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Daniel

"Fernando..." pronunciai sottovoce, gli occhi spalancati, lo sguardo sconvolto. Probabilmente ero stato pervaso in maniera troppo esplicita dallo stupore. Lui mi guardava con occhi confusi, la bocca lievemente aperta. Le mani serrate in stretti pugni.

"Fernando, perché?" continuavo a ripetere. Tommaso mi guardava senza capire. La sua espressione era paragonabile a un grande punto interrogativo stampato sul viso, incredulo.

"Daniel, non capisco. Perché lo chiami Fernando? Lui è Andrea" mi disse. Guardai Fernando, il quale abbassò lo sguardo, in evidente segno di impotenza e vergogna. I suoi occhi puntarono a terra. Solo le palpebre e le lunghe ciglia nere erano visibili, usate per mascherare la soggezione che sarebbe stata immediatamente percepita tramite uno sguardo.

"Chiediglielo a lui" lo indicai al mio amico con il mento. Tommaso lo fissò, per qualche secondo. Non aveva ancora compreso la situazione nonostante fosse ben evidente.

"Andrea... spiegami". Fernando continuava a guardare per terra, deglutendo. Il suo pomo d'adamo si alzava e abbassava, mentre le sue gote si colorirono tutto a un tratto.
"Cosa succede?" domandò ancora il mio amico. Silenzio.
"Andrea! Guardami!" urlò. Andrea alzò lo sguardo verso di lui, le sclere arrossate in netto contrasto con le iris verdi.
"È tutto vero?".

Andrea

M

i sentii così umiliato. Sentii il coraggio abbandonarmi, la vergogna assalirmi. Mi parve di trovarmi nudo di fronte a una folla di persone pronte a giudicarmi. Ma probabilmente, quello che stavo vivendo in quegli istanti poteva ritenersi persino peggio.

Quello fu uno dei giorni peggiori della mia vita.
Dopo aver confessato ai miei genitori di essere omosessuale ne avevo vissuti talmente tanti che pensavo che mai sarei tornato a soffrire cosí intensamente. Pensavo che sarebbe tornata la felicità. Ma non mi ero reso conto di sbagliare volta per volta, sempre di più.
D'altronde, ero stato io a volermi del male.

Proprio quando avrei avuto intenzione di buttare tutto all'aria e confessare spontaneamente la verità a entrambi, mi ritrovai costretto a doverlo fare dopo aver mentito per così tanti mesi, non solo a una persona. Bensì a due.
Parlare quando avevano ormai scoperto tutto fu la cosa peggiore che mi potesse capitare.
E tutto perchè ero stato così sciocco da non rendermi conto che la verità, prima o poi, sarebbe stata scoperta.

Tutto mi scivolò dalle mani. Perché in quel giorno d'inverno non avrei potuto fingere di non conoscere Daniel e nemmeno Andrea. Andrea ero io. E non era giusto che mi creassi un personaggio solo per piacere a Daniel. Ma spiegarglielo, in quel momento... Già mi odiava. Se gli avessi esternato che era stata tutta colpa della sua infatuazione nei miei confronti non mi avrebbe di certo creduto e l'avrebbe presa come un'ennesima scusa.

"Adesso mi è tutto chiaro" disse Tommaso, incrociando le braccia sul petto, fasciato da una maglietta aderente. I suoi occhi scuri penetrarono nei miei, carichi di timore. Dovevo reggere lo sguardo e non apparire codardo. Avevo giá mostrato di esserlo non confessando subito il vero.

"Ecco perché non volevi mai uscire con Daniel e Fernando. Fernando sei tu. E Daniel, beh, ti avrebbe riconosciuto. Maledizione, come ho fatto a non capirlo prima?" pronunciò a denti stretti, dandosi un colpo sulla fronte con il palmo della mano, aperto.
"Adesso spiegaci. Quali erano le tue intenzioni? Cosa pensavi di fare?". Le domande di Tommaso venía año poste a ruota. Non mi rimaneva che prendere fiato e cominciare a rispondere una a una.

Mentre deglutivo l'ennesimo fiotto di saliva, mi osservai attorno, cercando di mettere a fuoco le persone attorno a me. Sentivo delle voci schiamazzare, chissá quanta gente mi circondava.
Ma no. Il marciapiede si era completamente svuotato. Tutti i ragazzi della scuola si erano ormai allontanati e gli unici rimasti lì, alle due e undici minuti, eravamo noi tre.
Ogni tanto, su quel grande spazio di terra asfaltata su cui poggiavamo i piedi passava qualche signora con il proprio cane e, in poco tempo, ci superava, allontanandosi. Sembrava che il tempo scorresse in fretta e lentamente allo stesso tempo.

"Andrea. Ti ho fatto una domanda" mi fece tornare alla realtá il mio interlocutore, impaziente di sentirmi prendere parola.
"Non c'è un motivo" mentii. Ancora. Questa volta, però, ero sicuro che nessuno avrebbe sospettato nulla. Chi immaginava che avessi fatto tutto perchè mi piaceva Daniel? Non pareva neppure esserci un collegamento.

"Come non c'è un motivo?" ripetè le mie parole Tommaso, poco convinto dalla mia dichiarazione.
"Che motivo vuoi che ci sia?" chiesi io.
"Be', allora stai dicendo che lo hai fatto solo per divertirti?" mi mise in difficoltà.
"Perché dici così? Io mica mi diverto a stare in questa situazione" dissi, stringendomi nella spalle. Ero stato messo alle strette. In più, il disinteresse di Daniel mi stava distruggendo. Sembrava non gli importasse niente di perdermi.

"Se non hai una motivazione valida, sembra che tu l'abbia fatto solo perché ti stessi annoiando e quindi per puro divertimento. No?". Deglutii. Non avevo molte scelte, a mia disposizione. O mentivo, sentendomi ripetere che l'avessi fatto solo per puro passatempo, oppure dicevo la verità, umiliandomi per l'ennesima volta e rivelando un grande segreto che però non sarebbe servito a nulla. Io, a Daniel, non sarei mai potuto piacere. Lui non era omosessuale. A lui piacevano le ragazze.
Riflettei. E preferii tacere.

"Tommaso, la situazione mi è sfuggita di mano" dissi, sottovoce.
"Mai avrei creduto potesse diventare qualcosa di così immenso e grave. Capiscimi".
"Un cazzo, capisco!" urlò, gettando a terra il suo zaino. Trasalii.
"Cos'hai pensato di fare, sin dal principio? Non ci avevi mai pensato?" domandò, afferrandomi per il colletto della polo, stropicciatasi nella morsa della sua presa vigorosa. Per un istante non potei respirare.

"Lasciami, Tommaso" implorai, appoggiando le mie mani sulle sue, adagiate ancora sul colletto.
"Non potevo dire la veritá. Non avrei potuto dirla. Tu eri così contento di essere mio amico, e Daniel non sopportava Andrea" mi lasciai sfuggire.
"Quindi è a causa mia che hai creato Fernando?" mi domandò Daniel, che fino a quel momento aveva taciuto.
A quel punto, mi ritrovai a dover dire, per lo meno in parte, la verità.

"S-sì" balbettai.
"Perché volevi avvicinarti a me. Giusto?" continuò a indagare lui.
"Esatto". Abbassai lo sguardo.
"Ma io, se avessi saputo che tu eri Andrea, non te l'avrei permesso".
"Appunto, Daniel. Cerca di comprendere".
"Okay" disse. Alzai lo sguardo. Ci fu un attimo di silenzio. Poi la voce di Daniel tornò a farsi udire.

"E perché ci tenevi così tanto ad avvicinarti a me?". Deglutii. Quanto odiavo quell'interrogatorio. A ogni domanda che mi ponevano, la voglia di scomparire aumentava sempre più.
"Perché quel giorno, durante il saggio di danza, mi eravate piaciuti tutti e due. Tommaso diventò subito mio amico. Mentre capii che tu non volevi saperne di me. Eri stato scortese, nei miei confronti. Io non volevo finisse così. Ci tenevo così tanto ad avere una seconda possibilità che creai un altro me. Fernando" dissi, tutto d'un fiato".
Daniel non ebbe più d'aprir bocca. Ma non ero certo mi avesse creduto. La sua espressione sembrava tutt'altro che interessata ad ascoltare le mie parole. Forse ciò che avevo detto aveva suonato come un'ulteriore scusa.

I miei occhi, lucidi, andarono a formare delle lacrime che scivolarono sul mio viso; mi ero lasciato andare, la sofferenza era troppa, in quell'istante.
"Mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto. Ma se l'ho fatto era perché ci tenevo ad avervi tutti e due come amici. Questa è la veritá" dissi, mantenendo un tono di voce equilibrato, nonostante le lacrime sul viso.

"Ma allora perché, se a Daniel non piaceva Fernando, tu con me sei sempre stato Andrea? Non potevi essere una sola persona e basta?".
"No. Perché con te sono stato sincero. È Andrea, quello vero. Fernando non esiste. Io sono sempre stato come mi sono comportato con te" dissi guardando Tommaso.
"E a Daniel". Voltai lo sguardo verso di lui.
"Credimi. Se l'ho fatto, non avevo cattive intenzioni. Rifletti. Se non ci tenessi, non sarei nemmeno qua a dirvi queste cose. Me ne sarei andato ridendo, pensando ma sì, di amicizie, ne trovo delle altre. Ma per me non è così".
"Per te" disse Daniel, sottovoce, avvicinandosi a me. Deglutii. Non seppi cosa mi avrebbe fatto di lí a poco.

Si avvicinò a tal punto da essere a pochi centimetri da me. Sentivo il suo respiro sul mio viso, quando parlava. Chiusi gli occhi, deglutendo.
"Guardami" mi ordinò. Aprii gli occhi.
"Per noi, me e Tommaso, non so se sarà la stessa cosa di prima. Difficilmente" puntualizzò. Sospirai.
Dopodichè si allontanò, senza aggiungere più nulla. Tommaso, poco più distante da me, mi osservò. Mi passò accanto, sempre senza distogliere lo sguardo da me. Poi raggiunse Daniel.

Ed io rimasi solo, lì, in quella strada, nel silenzio più assoluto. Mi sentii perso. Era come se avessi distrutto la mia bussola, e non sapessi più dove andare. Ma soprattutto, cosa fare.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora