Capitolo 63

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In fondo, poteva capitare a tutti di passare un momento in cui l'unica cosa ad essere fortemente desiderata era la solitudine.

Daniel

Dalla nostra ultima uscita non vidi Andrea per qualche giorno. Quel venerdì era stato l'ultimo giorno in cui ebbi modo di stare con lui. Il fine settimana che vi seguì fu molto lungo. E così, anche la settimana scolastica parve non arrivare mai al termine. Senza la sua compagnia, la monotonia prendeva il sopravvento e riusciva a far sembrare le sei ore quotidiane un tempo talmente lungo da non poter essere neppure calcolato.
Andrea era stato assente anche a scuola, per ben cinque giorni consecutivi.

Pensai si fosse trattato di un'influenza, una cosa frivola e passeggera; quindi decisi di non chiamarlo, per evitare di turbarlo. Gli mandai piuttosto un messaggio. Non volevo infastidirlo, magari aveva solo bisogno di riposare. In fondo, poteva capitare a tutti di passare un momento in cui l'unica cosa ad essere fortemente desiderata fosse la solitudine, il completo abbandono a se stessi ed ai pensieri che sovrastassero la propria mente in un momento in cui le riflessioni parevano poter essere le uniche soluzioni e compagne, al posto di un'affollata massa di persone pronte a domandarti cosa ci fosse che non andasse.

"Ciao, Ande. É Tutto okay?
Sei influenzato? Se sí, spero
tanto che tu ti rimetta presto.
Mi annoio a scuola senza di te".

Il tempo che passò dalla mia formulazione del messaggio da inviare alla sua risposta non fu nemmeno di un minuto. Mi sorpresi per la rapidità con cui avesse digitato quelle quattro parole senza aver neppure fatto un errore di battitura. In un attimo paranoico mi domandai il perché non fosse stato altrettanto rapido nel tornare a scuola dopo una settimana di tempo in cui chiunque si sarebbe ripreso da un momento negativo, sia fisico che psicologico.

Mugugnai sentendo il cellulare, schermo all'ingiù, vibrare rumorosamente. Mi sporsi dal divano su cui stavo stravaccato con le gambe volgarmente divaricate e afferrai il telefono che vibrò di nuovo per due volte fra le mani che, fino a poco prima, avevano stropicciato i miei occhi nel vano tentativo di scacciare la stanchezza provocatami dal sonno arretrato dalle ultime, faticose settimane scolastiche. A causa dell'intenso studio fino a tarda sera, finivo sempre per dormire poco la notte e ritrovarmi distrutto giá all'uscita da scuola. E nulla avrei potuto contro la mia ingente voglia di fare una penichella di mezz'ora al pomeriggio, cosa che, per questione di principio, ritenevo una perdita di tempo.

'Hey, Dane. Tu come stai?
Grazie per avermi scritto.
Non è tutto okay, purtroppo.
E non è la febbre'.

Feci che leggere anche il successivo.

'Mi dispiace. Poi ti racconto'.

Inizia a preoccuparmi seriamente dopo che ebbi realizzato che il suo assenteismo, a differenza di ciò che mi ero costretto a credere fino a quel momento, non fosse causato da una banale febbricola.

Scrissi il più in fretta che potevo un altro messaggio, chiedendogli cosa gli stesse succedendo. Mi domandai ripetutamente perché non me lo avesse detto esplicitamente lui, senza dovermi far ricorrere al metodo dell'estrazione delle parole di bocca, pratica che da sempre detestavo quando era mio diritto venire a conoscenza di determinate questioni.

Non mi rispose nell'arco di dieci minuti. Le arrabbiature che mi stava provocando avevano ormai superato il livello di agitazione che il suo malessere aveva causato in me.
Decisi di chiamarlo, preso da un attacco d' impulsività.
Il cellulare, però, squillò a vuoto.
Iniziai a mordermi con nervosismo le unghie, arrivando a farmi sanguinare le cuticole.
"Ah, Daniel. Cosa stai facendo?"  mi domandai mentalmente, lasciando che il mio sguardo cadesse sui polpastrelli delle dita.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora