Capitolo 44

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'Sai sempre come comportarti,
cosa dire. Sai farti dire le cose'.

Daniel

"Grazie. Grazie, Daniel" sussurrò, visibilmente scosso.
"Tu... tu sei un angelo" mi disse ad un orecchio, accarezzandolo con le belle parole pronunciate dalla sua estasiante voce.
"Non dirmi così, io..." mi interruppe.
"Sei la persona più buona che io abbia mai avuto l'onore di incontrare. Sei sensibile, intelligente, perspicace. Capisci al volo quando in un'altra persona ci sia qualcosa che non va. E... e poi non sei invasivo. Non t'interessa farti gli affari altrui. Non l'obblighi l'altro a parlare. Sei discreto, sai sempre come comportarti, cosa dire. Sai farti dire le cose. Una persona, quando sta male, non sa bene se parlare o meno. Ma con te lo si può fare. Sei una persona sincera, mantieni i segreti e aiuti tutti.
Io... io non so cosa dire. Sono senza parole. Mai avrei creduto che una persona come te potesse esistere. Sei troppo, per me. Per essere qua, ora".
"Troppo?" domandai, non capendo il finale del suo discorso.
"Sì. Io non merito di averti nella mia vita".
"Andrea, non dire queste cose...".
"È la verità. Cosa ti ho dato io, fino ad adesso?" chiese, alzando il tono della voce. Rimasi in silenzio, ascoltando le sue parole.
"Nulla" rispose poi, abbassandolo.
"Non è vero" negai, allontanandomi da lui.

"Perché parli così?".
"No, qualche cosa ti ho dato. Solo problemi".
"Andrea, ti prego. Non copiare queste banali frasi da soap opera" lo rimproverai.
"Ah no? E quando un paio d'ore fa ti ho chiamato per farti girare tutta la città per venire da me?".
"Non ha importanza. Tu avevi bisogno di me".
"Daniel, quello che hai fatto nei miei confronti non ha prezzo. Non potrò mai sdebitarmi con te".
"Ma di che cosa parli?".
"Io...dovrei mettermi in ginocchio per il resto della mia vita, per te".
"Andrea, sei completamente fus...". Venni interrotto.

"Tu sei un Dio. Sei... sei troppo, troppo tutto. Sei...". Sospirò, interrompendo il discorso.
"Andrea...". Silenzio.
"Dimmi, perché sei venuto? Perché hai deciso di accettare?".
"Perché non era nulla di che. Non mi hai fatto chissà che richiesta". Feci spallucce.
"Come? Per te non è nulla il doversi svegliare a mezzanotte e un quarto quando ormai sarai a letto da un'ora per la telefonata di un coglione, poi doversi preparare, uscire di casa al freddo, al buio, prendere il pullman a quest'ora con a borso dei seg...".
"Andrea!" lo rimproverai, non lasciandogli terminare la frase.

"Rispondi" m'invitò a fare.
"No".
"Come?".
"No. Dico sul serio. Non è nulla". Silenzio.
"Poi tu, per me, sei davvero importante". Appoggiai il palmo di mano sul suo, ghiacciato, sollevandolo verticalmente e guardandolo negli occhi.

"Hai rischiato tanto per me. Avrebbero potuto farti del male".
"No, il male te lo faccio io se adesso non la finisci. Sto bene, sono contento di essere qua ad aiutarti per il poco che posso fare". Per un istante ci guardammo. Poi lui chiuse gli occhi, avvicinandosi lentamente a me. Rimasi fermo. Le sue labbra tastarono con una certa pressione la mia guancia. Serrai anche io gli occhi.
"Grazie" sussurrò
"Prego, Ande".
"Ora ti va di dormire? Ne hai bisogno" chiesi, gentilmente. Ero stanco, ma non glielo dissi in modo esplicito.
"Non riesco" confessó.
"Perché?".
"Ho paura".
"Ci sono io, Ande...". Silenzio.
"Sono qua". Accarezzai le sue spalle larghe, ben formate e da cui sporgevano, robuste, le ossa.

"Oddio, casa mia non ha una stanza per gli ospiti. Dove posso farti dormire?" si domandó, portandosi una mano alla bocca di cui inizió a mordere nervosamente un'unghia.
"Va bene anche per terra".
"No. Non puoi...".
"Dico sul serio". Annuii.
"Cambio le lenzuola e dormi sul mio letto. Okay?".
"Ma non ho un pigiama...sporco solo".
"Non ha importanza".
"Piuttosto fammi dormire su queste" dissi, indicando quelle stese sul suo letto in quel momento.
"Tanto mica sono sporche, no?" domandai.
"Be', ho pianto così tanto che il cuscino è completamente inondato" rise fra le lacrime. Attaccai a ridere anche io.
"A parte gli scherzi. Vado un attimo a prenderle, sono nella cassettiera in bagno. Poi faccio il letto velocemente, così puoi riposare".
"Andrea..." cercai invano di interromperlo.
"Nessuna storia". Lo vidi precipitarsi in bagno e comparire subito dopo con delle lenzuola scure che sosteneva a fatica in braccio. Le appoggiò su un lato del letto, cominciando poi a disfarlo.

"Ecco qua!" disse, soddisfatto di aver portato a termine il suo lavoro. Sorrisi, imbarazzato.
"Non dovevi..." dissi, poi.
"Anche tu non saresti dovuto venire" pronunciò Andrea, porgendomi un cuscino che presi saldamente fra le braccia.
"Ma sei qui. E il minimo che possa fare, è farti dormire decentemente" pronunció levando un lembo del lenzuolo che profumava di pulito.

Sorrisi nuovamente. Poi mi tolsi i pantaloni, la felpa e la maglietta, rimanendo in boxer.
"E tu dove dormirai?" chiesi prima di sdraiarmi.
"Qua a terra" sentenzió lui.
"Senza coperte?".
"No, uso il lenzuolo".
"E basta?".
"Sì, non ho freddo".
"Sicuro?" chiesi, poco convinto.
"Certamente" asserì.
"Va bene, allora buonanotte" augurai, andandomi a sdraiare sotto le coperte.
"Buonanotte" augurò lui, dal basso della stanza.

"Oh!" esclamai, tirandomi su di scatto dopo essere stato sdraiato per una ventina di secondi.
"Cosa c'è?" si spaventó della mia reazione lui.
"La sveglia!" esclamai
"Oh, giá...".
"Ricordi che domani andiamo per le nove, a scuola?".
"È vero. Si dorme un'ora in più".
"Che ore sono ora?".
"Le tre".
"Dio..." sussurrai, mettendomi una mano sulla fronte. Rise.

"La metto per le sette e mezza?" mi chiese, prendendo in mano il suo cellulare.
"Così presto?" mi lamentai.
"Fai per le otto. No?" proposi.
"No, è troppo tardi. Otto meno un quarto?".
"Andata". Sentii Andrea digitare sul suo telefono. Poi, lo schermo luminoso si spense, interrompendo l'intensa luce che aveva vigiuto* fino a quel momento nella stanza buia.
Ci augurammo di nuovo la buonanotte.

Dopo qualche minuto sentii Andrea chiamarmi.
"Daniel...".
"Dimmi" risposi sussurrando.
"Grazie di tutto". Silenzio. Sorrisi nel buio, senza rispondere a parole, nascondendo il viso nel cuscino per l'imbarazzo. Mi aveva commosso.

Al contrario di quanto pensai, non ci misi poco ad addormentarmi. Ormai il sonno mi era passato e l'adrenalina che avevo vissuto in quel paio d'ore aveva rallentato il processo che mi permettesse di farlo.

Ad un certo punto della notte, verso le cinque e mezza, mi svegliai. Avevo sete. Cercai il bagno nell'immensa casa e bevvi un sorso al rubinetto. Mi asciugai col dorso della mano le gocce formatesi sul mento. Poi tornai in camera.
Comparvi sull'uscio. Mi fermai ad osservare Andrea, sdraiato malamente a terra, con il lenzuolo girato disordinatamente a coprirgli solo in parte le gambe.
Mi inginocchiai accanto a lui, sentendo il suo respiro, profondo. Sistemai meglio il lenzuolo. Poi tastai una sua gamba. Era congelato. Mi sporsi dal letto per prendere la mia coperta e gliela appoggiai sul corpo, sistemandola con cura. Poi gli toccai una guancia. Anche quella era gelata. Rabbrividii.
Mi sedetti sul letto, a gambe divaricate, con le spalle contro il muro ad osservarlo. Ero contento che fosse riuscito ad addormentarsi. Probabilmente io non ci sarei riuscito.

Qualche ora più tardi, mi svegliai, precedendo la sveglia. Erano le sette e venti. Così recitava il quadrante dell'orologio luminescente appoggiato da Andrea sul suo comodino prima di coricarsi.
Mi stiracchiai. Avevo dormito accanto ad Andrea, sotto la coperta che qualche ora prima gli avevo portato.
Trattenni uno sbadiglio, osservandolo. Uno spiraglio di luce entrava timido attraverso le tapparelle. Era strano, d'inverno iniziava a fare luce solo alle sette e mezza del mattino.
Andrea dormiva ancora beatamente. Decisi di sottrarmi alla coperta per prendere il suo cellulare e disattivare la sveglia. L'avrei svegliato io.
Poi tornai a sdrarmi accanto alla sua persona, ponendomi di lato, con una mano a sostenere il capo.
Osservai le sue labbra carnose, socchiuse, le guance schiacciate dalla pressione della mano, sottostante ad essa. Poi mi soffermai sul naso, grande e alla francese. Le ciglia umide e nerissime, lunghe e spesse contornavano le palpebre, serrate.
I capelli, spettinati, andavano in tutte le direzioni. La sua mano sinistra giaceva accanto al corpo, morbidamente.
Non avrei mai voluto interrompere il suo sonno.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora