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Daniel

La data del saggio di danza, dopo svariate indecisioni al riguardo, venne finalmente programmata. Primo luglio, il giorno del mio sedicesimo compleanno. Poco male, l'avrei trascorso in modo del tutto differente rispetto agli altri quindici.

I preparativi furono piuttosto intensi e fu necessario allenarsi duramente. Annalisa desiderava o meglio, esigeva che tutto fosse perfetto. Cosí, per un'intera settimana ci vedemmo un giorno si e l'altro pure per un paio d'ore tranne che nel fine settimana. Dovevamo allenarci e iniziare ad allestire il palcoscenico. Non che fossimo indietro, ma c'era ancora tanto da perfezionare e sistemare.

Il saggio era molto complesso e lungo ed essendo in tanti bisognava verificare che tutto fosse al proprio posto, che ognuno di noi ricordasse i propri passi.

In ogni minimo dettaglio, sia noi che Annalisa volevamo fare bella figura. Avevamo lavorato sodo, in quei mesi, e mandare tutto all'aria solo per la mancanza di voglia di allenarsi per la stanchezza era come essere ad un passo da una vittoria finale e gettare la spugna. Così non ci rimase altro che subire, per una decina di ore, pesanti allenamenti e prove talmente ripetitive da finire per sognarle la notte. Il tutto con Annalisa pronta a rimproverarci di non aver fatto bene.
La soddisfazione di aver fatto il nostro dovere, però, si sentiva. E una volta usciti dalla celeberrima palestra, non si poteva che esultare. "Un altro duro giorno era terminato", si pensava tutti in simbiosi.
Ma il fiato era troppo corto per concederci di condividere tale pensiero a parole.

Una volta fuori dalla palestra, un giorno, io e Tommaso decidemmo di uscire assieme nonostante giurammo entrambi di aver sentito le gambe tremare nel percorrere la rampa di scale che ci separava dal lungo corridoio. Eravamo sì stanchi. Ma anche così tanto abituati che la stanchezza non ci avrebbe vinti.

"Dove andiamo?" mi aveva domandato il mio amico, cogliendomi impreparato. Avrei dovuto decidere in fretta per rispondere.
"Idea!" esclamato, schioccando le dita.
"Vieni da me, mangiamo a casa mia. Non c'è nessuno, solo mia madre. E lei sa cucinare benissimo. Ti va?" proposi.
"Sì, ti prego. Sto morendo di fame" disse Tommaso, la mano all'altezza dell'addome, espressione sofferente. Risi per la scena. Era davvero ridicolo. Ovviamente bonariamente.
Era un aspetto positivo che Tommaso avesse sempre fame. Mi avrebbe aiutato a finire anche il mio piatto. Le porzioni che Maria Inés preparava corrispondevano a quelle di due persone e mezzo.

Intanto, mentre ci dirigevamo zoppicando verso la fermata del pullman, cercavamo invano di pronunciare qualche parola sensata. Ma le uniche che riuscivamo a dire e a capire, erano quelle dei testi delle canzoni su cui ci eravamo allenanti costantemente per ore.

"Mi ricordi un sacco mia cugina" disse Tommaso, a un certo punto, quando iniziai a parlare in inglese recitando persino a gesti la canzone che più di tutte avevamo provato.
"Perché?" domandai, osservando la sua espressione ridente, gli occhi vispi e nerissimi.
"Lei si è appena laureata, qualche mese fa. Ha studiato al liceo classico e ha fatto un'università di lettere, credo. Qualcosa di inerente allo studio di greco e latino, ecco. E mi raccontava che, per sostenere degli esami, passava le nottate con una sua amica sui libri. A forza di studiare, sognava in latino e a volte parlava nel sonno in greco, ripetendo intere versioni". Risi. Mi sembrava abbastanza inverosimile, ma lo diedi per veritiero.
"Buffo".
"Già. Ma allo stesso tempo inquietante".
Risi di nuovo.

"Pensi che se non avessi scelto il linguistico ti sarebbe piaciuto studiare al classico?"mi domandò.
"Penso di sì. A me basta studiare e sono felice" dissi, mettendomi le mani dietro alla nuca.
"Davvero?". Tommaso si sporse verso di me.
"Certo. Io amo studiare".
"Anche a me piace. Però se posso farlo il meno possibile, non mi dispiace. Cioè, quello che voglio dire è che andare in una scuola dove non si dovesse fare nulla penso mi dispiacerebbe. Però anche dover passare tutte le vacanze sui libri non mi farebbe piacere".
"No, no. Quello nemmeno a me. Ma tra tutto e niente, meglio tutto". Tommaso annuì.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora