33. Paris

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Il resto della settimana volò in un battito di ciglia e, com'era prevedibile, non vi fu alcuna uscita di gruppo alla pista di pattinaggio.
Dopo averle fatto la lista di un migliaio di validi motivi per cui non potevano farsi vedere in un posto così frequentato dagli studenti della scuola e aver esibito il suo sguardo più convincente, Camila era riuscita a persuadere Lauren che una serata in casa in compagnia di una buona pizza e qualche film sarebbe stata una scelta migliore.
La ragazza dai capelli corvini aveva cercato di non darvi troppo peso, in fondo si trattava solo di un fine settimana come gli altri, ne avrebbe avuti a iosa di pomeriggi con i suoi amici.
Cercava di non pensarci neanche mentre accompagnava Camila all'aeroporto con la propria macchina, il tragitto lungo e scarseggiante di parole.

«Ai tuoi genitori va bene che sia io ad accompagnarti?» domandò Lauren, mentre imboccava una curva, quasi in prossimità della destinazione.

«Figurati, loro saranno già al check-in. Mi hanno detto che l'importante era non arrivare in ritardo» rispose Camila, con un'alzata di spalle.
«E poi volevo salutarti prima di partire» aggiunse timidamente, rivolgendole un sorriso il quale, senza alcun apparente motivo, Lauren ricambiò tristemente.

Per Natale, i Cabello avevano deciso di partire per Parigi, in vacanza, fino ai primi di gennaio.
Naturalmente, il viaggio era finalizzato principalmente agli affari, ma la famiglia aveva scelto di cogliere l'occasione per fare anche un viaggio in concomitanza con le festività.

Lauren posteggiò al parcheggio e scese, aprendo il cofano per prendere le valigie di Camila.
«Ce la faccio» protestò inutilmente la cubana, e Lauren scosse la testa.

«Pensa alle borse tu, che la valigia è più grande di te» scherzò, e si incamminò verso l'entrata dell'aeroporto.
Mentre con una mano reggeva il borsone, con l'altra Camila cercava di tenere il telefono all'orecchio per parlare coi suoi genitori e farsi indicare dove raggiungerli.

Quando li individuarono fare la coda per il check-in, Lauren si fermò, e Arthur si avvicinò a loro.
«Buon pomeriggio, signorine» le salutò formalmente l'uomo, poi afferrò le valigie di Camila e tornò dai signori Cabello.
Lauren li squadrò da lontano, mentre si guardavano attorno con fare impaziente e insofferente, quasi come non potessero sopportare l'idea di attendere insieme ad altre persone.

Avevano l'aspetto della classica coppia di milionari che non provano alcun interesse per la "gentaglia comune".
Nicholas Cabello era un uomo affascinante, sulla quarantina, i capelli scuri quanto quelli della figlia, portati indietro in un ciuffo gellato.
I tratti erano facilmente distinguibili su Camila: naso allungato, mascella pronunciata, labbra carnose.
Era giovane, o forse manteneva davvero bene i suoi anni.
Ad ogni modo, non era la prima volta che Lauren lo vedeva.
L'uomo, infatti, era più volte apparso su alcune riviste di economia e commercio, che la ragazza ogni tanto si dilettava a sfogliare per tenersi al passo con la concretezza del mondo che le stava attorno.

La madre - Theresa, se non ricordava male - era elegante e teneva testa al marito in quanto a bellezza.
Racchiudeva in sé la giovinezza e passionalità dei tratti tipicamente latino-americani, un fisico sinuoso, capelli bruni che le incorniciavano il viso ovale sul quale troneggiavano lineamenti delicati e marcati al contempo.
Non c'era da stupirsi che Camila fosse così bella.

C'era qualcosa che però mancava ad entrambi rispetto alla figlia, Lauren poté notarlo anche a metri di distanza.
La gentilezza nello sguardo, quella dolcezza che, nonostante tutta le somiglianze, Camila sembrava non aver ereditato da nessuno dei due.

Probabilmente Arthur aveva riferito loro l'arrivo della figlia, poiché la coppia si voltò distrattamente nella loro direzione e le guardò per un pezzo, tornando poi a prestare attenzione alla fila per il check-in.

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