Capitolo 20

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lascia che le cose più belle vengano da sè, senza bisogno di rincorrerle troppo.

Daniel

Dopo la nostra uscita, il giorno del mio compleanno, fu impossibile rivederci tutti assieme, di nuovo. Sembrava quasi che organizzare un pomeriggio assieme sembrasse la cosa più difficile a questo mondo. Nemmeno fossimo stati in diecimila...
Per fortuna avevo altri amici con cui passare del tempo. Ma tra un amico e un migliore amico, la differenza si percepisce.
Con un amico ti trovi a tuo agio, perché altrimenti non sarebbe tale. Parli, scherzi e ridi. Ma oltre a quello, cosa puoi fare?
Un migliore amico sa qualsiasi particolare di te, lo sfrutta in qualsiasi occasione per essere al tuo fianco, per aiutarti e, perché no, per punzecchiarti quando è il caso.
Un migliore amico non dice 'mi dispiace' quando qualche sventura ti colpisce, agisce mostrandoti il suo vero dispiacere.
Un migliore amico, nei momenti più belli, non si limita a dirti 'sono contento per te', ma condivide la tua gioia come se fosse la sua.
Di un migliore amico ti puoi fidare come se si trattasse di te stesso.
Perchè con lui condividi qualsiasi cosa ti accada. Proprio perché vuoi che sappia le cose proprio come sono nella realtà, proprio come se fosse te stesso.
E per me, Tommaso era così. Un vero migliore amico. E Andrea...lui anche. Era speciale. Non era un semplice amico. Era qualcosa di più. C'era un sentimento più forte della semplice amicizia a tenerci uniti.

Purtroppo da un lato, per fortuna e per la gioia delle vacanze estive, ognuno decise di passare le vacanze con la propria famiglia, come giusto che fosse, alla nostra etá.
Io ero a partito per tutto il mese di luglio, Andrea ad agosto (siccome i suoi genitori, lavorando in un'azienda avevano le classiche ferie nell'ottavo mese dell'anno) e Tommaso e Filippo si erano concessi una breve vacanza con uno zio in Costa Azzurra di qualche giorno.
Ci tenemmo comunque in contatto, almeno per raccontarci le nostre vacanze. Le mie in Spagna, quelle di Andrea in Portogallo e quelle di Tommaso in Francia, tra i paesi del Mediterraneo.
Io, che fui il primo a terminare le vacanze, mi annoiai abbastanza per il resto delle vacanze. Potevo sì, uscire con Tommaso ad Agosto. Peró non c'era gusto, senza il sarcasmo di Andrea che, durante le nostre uscite, colorava ogni argomento con la sua ironia.
Lo stesso fu per Andrea e Tommaso.
"Cosa faremo senza quel rompiscatole palloso di Daniel, sempre serio e noioso?" ebbero il coraggio di dirmi in una telefonata prima della partenza.
"Non sono sempre serio" mi difesi.
"Alle vostre battute rido sempre. E non sono palloso, sono solo più tranquillo di voi pazzi scatenati" dissi, passando alle accuse.

Alla fine, dopo un tempo che a me oarve un'eternitá, ci mettemmo d'accordo per incontrarci un giorno di settembre, precisamente due giorni prima dell'inizio della scuola.
"Dobbiamo passarlo come se fosse una esperienza unica" aveva proposto un giorno pee telefono Tommaso, sempre gasatissimo.
"E cosa intendi fare?" domandai, con le mani appoggiate sul mento, a sostenere il capo che a breve, dalla noia, sarebbe precipitato.
"Non lo so" rifletté. Dovremmo fare qualcosa di incredibile".
"Del tipo?".
"Non ne ho idea".
"Vi prego, decidete qualsiasi cosa. Siamo in chiamata da venti minuti a cercare di organizzar..." venni interrotto.
"E se andassimo al mare?" propose Andrea, tutto ad un tratto.
"Al mare?" chiesi.
"Sì" confermò.
"Ma è ad almeno centocinquanta chilometri da Torino! Come facciamo ad arrivarci?" domandai.
"Vedi? Sei sempre così precisino, fiscale e palloso" disse Tommaso.
"Ehy, mi sto occupando dell'organizzazione! Tu, che nemmeno ti sei posto il problema, come pensavi di arrivarci fino a lì?" chiesi, scontroso.
"Con un cammino di peregrinazione?" dissi, sarcastico.
"Sì" rispose lui, sfacciato.
"TOMMASO!" gridai.
"Io ho un cugino che ci accompagnetebbe volentieri" ci interruppe Andrea. Deve proprio passare per salutare la sua ragazza. Lei abita a Genova. La loro è una relazione a distanza e lui va a trovarla tutti i fine settimana".
"Oh, wow. Ma...dici sul serio?" chiesi.
"Certo. Ditemi, cosa volete fare di preciso?" domandò rivolgendosi a di me, siccome Tommaso era occupato a fare versi strani che disturbassero la linea. Sospirai, alzando gli occhi al cielo.
"Non lo so, domanda tutto a Tommaso. L'idea è stata sua". Lo nominai. Tommaso tornò fra noi.
"Be', io pensavo di partire al mattino e passare la mattinata a fare due passi in città. Poi magari potevamo fermarci da qualche parte a mangiare per pranzo. Poi si faceva qualche giro. E nel pomeriggio si stava in spiaggia. E lo stesso di sera".
"Ma come facciamo a cambiarci ed a portarci dietro tutta la roba?" chiesi.
"Mio cugino ha una casa a circa un chilometro dalla spiaggia. Possiamo usarla, se vogliamo. Tanto lui va dalla sua fidanzata...".
"Ok, va bene" dissi.
"Anche per me" aggiunse Tommaso.
"E poi?".
"Poi che?" Chiese Tommaso.
"Per che ora partiamo?".
"Be', potremo fermarci fino al mattino seguente" propose Andrea.
"Ma come si fa per la notte?" domandai, preoccupato.
"Possiamo sempre rimanere là. Nessun problema".
"Sicuro?".
"Certamente".
"Ma io, veramente..." sussurrò Tommaso, lasciando intendere che forse aveva avuto un'altra idea nel frattempo.
"Cosa volevi fare?".
"Nulla. Va bene così".
"Sicuro? Parla o taci per sempre" lo minacciai. Rise.
"Niente. Davvero".
"Comunque magari non programmiamo tutto prima. Sarebbe bello se le cose venissero più spontanee" disse Andrea.
"Giá".
"Ma un minimo di programmazione ci va, Andrea!" esclamai.
"D'accordo. Ma lascia che le cose più belle vengano da sè, senza bisogno di rincorrerle troppo". Sorrisi.
"Allora è deciso? Partiamo il dieci del mese di mattina e per l'indomani torniamo a Torino?" domandò Andrea.
"Va bene" disse Tommaso.
"Va bene" feci da eco io.
"Verrà anche tui fratello?" chiese Andrea.
"No, lo lascio a casa, quel moccioso" rispose, sghignazzando.
"Povero!" esclamai.
"È più bello se ci siamo solo noi tre. O sbaglio?" disse, guardandomi.
"Be', non che con Filippo sia male, eh. Ma direi che forse abbiamo più autonomia, così" cercai di non risultare offensivo.
"Era quello che volevo sentir dire" disse.
"Fin troppo pacato, anzi".
Alzai gli occhi al cielo. Che sfacciataggine.
"Non vedo l'ora" dissi io, dopo un attimo di silenzio.
"Anche io" aggiunse Andrea.
"Anch'io " fece eco Tommaso.
Concludemmo la telefonata salutandocil. La chiamata mi lasciò con una grande adrenalina a percuotermi. Aspettavamo con ansia che quel giorno arrivasse.
Ma c'era ancora un ostacolo da superare: la permissione dei genitori.
Sapevo che mia madre mi avrebbe permesso di andarci.
Prima di tutto avevo sedici anni.
In secondo luogo era vicino. Si andava in Liguria.
Oltretutto eravami anche accompagnati da un maggiorenne, un parente di Andrea.
Ed ero in buona compagnia. Andrea e Tommaso erano ragazzi maturi e responsabili, su cui avere fiducia. O almeno nelle cose serie ed importanti.
Perché se si parlava di ridere e giocare, loro erano sempre i primi della lista.



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