6. To build a Home

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Camila aprí la porta della sua villa a tre piani, ed entrando venne accolta dalla sua domestica, Rosaline.
«Salve, signorina Cabello» le sorrise educatamente la donna.
«Ciao, Rosie» rispose altrettanto cordialmente la ragazza, porgendole la giacca.

«I miei genitori?»
«I signori Cabello dovrebbero tornare a breve dalla riunione, mi hanno telefonato per informarla di attenderli per pranzo, oggi»
Camila sospirò.
Le capitava talmente spesso di trascorrere intere giornate senza vederli che la vera rarità stava nella coincidenza di potersi sedere al loro stesso tavolo per pranzo.
Erano sempre impegnati, e la maggior parte del tempo fuori città per lavoro.

Quando Camila era piccola, questa cosa le pesava notevolmente, al punto che si lamentava spesso con loro per ciò.
Suo padre si scusava sempre, cercando di farsi perdonare portandola nei suoi negozi di giocattoli preferiti e comprandole tutto ciò che desiderava.
Crescendo, però, i giocattoli non furono più sufficienti a colmare l'assenza delle figure genitoriali, e Camila imparò semplicemente ad accettarla e conviverci.

Sin da piccola, per via della posizione altolocata della propria famiglia, Camila non era mai riuscita a farsi dei veri amici. Si era accorta presto che tutti i bambini che si avvicinavano a lei lo facevano solo perché era ricca, e suo padre le aveva insegnato a non fidarsi degli altri perché "la gente è invidiosa e vuole solo vederti crollare".
Al solito, anche quella convinzione fu smentita quando crebbe.
Camila aveva conosciuto Shawn.
Certo, il resto dei suoi amici erano falsi e opportunisti, il che darebbe ragione a suo padre, ma c'era Shawn, lui era l'eccezione.

In ogni caso, prima ancora di conoscere il suo migliore amico, Camila aveva trovato i sostituti per i suoi genitori nelle figure del suo maggiordomo, Arthur, e della sua domestica, Rosaline.
Arthur e Rosaline lavoravano per la famiglia Cabello da anni, da prima ancora che Camila nascesse, il che faceva di loro due persone estremamente affidabili.
Camila li considerava parte integrante della famiglia, e talvolta sentiva più parenti loro che i suoi stessi genitori.

La cubana salì l'ampia rampa a chiocciola che la conduceva al piano superiore per chiudersi in stanza e cambiarsi in abiti più comodi.
Fissò la chitarra appoggiata al muro e pensò di suonare qualche accordo, ma si accorse che l'ispirazione era fiacca, ultimamente.
Aveva composto diverse canzoni, su tanti temi, principalmente sull'amore. Ma cosa ne sapeva lei dell'amore?
Narrava di storie fantastiche e romantiche, storie che probabilmente non avrebbe mai sperimentato.

Aveva pensato di farle sentire a qualcuno, le sue canzoni... Ma a chi?
Non avrebbe avuto il coraggio, comunque. Rivelavano chi era realmente, e lei non era pronta a mostrarsi al mondo.
Il mondo era un posto troppo vasto rispetto alla piccolezza della sua esistenza, sarebbe stata inghiottita facilmente dalla crudeltà che sembrava regnare preponderante in questo luogo.

Lei scriveva di ragazze sfuggenti, ma bellissime... Ragazze piene di pensieri e sogni, ragazze dolci e innamorate.
A volte lei era quella ragazza, a volte la ragazza di cui scriveva era innamorata di lei.
In realtà Camila era innamorata dell'idea dell'amore, e avrebbe dato qualunque cosa pur di averne un assaggio.
Ma la sua vita era turbolenta, fatta di segreti e bugie, chi si sarebbe mai potuta innamorare di una come lei?

Shawn le aveva detto di aprirsi, di provare a pensare all'idea di fidanzarsi con qualcuna e mettersi la testa apposto, anzichè persistere con le avventure di una notte.
Eppure era l'unico modo per Camila di essere se stessa almeno in parte, almeno per un po'...
Se fosse uscita con qualche ragazza della sua scuola, presto tutti l'avrebbero scoperto e per lei sarebbe stata la fine.
Perciò si accontentava di scrivere e immaginare come sarebbe dormire con una ragazza, stringerla amorevolmente, portarla a cena, regalarle i fiori e svegliarsi al suo fianco...

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