Introduzione

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"Al mio primo amore, che ha permesso la nascita di questo libro."

Fin da bambina ho sempre sognato di avere una vita meravigliosa e avevo già iniziato a programmare il mio futuro: dopo le scuole medie sarei andata al liceo classico e una volta diplomata mi sarei iscritta a Medicina.

Ho sempre voluto rendermi utile, e penso che aiutare le persone che stanno male cercando di confortarle il più possibile sia il minimo contributo che posso dare al mondo. Sapere di aver potuto aiutare e sentirsi dire un grazie o anche venir rivolto un semplice sorriso è ciò che mi basta.

Oltre a questo, sogno anche di innamorarmi, di vivere una storia d'amore degna di un romanzo, con una persona che sappia amarmi nel bene o nel male, con cui condividere la quotidianità e costruirci un futuro, crearmi una famiglia.

Troppo pretenzioso? Forse si, la vita non è stata troppo gentile con me. Sapere che molto probabilmente non potrò realizzare tutti i miei sogni mi distrugge, ma partiamo dall'inizio.

Nella primavera della seconda media, erano giorni che non mi sentivo bene: ero sempre più pallida, spesso di notte mi svegliavo completamente sudata, mi sentivo stanca nonostante fossi una persona molto attiva, e avevo notato una perdita di peso, che mi risultava molto strana dato che mangiavo parecchio.

Una mattina, mentre ero a scuola, dovetti scappare in bagno dato che avevo una nausea fortissima e dopo aver rigettato la colazione, appena mi alzai ebbi un giramento di testa e persi i sensi. Dicevano che molto probabilmente era lo stress, ma io sentivo che c'era qualcosa di molto più grande dietro; il giorno dopo cominciò a salirmi la febbre, arrivando a misurare più di 40.

Non riuscivo a riprendermi e venni ricoverata in ospedale, dove ricevetti la diagnosi: avevo la leucemia. Quel giorno, il mondo mi crollò addosso.

Ricordo che piansi tanto e sentivo che questo avrebbe cambiato totalmente la mia vita: non sarei più stata la bambina ingenua e spensierata che ero.

Cominciai subito le cure: chemioterapia, radioterapia, che per mia fortuna funzionarono, e dopo 4 anni di ospedale mi fecero finalmente tornare a casa.

Ad oggi, all'alba dei miei 16 anni, la mia routine quotidiana si divide tra il prendere 6 medicinali 3 volte al giorno, passare le mie giornate chiusa in casa a leggere libri o guardare serie TV, e una volta ogni tanto ho le visite per monitorare la situazione.

All'ultima visita, i medici mi hanno detto che per guarire definitivamente ed evitare ricadute basterebbe un donatore di midollo. Ma come se non bastasse, hanno scoperto che ho un midollo di natura molto rara, e pare che solo il 5% della popolazione mondiale sia compatibile con me.

Non ho affrontato tutto da sola, ma accanto a me c'è sempre stata la persona più importante della mia vita, ovvero mia madre Cecilia, di professione avvocato, e abitiamo in una villetta di un piccolo quartiere fuori Firenze. Ha 35 anni, ed è una donna bellissima: tutti dicono che sembriamo sorelle e non posso negare la grandissima somiglianza che abbiamo. A livello estetico ho preso tutto da lei tranne i capelli e gli occhi: lei ha i capelli neri e gli occhi castani scuro, io sono castana e gli occhi verde scuro.

Ad aggiungersi alla malattia, nello stesso periodo avvenne anche il divorzio tra mia madre e mio padre: lei è sempre stata molto vaga sull'argomento, mi ha sempre e solo detto che il matrimonio non funzionava più ed era meglio così. Ma so, nel profondo, che per lei quello è stato un altro colpo, dato che è avvenuto quasi contemporaneamente con la diagnosi della mia malattia. In cuor mio ho sempre sperato di poter vedere mio padre ogni tanto, nonostante la situazione: è da quando mia madre l'ha cacciato di casa che non lo vedo e ormai ci ho perso le speranze. Non è neanche mai venuto a trovarmi in ospedale in realtà, nonostante sapesse della malattia.

e così ci siamo ritrovatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora