11. Second chances

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Nel pomeriggio, quando il sole era ancora nel cielo ma i suoi raggi non illuminavano del tutto le strade di Miami, Camila cambiava marcia per rallentare la propria Porsche.

Aveva deciso di prendere l'auto nonostante casa di Lauren non fosse poi tanto lontana dalla sua.
Non aveva nessuna voglia di camminare, probabilmente.

Lauren le aveva inviato un messaggio con l'indirizzo quella mattina stessa, con una conferma dell'orario.

La cubana scese dall'auto e fece scattare le sicure con un clic del telecomando delle chiavi.
Poi si avvicinò alla porta con su scritto 68 come numero civico.
Era una casa singola, simile alle altre villette a schiera della strada.
Un cottage abbastanza modesto, insomma.

Camila suonò al campanello e attese per qualche minuto prima che venisse qualcuno ad aprire.
Quel qualcuno si rivelò essere una donna, più o meno sulla quarantina, che Camila suppose fosse la madre di Lauren.

«Ciao» la salutò, gentilmente ma un po' confusa.
«Salve... Sono Camila Cabello, una... Compagna di scuola di Lauren» si presentò Camila, un po' imbarazzata dalla difficoltà che aveva avuto nell'eitchettare il proprio rapporto con la ragazza dai capelli corvini.

«Oh» la donna aggrottò la fronte «Lauren non mi aveva detto che aspettava qualcuno a casa»
Sospirò, facendosi da parte.
«Entra pure, adesso vado a chiamarla» disse, con un sorriso genuino.

Camila entrò timidamente, seguendo la madre di Lauren.
«Ad ogni modo, io sono Clara, la mamma di Lauren» si presentò la donna, mentre conduceva Camila in salotto.
«Piacere» rispose Camila, mentre osservava l'arredamento, principalmente costituito da mobili in legno lucido. Sul parquet di legno vi erano alcune moquette e appesa al muro al centro della stanza, davanti a due divani di pelle color vermiglio, vi era un televisore a schermo piatto.

«Torno subito» la informo' Clara, poi uscì dal salotto, lasciando Camila da sola.

La ragazza sedette su uno dei divani e si guardò attorno con discrezione.
Dal nulla, emerse un ragazzino che correva giù per le scale ridacchiando e si precipitava proprio nel salotto in cui vi era Camila, facendola sussultare per via della quiete bruscamente interrotta.

Il ragazzo - Camila presumette che non doveva avere più di tredici anni - si piazzò davanti a Camila con un sorrisetto furbo.
«Sei tu?»
Camila lo guardò perplessa e scosse la testa.
«Scusami?»

«L'amica di Lauren» chiarì lui, ammiccando.
«Uh... Sì»
Camila si guardò attorno, avendo sentito chiaramente degli schiamazzi provenire dal piano superiore.
«Wow, ora capisco» il ragazzo alzò un sopracciglio, portandosi le mani ai fianchi con aria autosufficiente e fin troppo furba.

«Cosa?»
Camila fu appena in tempo a chiedere, che la voce di Lauren tuonò dal piano superiore, sempre più vicina.
«Chris! Che cazzo stai facendo?!»

Poi, dei rumori di passi affrettati che colpivano i gradini.
Camila si voltò alle proprie spalle, dove dalla rampa di scale intravide Lauren che per poco non si rompeva il collo nella sua corsa.

«Lauren stava-
«Chris!»
Il ragazzo che - Camila ormai capì - si chiamava Chris fu di nuovo interrotto da Lauren, che correva nel salotto per raggiungerlo.
Quando gli fu vicino lo afferrò per il colletto della t-shirt, un po' come si fa coi gatti quando si agitano.

Camila alzò un sopracciglio, perplessa, ma leggermente divertita dalla scena di fronte a sé.
«Lasciami!» protestò Chris, divincolandosi dalla presa di Lauren, nonostante lei fosse notevolmente più alta e, a quanto pare, anche più forte di lui.

«Io ti lascio, ma tu devi evaporare. Intesi?» lo intimò, con uno sguardo severo e agitato.
«Uffa... Va bene»
Lauren ci rifletté un attimo, come se dovesse ponderare la sua scelta.
Poi lasciò la presa e il ragazzo la strattonò via, sistemandosi la maglietta stizzito.

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