IL DOLORE RENDE EGOISTI

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E secondo me... questa canzone è perfetta...

Buona lettura.

GIUDITTA

Non immaginiamo mai che la rivincita possa liberarci di un peso. Io l'ho appena fatto e mi sento meglio. Può sembrare una forma di sadismo; io la considero semplicemente una forma di condivisione di qualcosa. Quel qualcosa, nel mio caso, è riconducibile al dolore della perdita. Adesso anche Flavio ne custodisce un pezzetto dentro di sé. Non sarà mai paragonabile al mio, lui non vedrà mai ciò che ho visto io: divise verdi, mascherine a coprire bocche che mormorano "andrà tutto bene", la mia amica che mi stringe la mano nell'istante in cui il mio unico desiderio è chiudere gli occhi per non sentire più niente, e poi la luce, l'accecante luce sopra la mia testa. Non riuscirò mai a scordarlo.

Adesso che vedo Flavio tornare verso il tavolo, con una tensione palpabile all'esterno e lo sguardo sconvolto, capisco che anche lui ha assorbito un pezzetto del dolore che ho tenuto dentro. Notti intere a piangere, e giorni in cui non ho fatto altro che camuffare il dolore sotto la maschera della resilienza. Dentro no, non ci si sente come sembra fuori. E mi dispiace, Flavio, di averti frantumato il cuore, ma non immagini quanto io ne avessi bisogno. Il dolore rende egoisti, questo sì. Credo di sì.

«Andiamo» dice solo, con la voce rotta e gelida. Ecco, adesso mi sembra di rivedere il Flavio rigido e controllato che era prima, il tempo non ha denaturato completamente certe sue inclinazioni.

Cammina in direzione dell'uscita.

«Aspetta, il conto da pagare...» pronuncio accelerando il passo per recuperarlo.

«C'ho pensato io.»

Fuori, nel vicoletto, l'aria calda e il vento fresco si mescolano. Camminiamo fianco a fianco, senza parlare. Solo arrivati davanti alla macchina, lui mi chiede: «Se tu non lo avessi perso, avrei mai saputo di avere un figlio? O mi avresti nascosto anche quello?». La voce debole, sofferente.

«Che domanda fai?»

«Rispondimi.»

«Certo che lo avresti saputo.»

«Dammi le chiavi.»

«Le chiavi?»

«Ho bisogno di guidare, Giù. Per favore...» Gli occhi stanchi, la voce esasperata.

Gliele porgo, Flavio le afferra e mi sfiora le dita. Sento un fremito, il contatto dopo una nuova distanza, quella che la mia notizia ci ha imposto.

Quante altre ce ne saranno di distanze? Sembra che ogni giorno, dopo ogni notizia inaspettata, lo spazio tra noi si dilati.

Entriamo in auto. Non accendiamo la radio, solo silenzio e luci intermittenti che provengono dai lampioni sul lungomare.

«Devi seguire le indicazioni per Cefalù» gli suggerisco.

L'attesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora