Capitolo 57

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Si odia solo quello che
non si conosce.

Daniel

Finalmente. Finalmente era arrivata la data che aspettavo da così tanto da aver perduto la cognizione del tempo nonostante l'orologio non avesse mosso la sua posizione dal mio polso, perennemente stretto dal laccetto turchino del mio compagno di viaggio; ovunque mi trovassi, a scuola di mattina, a casa di pomeriggio e nel letto perso fra i sogni, la notte, era sempre con me.

Finalmente, io e Andrea eravamo ciò che entrambi avevamo sempre desiderato essere l'uno per l'altro. Era ufficiale. Non era più un'amicizia. Avevamo varcato quella frivola soglia, così sottile da non esserci resi conto che per varcarla mancasse solo un ultimo, piccolo passo: un sì. Un sì di conferma, perché cosa fossimo lo sapevo entrambi, in fondo al nostro cuore, ormai da tempo.

Nessuna litigata, nessuna incomprensione, nessun giro di parole avrebbe ostacolato un rapporto che sarebbe dovuto già coesistere sin dall'inizio. Perché fra me e Andrea c'era stato già da subito, un' infatuazione elevata all'ennesima potenza che ci impedisse di rimanere distanti nonostante le nostre parole, uscite vorticosamente e ripetutamente dalle nostre labbra tremanti, nel momento del decidere sul da farsi, recitassero il contrario.

"Non voglio più avere a che fare con lui" era la frase che mi balenava nella mente con esponente più elevato ogni qualvolta Andrea pronunciasse qualcosa che mi facesse percepire che, ancora una volta, ci stessimo allontanando dall'essere ad un passo da una vicinanza quasi paragonabile ad aderenza reciproca.

Ogni incertezza era stata abbandonata, i sentimenti più veritieri e profondi si erano fatti spazio in mezzo all'inutile orgoglio nato dalla voglia di combattere contro di essi, pur essendo consapevoli che avremmo perso dal principio.

Ogni 'bisticcio', come li aveva simpaticamente definiti mia madre, era stato dimenticato, ogni fraintendimento scordato come un numero di telefono dettato a raffica a voce, giusto per memorizzarne istantaneamente le cifre e poi non farsene più nulla.

La malriuscita freddezza dei nostri sguardi nelle ultime settimane, quelli che gridavano di incrociarsi ancora una volta, aveva lasciato posto al calore delle nostre labbra che, unite, avevano finalmente dato vita ad un bacio desiderato da entrambi.
Era tutto ciò di cui avevamo bisogno. Un bacio sincero.

Era incredibile di quanto poco tempo avessimo necessitato per distruggere un bellissimo rapporto, arrivando a non parlarci per paura di essere fraintesi, di non sfiorarci per paura di scottarci a contatto con il nostro rispettivo sole: la nostra dolce metá.
La paura di non cercarci perchè ciò che contava, in quel momento, era mostrare una presunzione che non faceva parte della natura di nessuno di noi. Ma soprattutto, il timore di baciarci per risultare banali nell' esporre la parte più debole di noi: i sentimenti puri, la voglia di lasciare che le nostre bocche venissero a contatto come avevano fatto le parole di sconforto che ci eravamo riversati contro in maniera reciproca nelle ultime, durissime settimane.

Ricordo ancora di quando Andrea, di fronte a me, in un banale pomeriggio extra scolastico, si ritrovó a sorridermi, ad illuedermi che un 'ti amo' sarebbe presto uscito dalla sua bocca. Ed invece imprecó, distruggendo il velo di ingenua fantasia che aveva oscurato la mia mente portandomi a credere che sì, ce l'avessi fatta.
Ma l'unica cosa che avevo ottenuto era il suono di una parola che con la sua voce mai, come quella volta, potè ferirmi nel profondo.

Forse avevamo ritenuto che mantenere le distanze per un po' fosse la cosa più saggia da fare. Ma avevamo finito per concludere come avevamo iniziato: uniti come la super colla, inevitabili l'uno per l'altro, desiderati agli occhi altrui come un sorso d'acqua in un infinito deserto di sabbia polverosa e incolore, lontana miglia da una florida oasi fonte di vita.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora