36. That four-letter word

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Lauren aprí gli occhi quella mattina solo perché la luce accecante proveniente dalla porta a vetri del soggiorno si scontrava perfettamente in perpendicolare col divano sul quale era sdraiata. Fosse stato per lei, avrebbe volentieri dormito fino al giorno successivo, dal momento che non aveva letteralmente chiuso occhio tutta la notte.

Quella appena trascorsa, infatti, era stata la nottata più selvaggia della sua vita. Lei e Camila non si erano concesse mai più di mezz'ora di riposo a vicenda e, quando una delle due minacciava di addormentarsi, l'altra la svegliava, pronta ad un nuovo round. Anche ora, con le luci del giorno, Lauren non riusciva a capacitarsi di dove avessero trovato la forza necessaria per affrontare una tale prova.

Guardò il proprio petto e vide Camila accocolata sopra di lei, le gambe intrecciate con le sue e il corpo avvolto in una coperta che copriva automaticamente anche lei.
Ad un certo punto della notte, infatti, la piccola bruna era sgattaiolata fuori dal salotto in cerca di un paio di coperte e lenzuoli - una per coprire i corpi di entrambe, l'altro per salvaguardare il divano da spiacevoli e irrimediabili incidenti.

Lauren provò a muoversi ma una fitta alle spalle e alla cima della colonna vertebrale la inchiodarono nuovamente sul cuscino.
Dormire su un divano era scomodo, ma farlo insieme ad un'altra persona era un'impresa titanica.

«Camz» chiamò, la voce più roca del solito per via degli sforzi a cui aveva sottoposto le corde vocali durante la notte.
«Camila, svegliati» ripeté, scuotendo la sua ragazza con più vigore.

La cubana brontolò nel sonno, infastidita, e seppellì il viso nell'incavo del suo collo. Una volta addormentata davvero, sarebbe stato impossibile svegliarla, e Lauren sospirò arresa.
Allora ebbe un'idea.

Si scostò bruscamente da lei, facendola ricadere con un tonfo sul divano, e la botta improvvisa la fece sussultare, costringendola finalmente ad aprire gli occhi.
Certo, quella mossa azzardata le era costata un'altra fitta alle vertebre lombari, ma ne era valsa la pena.

«Ma che cazzo, Lauren!» imprecò Camila, reprimendo il vago istinto di strangolare la propria ragazza.
Se c'era qualcosa che odiava di più al mondo, era venire svegliata con mala grazia - più del polpo all'insalata, del semaforo giallo, perfino più dello sport.

Lauren ridacchiò alla sua protesta, e cercò di stiracchiarsi alla meglio, facendo cadere la coperta dalle proprie spalle.
«Ricordati che sei nuda» borbottò Camila, stropicciandosi gli occhi.

«Non è nulla di nuovo per te, o sbaglio? E poi, dopo stanotte, credo che dovremmo farci ricoverare» ribatté Lauren, divertita.

Camila si avvolse le spalle con la coperta di lana morbida e sospirò.
«Se fare sesso fosse una specialità delle Olimpiadi, penso che guadagnerei la medaglia d'oro in tutte le prove» disse, fiera.

Lauren sbuffò ironicamente, e l'altra alzò un sopracciglio.
«Non provare a smentire, se non vuoi che inizio ad elencare i settecento modi in cui stanotte mi hai supplicata, urlando, di-

«Okay, bene. Tieniti le tue medaglie» la interruppe la ragazza dai capelli corvini, arrossendo lievemente.

Camila si limitò a ridacchiare vittoriosa, e poi si alzò dal divano, la coperta ancora avvolta attorno alle spalle.
«Vado a recuperare dei vestiti puliti e a lavarmi, tu aspetta qui» la informò.

«Cosa? E come faccio? Se qualcuno dovesse entrare?» Lauren andò nel panico, ma la bruna scosse la testa.

«Non verrà nessuno qui, fidati. E se vuoi fare una doccia, dietro quella porta c'è un bagno. Però aspetta lì dentro che ti porti il cambio» disse, indicando una porticina in legno d'ebano sulla parete dietro al divano.
Poi la ragazza filò via, lasciandola sola.

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