Capitolo 18

245 46 2
                                    

                          È proprio vero che quando si è concentrati a fare qualcosa il tempo scorra senza che ce ne possiamo rendere conto.

                          Daniel

Ben presto arrivò il giorno del saggio. Primo luglio, nonchè mio compleanno.
La situazione era strana. Era stato anticipato di un giorno per poi essere posticipato, tornando nuovamente alla data prestabilita.

Quel giorno, per me, era speciale. Compivo sedici anni.
Non ne sapevo il motivo, ma raggiungere la tappa dei sedici anni mi faceva un certo effetto. Forse perché sedici anni, in America (Stato a cui ero molto affezionato per via di serie tv che seguivo e numerosi viaggi fatti nella prima fanciullezza con mio zio), si è oramai maggiorenni e si può avere la patente e fare un sacco di cose.
Oltretutto mi faceva sentire molto diverso. Avevo terminato la prima quindicina. Mentre prima ero a metà fra i dieci ed i venti, adesso mi ritrovavo ad essere prossimo ai venti.
"Ti ci abituerai" mi aveva detto Andrea, che gli anni li compiva prima di me. Anche lui era nato il primo del mese, a maggio.
"Eh be'. Spero proprio di sì" avevo risposto, dubbioso della possibilità che davvero ci potessi fare l'abitudine.
"Prendila con filosofia. Hai trecentosessantaquattro giorni per poterlo fare" aggiunse, poi, facendomi pensare che avevo effettivamente tempo e potevo prendermela con calma.

Ad assistere allo spettacolo era venuto anche lui, come la prima volta. Ma questa non per Fabio. Ma per Tommaso. E soprattutto per me.
"Buona fortuna" mi augurò nello spogliatoio del teatro, dietro le quinte, mentre ero prossimo ad avviarmi verso il palcoscenico.
Sospirai.
"Grazie". Poggiò una mano sulla mia spalla, per poi dirigersi verso la sala, doveva mia madre gli aveva riservato un posto accanto a lei, in prima fila. Mia sorella era anche lei davanti, stretta fra loro due. Con  il braccio ingessato faceva un po' pena. Sembrava fosse voluta venire a tutti i costi ad assistere allo spettacolo, superando mille ostacoli.
Ma lei, invece, non sembrava proprio subire alcuna sofferenza. Eccola lì, a sorridere ad ogni battuta che Andrea le riservava. Era molto carino con lei.
Assistevo alla scena con le braccia conserte ed un sorriso stampato in volto attraverso il tendone del palco, sbirciando da un lato. Pareva fossero loro, i protagonisti dello spettacolo.
"Daniel?" sentii chiamarmi con tono interrogativo. Rimasi immerso nei miei pensieri.
"Daniel!". Sobbalzai.
"Ohi!". Mi girai di scatto. Era Tommaso.
"Cosa fai lì? Tra meno di un minuto dobbiamo entrare in scena" disse, facendomi tornare alla realtà, fatta di grandi tensioni e batticuori inarrestabili.
"U-un minuto?" chiesi, mettendomi le mani sul viso, trascinando la pelle delle guance verso il basso.
"Sì. Dai, che Annalisa ci sta aspettando".
Scosse il braccio, invitandomi a raggiungerlo.

Poco dopo, la musica iniziò a rimbombare, attraverso le casse, per tutta la sala. Era un chiaro segno che a momenti saremmo dovuti entrare in scena.
Io e Tommaso ci lanciammo un'occhiata di intesa, prima di separarci. Per lo spettacolo saremmo stati divisi, io davanti a sinistra, lui a destra.
La coreografia era piuttosto complicata, ma ci eravamo esercitati tanto. Perché preoccuparsi? Nulla sarebbe potuto andare storto...

Il pubblico iniziò ad applaudire per darci sostegno, all'inizio e alla fine per congratularsi, senza interruzione. Alcuni invitati arrivarono addirittura ad alzarsi tra cui, prima fa tutti, mia madre. Per lei fu inevitabile gridare un "bravo!" in mio onore.
Ogni tanto mi domandavo cosa le costasse mantenere una certa discrezione nei miei confronti. Le lanciai un'occhiata che la obbligò ad applaudire soltanto.
Mia sorella fece lo stesso, limitandosi a scuotere una mano contro il gesso che impediva il movimento dell'altro braccio.
Sorrisi, voltandomi verso Tommaso. Era stato un successo. Mi rivolse un pollice verso l'alto. Annalisa, dietro le quinte, ci osservava attentamente come aveva fatto durante tutta la nostra esibizione.
Eravamo tutti entusiasti.

Annalisa ci raggiunse, avvicinandosi al microfono che era stato portato al centro del palco, prendendo parola.
Ringraziò calorosamente tutti per essere venuti ed aver assistito allo spettacolo e soprattutto il corpo di ballo, noi.
Poi fu la volta dei ringraziamenti ai gestori della palestra e a tutti coloro che avevano reso possibile la realizzazione del saggio.

Il tempo passò più in fretta di quanto potessi mai immaginare. È proprio vero che quando si è concentrati a fare qualcosa il tempo scorra senza che ce ne possiamo rendere conto.
E a migliorare la situazione ci fu anche la grande passione che ciascuno di noi aveva messo nella realizzazione di quel saggio.

Finito lo spettacolo andammo tutti a cambiarci. Io e Tommaso eravamo super entusiasti. Fu impossibile impedirci di fare baldoria, schiamazzando. Annalisa fu sorpresa della nostra reazione, eravamo ragazzi piuttosto pacati e discreti. Ma non potè vietarci di fare casino in quella minuscola saletta. In fondo, durante le lezioni eravamo gli unici a fare sempre i seri. E a forza di contenere la nostra energia, finimmo per fare più baccano di quanto non avevano mai fatto durante tutto l'anno neppure i compagni di banda di Fabio.

Una volta rivestitomi, mia madre mi aspettava, assieme con mia sorella, all'uscita dello spogliatoio. Fui sorpreso di vederla lì.
"Ciao, mamma" esordii.
"Ciao, Daniel. Siete stati bravissimi" disse subito, congratulandosi con me.
"Grazie".
"Auguri, amore mio". Si avvicinò a me e mi schioccò un bacio sulla guancia, lasciandomi lo stampo delle sue labbra carnose coperte interamente da un rossetto color ciliegia.
"Scusami". Estrasse dalla sua borsa un fazzoletto e me lo porse. Mi pulii la guancia, sorridendo.
"Nulla".
"Cosa ti va di fare?" domandò, rompendo il silenzio.
"Non lo so" presi tempo.
"Pensavo di fare un giro con Tommaso, il fratello, Andrea e se vuole venire, anche Vanesa" dissi poi, spontaneamente.
"D'accordo. Ma Vanesa sta a casa". Si volse a guardarla, seria.
"Mamma, perché?" si lamentò subito lei.
"Non è il caso che tu esca".
"Perché no?" chiesi, leggermente indispettito. Ci tenevo venisse. Inés sospirò. Poi prese parola.
"Te la senti?" domandò a mia sorella.
"Sì, certamente" rispose lei, convinta.
Sorrisi, contento. Ci tenevo a passare il pomeriggio in sua compagnia dopo una mattinata pesante trascorsa in palestra. Almeno così le avrei anche fatto conoscere i miei amici. Era da tanto che cercavamo di organizzare un'uscita tutti assieme.
"Va bene. Allora poi per che ora pensate di tornare a casa?".
"Per le nove?".
"No, Daniel. È troppo tardi" si lamentò mia madre.
"Otto meno dieci?" proposi, ironicamente
"Non scherzare. Facciamo sette e mezza".
"Mamma, ma sono quasi le sei!".
"Non importa. Quando festeggi con me? Vorrei averti un po' a casa, oggi. In fondo è il tuo compleanno e volevo passarlo con te, per un po' ".
"Va bene". Sorrisi.
"Cosí posso anche approfittarne per darti il mio regalo". Arrossii.
"Mamma, non voglio che tu mi regali nulla. Io ho già tutto. Una bellissima famiglia, una bellissima casa, mille passioni che grazie a te posso coltivare liberamente...".
"È giusto che sia così. Io ti dò solo quello che un figlio come te possa meritare". Abbassai la testa, sorridendo.
"Adesso devo andare. Passate un buon pomeriggio, ragazzi" disse, avviandosi frettolosamente verso l'uscita dell'edificio.
Le cose che aveva detto mi avevano lasciato molto su cui riflettere. Aveva speso parole bellissime per me.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora