Capitolo 43

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       Dedico questo capitolo a:
@HaichiDKudo
@Unicorno-Rosa

Che sono le persone che in questa seconda fase di Andriel mi spingono ad andare avanti con i loro commenti, consigli e complimenti :)

Grazie ragazze♡
Spero vi piaccia!

  Andrea

Chiamai Daniel in un momento di panico.Non riuscivo proprio a calmarmi. Sapevo che non mi avrebbe risposto, era ormai la mezzanotte, ma volevo almeno provare. Avevo bisogno di tentare di chiedere aiuto.

Avevo il respiro affannoso, non riuscivo a prendere fiato. Il mio ventre si contraeva rapidamente, l'aria, nonostante fosse abbondante nella stanza, penetrava nella narici senza farmi riprendere fiato.

Digitai il suo numero con le dita sudate, tastando le cifre rapidamente, poi avviai la chiamata. I miei, quella sera, erano fuori casa, per fortuna. Erano andati a casa di una zia che si era sentita poco bene.
Da solo, in quel momento, sentivo più a mio agio nonostante fossi pervaso da un intenso senso di malesse. Potevo emettere dei gemiti che compensassero il dolore al petto che aveva sostituito il solo respiro faticoso, senza che venissero a vedere cosa stessi facendo. Si sarebbero preoccupati per qualcosa a cui mai avrei dato spiegazioni al riguardo. Sia perché non volevo, sia perché non l'avrei potuto spiegare.
Potevo respirare profondamente senza che mi udissero. In loro presenza sarei probabilmente soffocato.

Attesi cinque squilli. Poi, assalito dai sensi di colpa, staccai il telefono all'orecchio e feci per allontanarlo. Ero sul punto di interrompere la chiamata quando una voce assonnata rispose.
"Pronto?". Mi stava parlando...
"Daniel..." sussurrai con voce rotta dal pianto.
"Hey, cosa succede?" mi domandò, alzando il tono di voce. L'avevo chiaramente fatto preoccupare

"Daniel..." continuai. Scoppiai a piangere.
"Mi sto preoccupando. Dimmi, amore. Cosa ti succede? Perché piangi?".
Non riuscivo a smettere di singhiozzare.
"Ande... ti prego, parla. I tuoi sono lì?".
"No, no..." sussurrai, tremante.
"Sei solo quindi?".
"Sì".
"E cosa ti succede?".
"Ti prego...vieni" supplicai.
"Dove?".
"Qua".
"Ad...adesso?".
"Sì...ti prego". Attaccai la chiamata. Sentii il mio corpo crollare. La mano lasciò cadere il telefono. La voce gemette, rauca. I miei occhi non videro più nulla.

Daniel

Guardai l'orologio. Erano le dodici meno un quarto. Non dissi nulla, nè pensai a nulla.
Non volevo fare il cretino e dirmi, scoccuato 'ma a quest'ora, chi me lo fa fare?'. Non mi serviva. Avevo capito che stesse vivendo un momento di grandissimo disagio. E che aveva davvero bisogno di me per chiamarmi e farmi una richiesta del genere.
"Va bene" risposi. Non domandai neppure cosa gli stesse succedendo. Avevo inteso che volesse parlarne di persona.

"Pronto?" domandai.
"Ande, sei lì?". Andrea non era più in linea. Il telefono emetteva un ripetitivo suono.
tu tu tu tu tu...

Saltai giù dal letto in malo modo. Ero fortunato che mia sorella dormisse sempre cone un ghiro e il rischio di svegliarla era praticamente pari a zero.
Cercai a tentoni l'armadio, al buio. L'aprii, estrassi i jeans che riconobbi dalla tasca sul retro ruvida, presi una maglia a caso e arrivai davanti alla porta, aprendola il più silenziosamente possibile. Poi mi diressi con passi felpati in bagno.

Mi cambiai frettolosamente. Mi lavai il viso, i denti, mi pettinai.
Quando mi fui preparato, arrivò la parte più complicata: cercare un paio di scarpe nella scarpiera fra le migliaia di mia sorella e mia madre senza fare casino. Dopo qualche istante di ricerca raggiunsi il mio obiettivo.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora