26. Two types of Thanksgiving

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«Che mi sto innamorando di te, idiota!»

Quelle parole aleggiarono ancora nell'aria, pesanti come mattoni.
Camila se le era lasciate scappare di bocca in un impeto di furia, l'esplosione di tutta la rabbia immagazzinata e repressa dentro di sé da settimane, di quella sofferenza che le premeva nel petto e non la faceva dormire la notte.
L'aveva lasciata andare, caricandola con forza sulle spalle di Lauren, perché non ne poteva più.
E, anche solo per un momento, voleva farle sentire tutto il dolore che provava a causa sua.

Non si pentì mai di qualcosa così tanto in vita sua, perché quel silenzio persistette nel tempo, facendosi sempre più intenso e angosciante.
Lauren aveva la bocca semiaperta, le braccia lungo i fianchi e le spalle leggermente abbassate, con atteggiamento sconfortato.

Nei suoi occhi Camila non riuscì a leggere altro se non paura e rifiuto, che presto si insinuarono anche dentro di sé.
La ragazza fece qualche passo indietro, le gambe che le tremavano.
Lauren si ostinò a non parlare, la guardava invece con espressione assente.

Quando fu troppo, Camila scosse la testa. Voleva andare via.
Perciò, senza dire una parola, sorpassó Lauren con passo deciso, ma si sentì afferrare.
Voltandosi di scatto, vide la mano di Lauren avvolta attorno al proprio polso, e il suo sguardo puntato sul viso.
La ragazza dai capelli corvini parve accorgersi solo dopo di ciò che aveva fatto, infatti i suoi occhi si tinsero di timore, come se se ne fosse immediatamente pentita.
Nonostante ciò, non la lasciava.

Camila strattonò la presa e si liberò.
«Stammi lontano» disse, a denti stretti, per impedire alla propria voce di tremare. Ma i suoi occhi la tradirono, perché erano di nuovo lucidi.

Lauren non ebbe il tempo di agire, questa volta, perché Camila corse via come un fulmine, lasciandola sola e in preda ad un tumulto di emozioni che la annientarono piano insieme al rimorso, la più dominante fra tutte.

Quelle furono le ultime parole che si rivolsero per giorni e giorni.

Lauren sentiva le giornate scivolarle addosso, e non faceva una piega al tempo che scorreva inesorabilmente attorno a sé, come se tutto ciò che la circondasse fosse di poco conto.
Le lezioni, i pomeriggi con le amiche, le prove al Drama Club alle quali Camila non si presentò.

Quando provò a chiedere della ragazza, Donovan le rispose che Camila per quel pomeriggio non ce la faceva a venire a lezione poiché stava poco bene.
Lauren aveva annuito, e poi tutto era tornato a colorarsi di grigio.

Se ne erano accorti in molti, prime fra tutte le sue amiche più care.
Ally era stata la prima a cercare di avvicinarsi, ma Lauren si era limitata a schivarla e sviare il discorso finché la più bassa non si arrese.
Normani la seguì, provando un approccio differente.
Aveva optato per parlarle normalmente, chiedendole del più e del meno, e poi tentando di approfondire i vari discorsi.
Anche questa volta, Lauren se n'era tirata fuori egregiamente, giustificando il proprio malumore come aveva fatto fino ad allora: con lo stress.
Poi vi era Dinah, la quale non si azzardò neanche ad accennare all'argomento, dopo tutto quello che era successo fra lei e Lauren.
Nonostante fossero passate settimane, ancora non si sentiva la persona giusta per mettere bocca sulle questioni dell'amica, con la remota paura di venire respinta malamente.

Un pomeriggio come tanti, le quattro ragazze erano sedute in soggiorno a casa di una di loro, senza fare nulla di particolare.
Lauren teneva gli occhi incollati al telefono e digitava in modo compulsivo, ma il suo sguardo era vacuo, assente.

«Con chi messaggi, Laur?» domandò Normani, e Ally le lanciò un'occhiata terrorizzata.
La ragazza dalla carnagione scura però non si fece intimidire dal silenzio che seguì, era determinata a scoprire cosa facesse soffrire la sua amica, qualunque cosa costasse.

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