Capitolo 12 - "Giappone: Primo Appuntamento" (Pt.1)

7.4K 397 110
                                    

Canzone suggerita: "Last Minute Late Night - Kane Brown"

QUATTORDICI ORE DOPO...

7 FEBBRAIO 2016 (10:00 a.m.)

AEROPORTO INTERNAZIONALE DI NARITA (成田国際空港 Narita Kokusai Kūko)

TOKYO, GIAPPONE

Camila's P.O.V

Ricordo quando avevo diciassette anni. Nella mia scuola arrivò una maestra nuova, la signorina Sanz. Era una mestra molto carina che ci insegnava Storia. Aveva quella mente vivace e sognatrice quando faceva lezione che ti trasportava nel posto di cui parlava e ti faceva sognare che potevi sentire ognuna delle parole e sperimentarle in carne e ossa.

Ricordo che una volta lei ci parlò di come la tecnologia ha cambiato la vita di noi essere umani in tanti modi diversi. Ci fece un esempio sui cellulari, per il quale tutti ridemmo. Sapere che la tecnologia ci assorbe in tal modo che il mondo considerato "reale" molte volte passa in secondo piano e il mondo "virtuale" può diventare la nostra realtà, era interessante, e molto vero. Io vedevo i miei compagni di classe persi nelle conversazioni telefoniche mentre il mondo reale, le persone reali, si estinguevano intorno a loro. Io, invece non potevo darmi quel lusso.

Non potevo perdermi dalla realtà della mia vita perché dovevo sempre essere al corrente e allerta di tutto. Di come dovevo aiutare mia madre a ottenere dei soldi per pagare le retta. Di come dovevo aiutare la mia sorellina a comprare le sue cose per la scuola. Mi preoccupavo di come avremmo potuto avere un po' più di soldi per poter comprare un po' più di pittura per finire uno dei miei quadri.

Adoravo dipingere. Dipingere per me era quella scappatoia che gli altri trovavano sui social network, altri nello scrivere, altri nella lettura. Dipingere era poter creare dei mondi e meravigliosi paesaggi che molte volte erano solo reali nella mia mente. Dipingere per me, era quel momento dove potevo sognare, ridere e provare qualcosa come qualunque adolescente sognatrice. Pensare che la mia vita era perfetta anche se il mondo stesse cadendo intorno a me.

Ma a quanto pare quello non era solo quello che stavo ricordando mentre i miei occhi viaggiavano per la bellissima architettura mentre la mia bocca si apriva per la sorpresa. La mia mente stava ricordando quella maestra di storia che ci diceva che il Giappone era la culla della tecnologia e l'inventiva. In quel momento sorridevo pensando di poter conoscere un posto pieno di edifici giganti, mezzi di trasporto moderni e bellissime strutture. Vivevo negli Stati Uniti, non potevo dire davvero che vivevo in un paese del terzo mondo, con pochi presupposti di investire in cose che avrebbero potuto aiutare a migliorare il paese. Vivevo in un paese che era una delle potenze mondiali. Ma nel piccolo quartiere di Brooklyn, nel mio vecchio appartamento, ero solo Camila Cabello.

La ragazza lesbica di diciassette anni che sua madre adorava e suo padre disprezzava. La ragazza che lavorava come cameriera nel ristorante della sua migliore amica per aiutare sua madre a pagare le spese. La ragazza che aveva paura di parlare di ciò che era davvero per paura di essere giudicata.

Ero la ragazza che sognava la medicina e si perdeva tra la bellezza dei colori di un paesaggio. Ero Karla Camila Cabello Estrabao. La ragazza figlia di genitori immigrati. La ragazza che non aveva niente.

Quella ragazza che si era seduta nella classe di Storia sognando di conoscere tutti quei posti così mitici e meravigliosi che la sua maestra menzionava. Mi sedevo a pensare a cosa si sarebbe sentito a viaggiare per il mondo e sperimentare la cultura delle persone di prima mano. Quel mondo magico che avevo solo inventato nella mia testa dipingendo. Quel mondo magico dove tutto era all'avanguardia e meraviglioso. Adesso ero una donna di ventun'anni che inseguiva i suoi sogni, ma continuava a non avere niente. Non avevo niente che fosse mio, solo la mia arte e i miei sogni. Ma avrei avuto quell'esperienza.

Filo del Destino ||TRADUZIONE ITALIANA|| CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora