Daniel
Col passare delle giornate, in classe mi resi conto di quanto Andrea stesse diventando popolare in brevissimo tempo . Tutte le ragazze della mia classe continuavano morbosamente a ronzargli attorno, pvviamente senza che il loro oggetto d'amore potesse in alcun modo soddisfarle. Ed era fantastico stare ad osservare il modo in cui Andrea cercasse nel modo meno offensivo possibile di non illuderle nè di ferirle.
"Ti prego, usciamo assieme la prossima settimana?" era la domanda più frequente che gli venisse posta.
"Mi dispiace, non posso proprio. Sono occupato ad aiutare mia nonna" rispondeva lui. La nonna era da sempre la soluzione a tutto.
Mi veniva spontaneo chiedergli perché non usasse metodi più brutali, in modo da tagliare corto e rendere la questione chiara una volta per tutte.
"Ma che senso ha? È giusto essere decisi e non farsi trascinare, avere una propria idea e il coraggio di rifiutare, ma allo stesso tempo credo si debba essere gentili e comprensivi. Perché usare metodi drastici?" mi domandò un giorno, quando gli chiesi perché era sempre così comprensivo.
"Ma così capiranno che non sei interessato a loro" avevo cercato di motivare il mio pensiero.
"Mi sa che sei tu a non avere capito. Più tratti male una ragazza, più questa ti verrà dietro. A molte ragazze ciò che fa impazzire è il ragazzo cattivo, quello che le maltratta e risponde in malo modo".
"Ah, senti..." sbottai.
"Non so tu che tipo di ragazze abbia mai frequentato, ma con Sonia non si era mai presentato questo tipo di situazione. A lei mica piaceva che la trattassi male! Anzi, se mai mi fossi permesso di alzare la voce, lei mi avrebbe come minimo piantato il muso per una settimana. E se avessi provato ad insultarla, come minimo avrei ricevuto un ceffone se non un calcio lì in mezzo".
"Grintosa, la ragazza".
"No, semplicemente si faceva rispettare. Come giusto che fosse. Trovo stupido che un ragazzo maltratti la propria ragazza. È irrispettoso. E indegno".
"Ecco, vedi? La pensi come me" disse poi, confondendomi.
"Come? Aspetta. Ma tu come la pensi?" domandai senza più capire.
"Stai solo confermando ciò che ho detto prima".
"Errato, Andrea. Tu e Melissa mica siete fidanzati! Se le dici in modo deciso che lei non ti interessa, mica può dirti nulla".
Andrea rimase spiazzato. Ed io fui così soddisfatto di essere riuscito a far stare zitto uno come lui, che ne aveva sempre avuta una più del diavolo.
Decisi, comunque, di cambiare discorso per non farlo sentire troppo a disagio.
"Senti, ma perché non la fai finita dicendo che sei gay? Così la smettono definitivamente, visto che ti danno tanto fastidio" proposi.
"Perchè non ne vedo il senso. Voi eterosessuali mica andate in giro a dire 'Hey, sono etero e mi piacciono le ragazze ' se siete ragazzi o 'ciao, amo i ragazzi' se si parli di ragazze. O sbaglio?". Aveva ragione. Questa volta fui io a rimanere senza nulla su cui ribattere.
"Poi, se una ragazza dovesse venire da me e dirmi in maniera esplicita che è innamorata di me, a quel punto le direi la verità e cioè che mi piacciono i ragazzi. Ma prima di quel momento, non ho intenzione di aprire bocca. Sia perché non conosco ancora i tuoi compagni di classe e come loro la pensino su questo argomento, sia perché non ne vedo un senso. Non è che ho paura del coming out. È solo coerenza. Voi etero non lo dite ai parenti, nè agli amici come se si trattasse di una cosa stupefacente. Ed io non voglio ripetere l'errore che ho commesso tempo fa con i miei genitori ". "E quale sarebbe?" provai a domandare.
"Quello di aver detto di essere gay. Magari se un giorno mi fossi presentato a casa con un ragazzo dicendo loro si trattasse del mio fidanzato, probabilmente l'avrebbero presa leggermente meglio. Sarebbe stato più naturale e una cosa meno programmata". Rimasi in silenzio ad ascoltarlo.
"Sai cos'è? Che forse, cioè che spaventa, non è tanto avere un figlio omosessuale, ma il coming out in sè. Il venire fuori raccontando questa verità, che poi di diverso dalla normalità pare non avere proprio nulla". Ascoltai attentamente tutte le parole che stava pronunciando con grandissimo interesse.
"Daniel, se in un'altra vita dovessi nascere omosessuale, ascolta me. Non fare alcun coming out. Lascia che gli altri lo scoprano da sè e la vedano come una cosa normale. Se tu lo farai, sarà come farti del male da solo. Come autolesionarti. Alla fine sarai tu, quello che avrá voluto parlare, venendo incontro agli altri. E invece, lascia siano gli altri a venire incontro a te". Fece spallucce, come se si trattasse della cosa più naturale che avesse detto in quelle circostanze.
Sorrisi. Ero stupito dal discorso così sensato che aveva appena fatto. Detto da lui, percepii il vero significato di ogni parola.
"Ande, quando hai detto ai tuoi di essere gay?".
"Non mi va di parlare di queste cose, veramente". Abbassai la testa, deluso
"Ma a questa domanda posso rispondere" pronunciò. Accennai un sorriso.
"Quando mi sono fidanzato con Fabio, circa un anno e mezzo fa, credo".
"Oh. E come fu?".
"Fu l'errore più grande della mia vita. E che forse ha segnato per sempre il rapporto coi miei genitori". Preferii non proferire parola. Sapevo che mi avrebbe detto che io non ne potevo sapere nulla. Mi limitai a dargli una pacca delicata sulla spalla e ad imitare un'espressione compiaciuta.
"E quando hai scoperto di esserlo? Molto presto, vero?".
"Sì. Forse te l'avevo già detto. Ma io ho sempre saputo. Non tanto di essere gay, perchè ero talmente piccolo che neppure sapevo dell'esistenza di un termine a sé che venisse usato per indicare coloro che si sentissero attratti da persone del proprio sesso, ma di essere attratto dai maschi. Ma diciamo che quando ero più piccolo erano soltanto delle infatuazioni. Mi sono innamorato per la prima volta a dodici anni".
"Di Fabio, vero?".
"No, di un altro ragazzo. L'avevo conosciuto al mare. Ci eravamo visti solo per un mese. E fu il mese in cui provai le sensazioni più forti di sempre. Ero innamorato. Davvero. Poi ci perdemmo di vista e non seppi più nulla di lui. Purtroppo".
"E quindi?".
"E quindi nulla. Poco dopo, finita l'estate, arrivò Fabio". Sorrisi.
"Capito".
"Pensa, Dane, che ero così innamorato di lui che lo feci per lui, il coming out. E se solo ci penso...a volte vorrei ammazzarlo". Rimasi in silenzio. Non sorrisi, nè lo toccai. Non seppi quale potesse essere la reazione giusta nel quel momento. E fu Andrea a rispondere per me. Con una risata autoironica.
"Meno male che adesso non penso più a lui".
"Come mai?".
"Perché ora ho un'altra persona in mente". Confessò, osservandomi. Distolsi lo sguardo, sentendomi fortemente in soggezione.
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La storia d'amore ha inizio
RomanceContinuano le vicende del protagonista Daniel. Tra i banchi di scuola, le amicizie rafforzate sono ciò che consentono alle sue giornate di essere sempre frizzanti, mentre le lezioni di danza non danno mai un attimo di tregua a una vita sufficienteme...