UN DESTINO ILLOGICO E PERVERSO (SECONDA PARTE)

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FLAVIO

Oggi, sopra un volo Londra-Milano


L'aereo sta per decollare. Spengo il telefono dopo aver letto l'ultima e-mail inviata dal professor Milligan. Mi chiede di ripensarci, di prendere del tempo, di vagliare con attenzione la sua proposta. Lascio tutto il lavoro di un anno qui a Londra, il mio dottorato si è rivelato un'esperienza migliore di quanto mi aspettassi. Eppure, non mi basta più. La gloria conseguente agli sviluppi delle mie ricerche, improvvisamente, non è più così importante. Il fatto di aver visto pubblicare il mio studio su una delle più prestigiose riviste di genetica, tutto d'un tratto, mi sembra una soddisfazione lavorativa a metà. Non si può rincorrere la felicità solo attraverso la carriera, non si può essere davvero realizzati senza condividere certe gioie con qualcun altro, e non parlo di colleghi o amici.

Il punto è che ci ho impiegato davvero molto tempo per capirlo.

Il tempo è ladro di parole trattenute, di abbracci negati e di amori lasciati andare troppo facilmente.

«Ciao.» La vocina esile di un bambino mi costringe a non indugiare sul senso dello scorrere del tempo. Sulle lancette dell'orologio che, implacabili, mi ricordano quanto io sia stato sempre troppo concentrato su me stesso.

«Ciao!»

«Questa è Saetta McQueen, conosci Cars?» chiede muovendomi davanti al viso una macchinina rossa.

Fingo di pensarci su un attimo, poi rispondo: «Sì che la conosco. Anche al mio nipotino piace molto».

«E come si chiama il tuo nipotino?»

«Filippo».

Un sorriso largo gli si apre sul suo viso mostrando qualche buchino tra un dente e l'altro. «Anche io mi chiamo Filippo» dice con aria fiera. «Io e la mia mamma stiamo andando a casa dal mio papà, sai?»

La donna che siede accanto a questo adorabile chiacchierone si sporge verso di me chiedendomi scusa per l'esuberanza del figlio.

Qualche istante dopo l'aereo prende quota e Filippo torna a guardarmi.

«Tu dove vai?» domanda.

«Torno a casa mia...»

Tecnicamente io non ho più una casa a Milano, da fonti certe ho saputo che, diversi mesi fa, Giuditta ha lasciato quello che un tempo era il nostro appartamento. La mia automobile e la mia moto sono momentaneamente parcheggiate nel garage del mio amico Carlo e, solo ora, inizio a chiedermi se forse non sarà il caso di cercarmi un albergo non appena arriverò a Milano.

«Da tuo figlio?» Filippo ha sgranato gli occhioni in modo teatrale.

L'attesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora