Capitolo 51

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                            Daniel

Quella sua reazione. I passi che s'incamminavano rapidi sull'asfalto, uno dopo l'altro, alternando la destra alla sinistra come un piccolo militare. La testa tenuta alta, che non si voltó neppure una volta verso di me. Le braccia lievemente ondulanti, stese lungo il corpo, davano il ritmo ai passi che, allontanandosi da me, si facevano sempre meno veloci. Quasi come per dire 'oramai, il pericolo è scampato'.
L'osservai senza agire, senza aprir bocca, ma limitandomi a farmi domande più che a ricevere risposte. Perché l'unica conferma che mi diede fu quella di non volerne sapere di me.

Riflessi sulle poche parole che aveva pronunciato in quella breve conversazione in cui gli attimi indimenticabili non furono dati da lunghi discorsi, ma da termini coincisi.
"Fare finta".
"No...".
"Lasciami".

Ancora non capivo. A cosa era dovuto il contrasto fra le sue parole, ferenti come un'arma a doppio taglio ed il suo iniziale gesto, fatto d'un memorabile, tenero momento d' impulsività, forse di debolezza? Ero certo di essere caduto nella confusione più totale.

In un momento inaspettato, probabilmente in primo luogo per lui stesso, mi aveva baciato. Ed un minuto dopo era pronto a rifiutare ogni mio gesto di tenerezza nei suoi confronti.
Che cosa pensava, di me? E cosa avrebbe pensato a partire da quel momento?
Che cosa aveva capito, cosa aveva inteso di male che potesse fargli mutare atteggiamento nei miei riguardi in cosí pochi istanti?

Volevo chiarire. Fra noi non sarebbe potuta finire lì. Era tantissimo tempo, ormai, che andava avanti cosí e non ce la facevo più. Volevo arrivare ad una conclusione definitiva, porre chiarezza riguardo al nostro inusuale rapporto. Cos'eravamo, noi due?
Non m'importava se ne fosse venuto fuori un dramma, se la nostra relazione venisse malamente troncata di punto in bianco, se il mondo mi cascasse addosso nello scoprire che lui non volesse più saperne di me.
Io volevo, dovevo conoscere i suoi più profondi pensieri su di me.

Il giorno successivo non ebbi modo di parlargliene, per quanto fosse importante farlo, a scuola.
Ero stato preso nella squadra di pallavolo della scuola e a causa di una gara ero stato via per quasi tutta la giornata, arrivando in classe solo per l'ultima ora, durante la quale non potei scambiare nemmeno una parola con lui, mio vicino di banco.
E ciliegina sulla torta, quando mancavano venti minuti alla fine delle lezioni, la bidella irruppe in classe, annunciando che lo zio di Andrea fosse venuto a prenderlo per una visita medica.

"Dannazione, e adesso come faccio? Non posso neppure parlargli all'uscita da scuola, se lui esce adesso" riflettei, chiedendomi se fosse il fato ad ostacolare ogni nostro imminente chiarimento.
Poco male. Avrei avuto ancora un po' di tempo per chiarire con lui.
E gli avrei parlato nella giornata successiva.
Chissà se avessimo avuto l'occasione di discutere e niente piú ci avrebbe ostacolati...

Per fortuna, nonostante il mio pessimismo al riguardo, ogni cosa andó per il verso giusto. Sia io che lui fummo presenti il giorno dopo ritrovandoci seduti, l'uno accanto all'altro come ogni giorno, ad osservare i nostri compagni chiacchierare animatamente immersi in un silenzio tombale che circondava solo noi due, i protagonisti. E ticchettare le dita sul banco, tossire nervosamente, roteare gli occhi, non rendeva più piacevole la tesissima situazione.
Ne approfittai, così, per raggiungerlo non appena lo vidi precipitarsi fuori dalla classe di corsa, quando la campanella che annunciava la fine della giornata rimbombò fra le scrostate pareti dell'aula; forse lo fece per sfuggire a me che, nel mio osservare un punto alla mia sinistra, verso la finestra, spostai tutto ad un tratto gli occhi su di lui, provando as aprire bocca dopo aver notato che lui non avesse la minima intenzione di farlo.

                           Andrea
Nel cammino verso la libertá, tornai a casa confuso, le mani in tasca, le cuffiette bordeaux nelle orecchie, la mente annebbiata.
Non ero più riuscito a capire qualcosa dal momento in cui la situazione si era ribaltata, ovvero da quando il suo bacio aveva preso il sopravvento sul mio bloccando ogni mia prepotente azione in quel momento.

Per un duraturo periodo in giornata riflessi a tal punto da arrivare a produrre un pensiero contorto: il voler tentare di dimenticarmi il prima possibile di lui. Era tutto un errore, quello che era successo tra noi da quando ci eravamo conosciuti, errori fatti di menzogne perdonate da parte mia e di attese interminabili con finali insensati da parte di Daniel.
Ma un momento dopo ero pronto a cambiare idea e a credere che mi trovassi ad un passo dal toccare il cielo con un dito. E non avrei potuto gettare la spugna in quel momento, quando ero così vicino ad ottenere quello che avevo sempre desiderato.
Ma era davvero Daniel, ciò che desideravo? O era un capriccio causato da noia, da mancanza di affetto o un'infatuazione dovuta alla sua bella presenza?
No, io ero innamorato sul serio di lui. E mi stupivo da solo di come potessi mettere in dubbio i miei sentimenti soltanto per cercare, in ciò, la soluzione del problema passeggero.
Però ero sicuro di una cosa: non sarei stato io a cercare Daniel per parlargli. Era lui che doveva darmi delle spiegazioni. Le sue reazioni erano state del tutto inaspettate ed inspiegabili.
Ero così spaventato, quasi terrorizzato nel condurre la mia mente al pensiero di un nostro futuro assieme. Come sarebbe proseguito, come sarebbe mutato il nostro burrascoso rapporto?

Forse nulla sarebbe tornato ad essere com'era stato in precedenza.
Le cose sarebbero sicuramente andate peggiorando. Io non sapevo più chi fosse lui. E lui, forse, vedendomi sempre come una persona spontanea, non si sarebbe mai aspettato una reazione simile, un rifiuto, un allontanamento richiesto da parte mia. Ma non volevo essere preso in giro. Volevo che lui fosse sincero, con me. Volevo parlare con lui per chiarire, non per farmi infatuare da qualche bella parola che potesse persuadermi e spingermi a credere che lui non fosse colpevole. Sapevo che se io stavo male, la colpa era soltanto sua.
La mia intenzione sarebbe stata quella di farmi dire, in maniera veritiera, come stessero davvero le cose fra noi.

Ormai, erano passati più di sei mesi da quando era venuto a conoscenza dei sentimenti che provavo nei suoi confronti. E la sua ultima reazione mi aveva fatto credere che mi stesse soltanto illudendo.
Ma forse non era così. In fondo, ciò che mi aveva fatto perdutamente innamorare di Daniele erano state anche la sua lealtà e sincerità.
E quindi perché mettere in dubbio una sua spontanea reazione, quel bacio ricambiato cosí fortemente desiderato da me?
Forse era davvero stato sincero.
Forse il suo modo irriverente di baciarmi, quel giorno, era soltanto stato un modo di sdrammatizzare e non far calare un'atmosfera di tensione e freddezza fra noi, che di sicuro non sarebbe stata d'aiuto, dopo la prepotenza con cui agendo avevo già causato danni. Però era anche ovvio che non potesse pretendere una reazione positiva da parte mia. Chi se lo sarebbe aspettato? Non penso che, in una situazione del genere, sarei stato l'unico a rimanere all'erta.

Avevo troppi pensieri per la testa.
Ogni cosa a cui pensavo dava luogo a mille contraddizioni. I pensieri si accavallavano contrastanti, una cosa era l'opposto rispetto a ció che avevo pensato cinque secondi prima. Erano come poli magnetici, uno positivo ed uno negativo.
Ma è anche vero che questi poli opposti, messi ad una minima distanza l'uno di fronte all'altro, non possano proprio evitare d'unire le proprie superfici diventando un tutt'uno troppo difficile da scindere.
E forse poteva esistere qualche collegamento fra tutte le ipotesi a cui, nella mia mente, avevo attentamente  dato origine.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora