41. Birthday "present"

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Le ore successive non furono facili, per nessuno. Il tempo sembrò scorrere con una lentezza sovrannaturale, e Lauren ebbe l'impressione di sentire quasi il movimento rotatorio del pianeta terra che le gravava sulle spalle in modo straziante e inesorabile.

Non appena giunsero le prime ore del mattino, casa Jauregui fu subito attiva, percorsa dai passi di tre quinti della famiglia, nonché la parte maggiore - d'età, almeno.
Mike si preparava per andare a lavoro, così come sua moglie che, mentre apparecchiava la tavola per la colazione, gettava qualche occhiata furtiva al salotto, dove la figlia era in procinto di indossare una giacca a vento verde militare.

«Dopo la scuola, pranzo e vado a trovare Ashley in ospedale, d'accordo?» disse Lauren, quando fu pronta per andare.

Mike e Clara si scambiarono una veloce, impercettibile occhiata, prima di annuire simultaneamente.
«Potrebbero esserci molte persone, però» rispose la madre, e Lauren fece spallucce.

«Non importa, ho pazienza»

E con quest'ultima frase si congedò, dopo aver salutato entrambi i suoi genitori con un piccolo bacio rassicurante sulla guancia.

Per volere (favorevole) della sorte, quel giorno era mercoledì, il che stava a significare non avere alcun corso in comune con Camila; avrebbe avuto la strada spianata nel suo tentativo di evitarla.
Durante le lezioni, però, non riuscì comunque ad evitare di pensare a lei, a quello che si erano dette e a elaborare pian piano cosa fosse realmente successo. Le venne in mente che di lì a pochissimi giorni sarebbe stato il suo compleanno, e lei non le aveva comprato neanche un regalo. In mezzo a tutto il trambusto, aveva perso di vista il suo obiettivo principale da settimane: acquistarle qualcosa che le sarebbe piaciuto davvero. Aveva racimolato anche qualche mezza idea, finché la questione di Halsey non era subentrata, mettendo tutto in subbuglio. Non aveva idea se Camila avesse intenzione di festeggiare, ma supponeva di sì, data la sua posizione a scuola. Immaginò come sarebbe stata, pesante e irrimediabilmente rumorosa come solo i veri ricchi sanno fare.
E, non voleva pensarci in modo troppo assolutista, ma stava cominciando a valutare l'idea di non presentarsi affatto.

Fu la sua Ford a condurla alla clinica dove Halsey era ricoverata, e le previsioni non si rivelarono del tutto errate: c'erano diverse persone in sala d'attesa per andarla a trovare, ma non quante se ne aspettava lei.

Rimase seduta nella sala, la gamba accavallata e il piede che dondolava ritmicamente in un tentativo di placare i nervi. Attese, finché non arrivò il suo turno, e a quel punto l'orario di visita era quasi terminato.
Entrò nella stanza nell'istante in cui ne uscì una ragazza i cui lineamenti erano familiari a Lauren - probabilmente una studente del loro stesso liceo, con cui frequentava anche qualche corso.

Camminò piano, con passo incerto, ma senza passare inosservata dalla ragazza seduta con le spalle appoggiate al materasso rialzato del letto, la quale le rivolse un'occhiata sorpresa.

«Lauren» disse, guardandola con una luce negli occhi che si potrebbe tranquillamente identificare come gioia.

«Ciao» rispose timidamente l'altra, sedendosi su una delle sedie che erano state sistemate accanto al letto.

«Non mi aspettavo di vederti qui»

«Non è una bella notizia» cercò di sdrammatizzare, giocando nervosamente con la manica della giacca.

Sentì Ashley camuffare una risatina e alzò la testa.
«Diciamo che con un paio di ossa rotte e il naso storto non ho esattamente molto spirito d'accoglienza»

Fu allora che Lauren si permise di osservare la sua ferita al naso, e notò come il setto appariva leggermente inclinato verso un lato, e la pelle in quella zona era diventata violacea, quasi nera.
Aggrottò la fronte, e sentì un magone allo stomaco al pensiero del dolore che doveva aver attraversato. Insieme a questo, giunse anche una rabbia ceca che si propagò dentro di lei, nei confronti di chiunque fosse stato il responsabile...

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