Capitolo 50

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Andrea

A partire da quella volta, le cose mutarono inesorabilmente.
Da quel momento, fu Daniel a cominciare a venirmi dietro come io avevo fatto per settimane, mesi. Quasi un anno.
Ma ciò non avvenne nell'immediato; soltanto dopo aver capito che io non avrei avuto più la minima intenzione di fargli il filo nemmeno per mezzo minuto.

Per una settimana intera non ci parlammo; nè un saluto, nè un sorriso per i quali io morivo. E per tutta la nostra classe, le fredde reazioni che avevamo non appena venivamo a contatto come due calamite, per quanto cercassimo di starci lontani, fu come uno scandalo.
Tutti sapevano che eravamo uniti come con la super colla. E ci riempivano di domande per sapere cosa fosse mutato.
"Ma voi due non siete più amici?" mi aveva domandato un giorno un mio compagno.
"Come mai non vi parlate più?" avevano invece domandato a Daniel.

Io non davo spiegazioni. Mi limitavo soltanto a spiegare che avevamo avuto un disguido, nulla di grave, senza entrare troppo nei dettagli. Odiavo dover dare spiegazioni a chi non c'entrasse nulla nelle faccende e s'intromettesse non tanto per aiutare noi, quanto soddisfare la propria vena di curioso.

Daniel, non avevo la minima idea di cosa raccontasse. Ma penso che, anche lui come me, non dicesse granché. Rimaneva sulle sue, sempre un tipo riservato a livelli estremi. La sua serietá era in grado di stroncare qualsiasi persona cercasse d'infastidirlo e d'invadere la sua privacy.
E da quel momento, le domande per lui, non poterono fare alteo che raddoppiare nonostante lui avesse cercato di ottenere il contrario.
"Ma sei arrabbiato?" chiedevano di conseguenza. Tutti erano affezionati a lui e vederlo così taciturno e freddo destava sospetti da ogni lato.

In realtà, l'unico che avesse il diritto di mettere il broncio fra noi due, ero io.
Lui era stato colpevole del suo comportamento durante tutto il semestre. E la ciliegina sulla torta l'aveva messa quel tredici marzo.
Daniel non era mai stato così. Quel suo atteggiamento, quel giorno, mi aveva fatto pensare che forse potevo non essere più innamorato di lui. Aveva cambiato comportamento. E forse non si trattava di una cosa passeggera, ma di un mutamento decisivo. Magari era vero quello che credevo, cioè che forse stava cambiando e che non sarebbe tornato ad essere quello di prima, quello che ormai non vedevo da un po'. Un po' tanto, per i miei gusti.

Allo stesso tempo non potevo credere di volermi davvero allontanare da lui. Ero follemente innamorato del Daniel che avevo avuto modo di conoscere in tutti quei mesi, giorno dopo giorno.
Ero dipendente dal suo sorriso, innamorato del suo ciuffo ribelle, dei suoi occhi rassicuranti, dei suoi modi di fare, del suo modo di vedere il mondo, di affrontare le difficoltá, della disinteressata gentilezza che mai avevo trovato in un ragazzo, della sua naturalezza, della sua dolcezza.

Non avrei mai potuto rinunciare a tanta perfezione. Lui per me era come i principi azzurri nelle storie. Solo che, invece che essere inventato, esisteva davvero.

E se il suo comportamento fosse dovuto al mio? E fosse solo una conseguenza di qualcosa che gli avevo fatto, senza volere, che a lui non piacesse?
Perché in quel periodo mi ero impegnato al massimo per essere come lui voleva. Cioè me stesso. E se si fosse accorto che questo 'me stesso' non gli piacesse ed avesse deciso in modo drastico di trattarmi male per farmi stufare di lui e farmi allontanare?
No, non sarei mai riuscito ad allontanarmi da lui. E allora avrei fatto un'altra cosa. Avrei continuato ad essere me stesso, come lui voleva, e avrei visto se le cose sarebbero mutate.
Anzi, decisi di fare quello che avrei dovuto fare parecchio tempo fa.
Gli avrei parlato di quello che provo per lui. Gli avrei ripetuto che ero innamorato di lui.
No.
Io e lui avevamo stabilito una sorta di patto.
Ora ricordo.
A settembre.
Non era un patto esplicito, con strette di mano o cose del genere. Era una cosa che avevamo deciso parlandone quella sera.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora