Capitolo 43 - "Verità" (Pt.3)

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Canzone suggerita: "Temporary Home - Carrie Underwood"

MANHATTAN, NEW YORK

Quattordici febbraio (11:01 a.m)

Era in piedi da praticamente venti minuti davanti alla porta senza avere il coraggio di entrare, mentre il suo autista la guardava dalla macchina aspettando qualche suo sengnale che gli avrebbe indicato di andarsene. Non aveva la forza di entrare in quel posto. Stava praticamente tramando, ma doveva farlo. Era il momento.

Le sue mani tremarono quando finalmente spinse la porta con diversi disegni dipinti sopra, dove si leggeva il nome Little Children Orphanage, e un sospiro inquieto uscì dalle sue labbra sentendo un turbinio di sentimenti. Cosa stava facendo lì?

Le sue scape Prada risuonavano contro il pavimento di marmo perfettamente pulito con ogni passo che faceva la donna, mentre si avvicinava a un'enorme scrivania. Quel posto era cambiato con gli anni, in meglio.

-Buongiorno, signora. -Disse una donna ricevendola con un'enorme sorriso al quale lei rispose a metà. -In cosa posso aiutarla?

-Mi piacerebbe parlare con la direttrice. -La sua voce suonò un po' titubante dai nervi, mentre metteva la sua grande borsa Louis Vuitton sulla scrivania e i suoi occhi verde smeraldo fissavano la donna che non doveva avere più di vent'anni.

Le venne in mente una bambina e chiuse gli occhi sentendo il familiare dolore. "Lei" doveva averne ventidue, ma non era il momento di vagare nei ricordi. Era arrivata con un obbiettivo in quel posto, e adesso che finalmente era stata capace di attraversare quella porta sarebbe stato meglio andare al punto e smetterla di divagare.

-In questo momento è con una coppia di futuri genitori, ma sta per terminare. -Sorrise la ragazza. -Ha bisogno di parlare con lei?

-Voglio fare una donazione all'orfanotrofio a nome delle mie imprese e mi piacerebbe discuterne con lei. -Respirò profondamente prendendo un biglietto da visita dalla sua borsa e dandoglielo. La ragazza spalancò gli occhi sorpresa quando lesse il nome e dopo il suo sguardò si fissò sulla donna che era dall'altro lato della scrivania. Una delle donne più ricche del paese.

-Per favore, si sieda. -Disse la ragazza alzandosi. -Informerò subito la direttrice che lei si trova qui.

-Grazie mille. -Disse la donna educatamente prendendo la sua borsa e dirigendosi verso le sedie azzurre che c'erano nella sala d'attesa.

Era un posto enorme e accogliente, molto diverso dall'orfanotrofio così povero e piccolo che aveva visto tempo prima. Sembrava ricevere delle donazioni molto buone. La sua mano andò ancora dentro la sua borsa e prese l'assegno in bianco guardando la sua firma, sperando che annotassero la quantità di soldi di cui avevano bisogno in quel posto secondo la direttrice.

I ricordi la invasero riempiendole la mente di quelle ombre di dolore che non la lasciavano in pace. Ai suoi trentanove anni aveva una famiglia. Aveva tutto ciò che una donna potesse desiderare. Aveva successo, il suo nome era molto famoso nel paese e la sua famiglia era una delle più adinerate di tutti gli Stati Uniti. Quando la gente la guardava, vedevano tutti una donna piena di fama e soldi.

E lei ne era stata felice fino a un certo punto, ma i ricordi non la lasciavano semplicemente mai in pace. C'erano tanti segreti dentro la sua mente che erano difficili da controllare e la stavano uccidendo poco a poco. Uccidendola come un infarto che si era portato via suo padre sette mesi prima. Quel padre che non aveva visto per anni e che non faceva più parte di quel mondo, adesso poteva dire che, senza dubbio, era un mondo migliore.

La sua mente viaggiò a tanti anni prima quando era appena una ragazza di diciassette anni, sola e spaventata. Quella era stata la prima volta che aveva visto la porta che aveva appena attraversato. Una sera del primo luglio, ventidue anni prima. Era la sera in cui aveva avuto una piccola bambina tra le sue braccia avvolta da una coperta rosa appena uscita dall'ospedale. E aveva pianto per ore e ore.

Filo del Destino ||TRADUZIONE ITALIANA|| CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora