi il sonno ingoia tutto.
***
La sveglia suona alle sei e trenta come ogni mattina che si rispetti, spalanco gli occhi e istintivamente allungo il braccio verso destra. Tasto, tasto, tasto. Cotone freddo e vuoto. Tasto, tasto, tasto. Non c'è nessuno accanto da svegliare, a cui regalare il primo sorriso del mattino. La luce del sole invade spavalda la camera e mi ricorda con brutale nitidezza che è lunedì, la giornata è iniziata e non posso eludere le mie responsabilità lavorative. Con gli occhi gonfi e la testa ronzante come se dentro ci fosse un nido di mosche impazzite, mi metto in piedi. Traballo più o meno come un ubriaco, a piedi scalzi mi trascino in cucina e comincio la routine di sempre, fatta di caffè, una tazza di latte e qualche Gran Turchese. Ed è proprio mentre sto versando la moka nel latte caldo che sento risalirmi qualcosa dallo stomaco e provo l'impellente necessità di scaraventarmi nel bagno. Vomito, piango e mi dimeno per i conati. Disturbo post traumatico da stress, di sicuro è questo quello che sto manifestando. Chiamo il laboratorio, risponde una collega.
«Ciao, sono Giuditta. Senti, oggi non verrò, credo di essermi beccata un'enterite virale.»
«Maledetti Rotavirus! Stai tranquilla e cerca di riposare.»
Il cellulare inizia a notificarmi telefonate su telefonate, la chat di WhatsApp è impazzita, decine di messaggi si accavallano. Ci sono i ritardatari per gli auguri di compleanno; i ringraziamenti per la festa – ironia della sorte −; i messaggi minatori da parte di mia sorella. Poi Gaia che mi ha chiamata insistentemente per l'intera giornata di ieri e stessa cosa Arianna. C'è anche un messaggio di Sveva, dice che è ripartita per la Francia e avrebbe tanto voluto venire a farmi un saluto veloce. Ma io avevo deliberatamente lasciato spento il telefono, e ho intenzione di farlo anche oggi. Flavio non ha chiamato e non lo farà e io ho bisogno di stare da sola ad autoflagellarmi ancora un po'.
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L'attesa
RomanceTerzo romanzo della serie -Il paradigma dell'amore- Sono passati quattro anni, Giuditta è una specializzanda nella facoltà di genetica medica ora. Trascorre le sue giornate divisa tra il laboratorio, i turni ospedalieri e la convivenza con F...