Capitolo 11

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È più facile essere estroversi e fingersi timidi, che essere introversi  e fragili e fare finta di essere sicuri di sè.

                          Daniel
La stessa sera telefonai a Tommaso per parlare. Parlare di cose noiose, cose comuni. Proprio com'eravamo soliti fare.
Tra amici passavamo bei momenti, ma anche altri talmente banali che a me , delle volte, mi pareva di aver vissuto una vita intera con lui.
Ció per cui lo chiamai, principalmente fu per la situazione vissuta lo stesso pomeriggio; perciò decisi di chiamarlo in orario insolito, alle undici di sera, quando ormai giá solitamente dormivo. Ero troppo in ansia per attendere il giorno successivo.

"Ciao, Dane!" mi accolse la voce allegra del mio amico. Avere una persona che ti accogliesse con quel tono nonostante le molestie in tarda serata da parte del sottoscritto era fantastico.
"Hey, Tom. Tutto okay?".
"Sì, abbastanza. E tu?".
"Anche io" dissi a bassa voce, mentendo.
"Non ci credo. Hai un tono di voce strano..." Oh, dannazione. O ero io a mentire troppo evidentemente, oppure era lui a capire in maniera troppo immediata che stessi raccontando frottole.
"E va bene" gli confessai.
"Hai ragione" aggiunsi poi.
"Ho un'ansia piuttosto...persistente" specificai.
"Per questo ti chiamo".
"Dovuta a cosa, di preciso?".
"È p-per Andrea" balbettai, imbarazzato.
"Oh. Beh, ti capisco. Anche io non smetto di pensarci un attimo. Ho sempre la mente occuoata a pensare a lui".
"Siamo messi bene". Mi misi una mano sulla fronte. Non era possibile che quel ragazzo ci avesse condizionati così tanto da impedirci di sostenere una conversazione senza parlare di lui.

"Già. E meno male che c'è il weekend, che ci permette qualche distrazione. Fosse stato durante la settimana, magari un lunedì, penso mi sarei già sparato". Non ebbi la forza di ridere. L'ansia vinceva sulle battutine rinfranca spirito del mio amico.
"Cosa c'entra? Siamo in vacanza. Ormai lunedì o sabato non conta!" esclamai, divertito.
"Giá...ma ecco, lunedì è sempre lunedì". Storsi la bocca, alzando un sopracciglio.
"Va be, lasciamo stare" dissi, in parte divertito.
"E a cosa pensi, quando pensi ad Andrea?" domandai, tornando sull'argomento.
"A un sacco di cose complesse, tutte mescolate fra di loro". Gesticoló con le mani, agitosamente.
"Del tipo?".
"Ad esempio a quanto sia stato bravo a mentire".
"No, la verità è che siamo noi che siamo stati troppo ingenui".
"Ma Daniel, rifletti un attimo. Non potevamo saperlo, noi. Non c'era alcun indizio che ci potesse portare ad aprire gli occhi". Riflettei in silenzio.
"No?" mi invitò a rispondere Tommaso.
"Boh" bofonchiai, poco convinto. Silenzio.
"Ma tu non provi in ogni caso un senso di colpa verso te stesso?".
"Per cosa?".
"Non so. Magari per non averlo capito prima. O per aver lasciato che Andrea si prendesse gioco di noi".
"No, diciamo che non è senso di colpa. È più un rimorso".
"Capito".
"Ma secondo te perché l'ha fatto?" mi chiese, lasciandomi senza parole valide per poterglielo spiegare in modo esaustivo.
"Non ne ho la più pallida idea. È la stessa domanda che mi sto ponendo io da almeno cinque ore".
"Siamo entrambi suoi amici, perché fare questo doppio gioco nei nostri confronti?".
"Chi lo sa".
"Ma poi non c'è nessuna spiegazione valida. Nessuna".
"Giá".
"Daniel, perché queste risposte? Non ti sento bene...tu di solito parli tanto. Adesso sei così...taciturno!".
"Nulla. È che davvero, non so che dire".
"Tu Andrea lo conoscevi come Fernando, vero?".
"Sì, diceva di chiamarsi così".
"E con te come era solito comportarsi? Cosa facevate assieme?".
"Era un ragazzo timido, introverso, a tratti impacciato, taciturno. Parlava poco, ma era gentile e sorridente, ogni tanto. Le altre volte era serio" dissi, trovandomi a dare spiegazioni banalissime. Mi sentivo un bambino di cinque anni che stesse descrivendo il suo amichetto del cuore.
"E dimmi, cosa ti raccontava sulla sua vita?".
"Praticamente non sapevo nulla. Non ricordo nemmeno niente, delle poche cose che mi disse. Be', che aveva una cotta per un ragazzo e che odiasse la danza. E che gli piacessero gli animali, ma che i suoi genitori fossero allergici al pelo di cani e gatti per potergliene comprare uno. Stop". Rise.
"Che strano. Perché ricordi proprio questi dettagli?".
"Boh. Sará perchè amo la danza e gli animali. Non lo so, Tommaso. Non lo so" dissi, un po' scocciato.
"Capito, capito" cercó di sorvolare sulla mia reazione poco cortese.
"Perché queste domande?" chiesi, stupito.
"Nulla. Sto indagando".
"Oh". Appoggiai il palmo della mano contro la guancia, stropicciandola.
"E sei mai andato a casa sua? Cioè, sai dove abiti?".
"Ma che ne so, un giorno mi ha portato in un posto sperduto. Bello eh, per carità, ma immerso nel nulla".
"Come...come a me!" esclamò Tommaso, schiocando le dita.
"Cosa?".
"Sì. Dopo ti racconto. Ma dimmi qualcosa in più su Fernando".
"Cosa vuoi che ti dica?".
"Non lo so. Come si vestiva di solito?".
"Con cose semplici, tipo jeans, felpe e scarpe da ginnastica. E ogni tanto un berretto di lana".
"Capito. Be', il totale opposto di Andrea".
"Già".
"Andrea con me è sempre stato diverso da come Fernando si è presentato a te".
"Cioè?".
"Un ragazzo spavaldo, allegro, sicuro di sé, determinato, estroverso e a tratti malizioso, molto scaltro e intelligente". Ascoltavo attentamente il mio amico per cogliere ogni particolare che descriveva di Andrea.
"Poi si veste sempre bene, lo hai visto no? Roba firmata e costosa, sempre in ordine e ogni giorno con degli abiti nuovi".
"Sì, l'avevo notato".
"Comunque prima ti stavo dicendo che anche a me ha portato in un posto sperduto. E poi mi invitò a casa sua".
"E com'è?".
"Una villa a due piani. Bella, molto accogliente".
"Capito" risposi secco.
"Altro?".
"Non saprei. Oh, anche Andrea, come ben sai, è omosessuale".
"Fernando e Andrea avevano alcuni punti in comune".
"Pochissimi. Sono praticamente due persone opposte. Andrea, o Fernando, è stato bravo a creare questi due personaggi. O anche fosse uno solo, è stato comunque in gamba".
"Secondo te esiste Andrea o Fernando? O forse ce ne è un terzo e sia Andrea che Fernando sono stati una montatura?".
"Non te lo so dire. Andrea, o Fernando, dice che esiste Andrea. Dalle caratteristiche di loro che sono emerse dalle nostre descrizioni, spero esista Andrea. Fernando mi sembra più... piú triste, come persona, rispetto ad Andrea. Andrea è uno spasso!" esclamò, entusiasta. Sorrisi.
"Secondo me è così. Anche perché poi è più facile essere estroversi e fingersi timidi, che essere introversi e fragili e fare finta di essere sicuri di sè".
"Hai pienamente ragione" dissi.
"Ma la cosa che non mi spiego è perché alcune cose coincidano".
"Beh, Daniel. Tieni conto che è difficile non essere sè stessi nemmeno all'uno per cento".
"È vero".
"Può essere che qualcosa gli sia sfuggito dalla bocca".
"Oppure che ci abbia messi alla prova per vedere se noi ci accorgessimo di qualcosa e aspettava che fossimo noi a farglielo notare..." conclusi, lasciando Tommaso senza più nulla da dire.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora