Capitolo 22

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                          Daniel

"Eccoci, finalmente siamo arrivati!" annunciò entusiasta e con tono di voce altisonante il cugino di Andrea a me e Tommaso, che eravamo mezzi addormentati sui sedili posteriori. Andrea, invece, era bello arzillo.
Si girò di scatto verso di noi. Aprii un occhio, per fissarlo. Mi stava sorridendo. Ero troppo stanco per mostrarmi interessato a ricambiare.
"Cosa avete fatto ieri sera, che adesso siete così stravolti?" ci domandò.
"Mh?" mugugnò Tommaso, spalancando un occhii solo. Era ancora addormentato.
"Ho guardato film fino a tardi" confessai.
"Ah, ecco" rispose Andrea.
"Perché, tu cos'hai fatto? Non vorrai dirmi che sei andato a dormire alle nove!".
"No, no. Alle nove no. Alle nove e mezza". Risi.
"Va be', va".
"Va be' va cosa?".
"Nulla, nulla". Mi voltai verso Tommaso.
"Tom, dobbiamo scendere. Siamo arrivati". Gli diedi una lieve gomitata.
"Mh...". Si avvicinò a me e poggiò la testa sulla spalla. Lo scansai.
"Cosa stai facendo?! Alzati, dai". Vedendo che non reagiva, gli tirai un ceffone sulla guancia. Si tirò su di scatto.
"Ahia!" si lamentò, mettendosi una mano sulla guancia, lievemente arrossata.
"Tom, levati. Dobbiamo scendere".

In poco tempo ci ritrovammo in casa, dopo un percorso di poche decine di metri. Il parcheggio non distava molto dall'appartamento. Il percorso era però una ripida salita.
"Tutte le volte che vieni qua devi fare questa strada?" domandai al cugino di Andrea.
"Già. Quando sto qua sono obbligato a farla anche più volte al giorno. Oh, e a volte la faccio in bici".
"Come fai?" chiese Tommaso.
"Non mi sembri un tipo molto energico e sportivo" disse al mio amico, guardandolo.
"E invece sbagli' dissi.
"È sportivo e atletico, ma diciamo che lo è solamente nei momenti in cui decide lui. In altri sa dimostrare alla perfezione un atteggiamento piuttosto pigro. Vero, Tommy?" lo stuzzicai.
Ricevetti una gomitata sul fianco.
"Ahia!".
"Mi sono vendicato per prima" mi confessó.
"Eccoci. Questa è casa mia" ci interruppe il cugino. Poi, aprendo il portone con un mazzo di chiavi preso da sotto un vaso di fiori che adornava il muretto circondante la villa, ci invitò ad entrare.

Posammo subito le valige a terra, per poi levarci le scarpe.
"Spero vi troverete bene. Per qualsiasi cosa, chiamatemi. Okay?".
"Ma come, vai già via?" domandai.
"Sì. La mia ragazza è una persona esigente e puntuale. Strano ma vero". Risi.
"Una donna puntuale... Ebbene sì. Devo scappare, ciao, ragazzi". Alzò una mano.
Salutammo, in coro.
"Grazie" pronunciò Andrea. Suo cugino ricambiò con un sorriso. Uscì di casa frettolosamente, lasciando le chiavi nelle mani del cugino e augurando a me e a Tommaso una buona permanenza nella sua villa.

"Allora, cosa facciamo?" chiese immediatamente Andrea, sorridendoci e dirigendosi verso la cucina.
"Che ne so, Andrea! Dacci almeno il tempo di vedere tutta la casa!" lo rimproverai.
"No, Tom?" lo incalzai a darmi manforte. Lui pareva non darmi alcun tipo di ascolto, concentrato ad analizzare i quadri appesi al muro, sua grande passione.
"Eh? Ah, sì. Per me va bene". Percepivo ci fosse qualcosa di anomalo in lui.
"Tutto okay?" domandai.
"Più o meno".
"Cos'hai?" mi precedette nel domandare Andrea.
"È che patisco l'auto. E ho ancora la nausea".
"Ma come, ma se hai dormito come un angioletto!" esclamai.
"Sì, ma non proprio dormito. Ho sonnecchiato". Risi.
"La mia spalla dice che hai dormito, invece" scherzai.
"Bevi un po' d'acqua con del limone e ti passa" gli consigliai.
Andrea estrasse dal frigorifero una bottiglietta d'acqua e gliela porse.
"Ed il limone?" chiese Tommaso.
"Ah boh. Fai senza" gli rispose sgarbatamente. Fu impossibile, per me e Tommaso, non guardarlo in cagnesco. Non rispondeva mai scortesemente.
Poco dopo, però, gli occhi ridenti di Andrea fecero trasparire uno sguardo ironico.
"Stavo scherzando!" disse, poi.
Si diresse verso la cassettiera della frutta, interamente in legno, e ne estrasse una contenente dei limoni.
"Mio fratello ha fatto la spesa l'altro ieri, quand'è venuto la volta scorsa. Vediamo che ortaggi ha comprato". Iniziò a frugare, fischiettando. Lo guardai stupito.
"Limoni, limoni...limoni" si ripeteva, a bassa voce.
"Ecco, un limone!" lo estrasse, alzando la mano in cui lo teneva come se si trattasse di un trofeo.
Si diresse verso il lavabo, dove lo stavamo aspettando. Si lavò con cura le mani. Poi passò sotto l'acqua corrente il limone. Lo ripose su un ripiano e con un coltello lo tagliò a metà. Prese da un ripiano un bicchiere. Cominciò a lavarlo. Poi lo risciacquò, asciungandolo attentamente. Aprì la bottiglia d'acqua che Tommaso teneva fra le dita, sottraendogliela dolcemente. Versò il contenuto dentro al bicchiere che aveva appena finito di pulire, fino a riempirlo per i due terzi. Poi prese metà limone e ne spremette il succo.
Guardai con attenzione ogni minimo gesto da lui compiuto, come se fossi stato rapito dalla serietà e spigliatezza mista a leggerezza e calma con cui faceva ogni azione sotto i nostri occhi, piuttosto indiscreti.
"Ecco, tieni". Lo porse a Tommaso. Il mio amico prese il bicchiere, ringraziando. Bevette.
"Meglio?".
"Penso di sì". Andrea gli rivolse uno splendido sorriso.
"Bene". Annuí.
"Allora, che si fa?" domandò di nuovo. Fu inutile ripetere che avremmo voluto toglierci lo sfizio di vedere la casa. In fondo non eravamo mica lí per quello. Eravamo lì per il mare.
"Facciamo un giro in spiaggia?" proposi.
"Va bene" fece spallucce Andrea, giocherellando con un coltello che teneva saldamente tra le dita.
"Andrea! Sei pazzo?!" chiesi.
"Posa quell'arnese" dissi, vedendolo troppo vicino a me. E Andrea insicuro armeggiando con quello in mano.
"Per te va bene, Tom?" domandai, tornando al discorso precedente.
"Certo".
"Allora andiamo a prepararci" propose Andreavposando, per la mia gioia, il coltello su un ripiano e dirigendosi verso la sua valigia.

Durante la mattinata ci annoiammo un po'. Si erano fatte già le undici passate, per cui potemmo passare poco più di un'oretta in spiaggia. Dopodiché decidemmo di pranzare, in casa. Faceva caldo, sarebbe stato impossibile fermarsi all'aperto a consumare qualcosa. Erano le ore più calde.
"Cosa vi preparo?" chiese Andrea, con la sua solita allegria e prontezza.
"Perché, tu cucini anche? " domandò Tommaso.
"Certo" fece spallucce Andrea.
"Sono multitasking". Ridemmo.
"E cosa vorresti prepararci?" domandai, per facilitargli la scelta.
"Oh, mettetemi alla prova" rispose, addentando una pesca, appoggiando una mano sul bancone e tendendo un braccio.
"La mangi con la buccia?" chiese il mio amico, osservandolo schifato.
"Sì. Sono del cortile del nostro vicino di casa. Per cui...". Andrea fece spallucce.
"Oh. Allora okay".
"Allora? Dai, voglio cucinare!" ci esortò a prendere una decisione. Pareva essere impaziente di iniziare.
"Qualcosa di fresco" proposi io, tirandomi il colletto della camicia. Stavo grondando di sudore.
"Qualcosa di completo" propose Tommaso, per cui l'alimentazione era una cosa seria. Lo guardai con scherno.
Lui mi fulminò con lo sguardo.
"Wow, nessuno che risponda qualcosa di buono! Strano..." disse scherzando Andrea. Risi.
"Va be', va. Ho capito. Non siete proprio dei buon gustai. E nemmeno molto pratici. Vero?". Silenzio.
"Opteró per una pasta fredda. È fresca e ci metti di tutto dentro. Va bene?".
"Okay" dissi io.
"Okay" rispose Tommaso, che non era stato dietro al discorso.
"Mi dispiace, però, non dare prova delle mie capacità culinarie".
"Non ti preoccupare. Ti crediamo" dissi.
"Non ti preoccupare. Io nemmeno la pasta fredda so prepararmi" rispose Tommaso. Lo guardai male.
"Cosa mangi quando sei a casa da solo?".
"Oh, be', o vado da mia nonna, oppure cucina mio fratello". Ebbe il coraggio di confessare senza pudore. Scoppiai a ridere.
"Cosa?! Tuo fratello che ha tre anni meno di te? Cioè...ha dodici anni!" esclamai sbalordito.
"Tredici" ci tenne a precisare Tommaso. Mi misi una mano sulla fronte. Tommaso guardò Andrea, con innocenza, alla ricerca di comprensione.

Mangiammo sul tardi. Mentre io e Tommaso fummo occupati ad esaminare ogni singolo angolo di quella maestosa villa, Andrea passò tempo 'ai fornelli'. Sempre se, in relazione alla pasta fredda, di fornelli si possa parlare.

"Ragazzi, è pronto!" ci invitò a mangiare Andrea. Lo raggiungemmo facendo a gara, come bambini di cinque anni, a chi arrivasse primo a tavola.
Rischiai di scivolare rovinosamente sul parquet, mentre Tommaso sfrecciava veloce e ridente sulle piastrelle dell'ingresso, nettamente in vantaggio. Scoppió in una risata fragorosa, schiamazzando come una scimmia.

Andrea aveva imbandito una bella tavola sul balcone, il quale dava su un giardino fiorito, quello in proprietá ai vicini. E in lontananza, il blu del mare che si interrompeva bruscamente in una linea che dava inizio al cielo, di qualche tonalità più chiara.
"Vi piace?" ci chiese Andrea.
Io e Tommaso ci guardammo e sorridemmo stupiti. Quali altre soprese poteva riservarci, quel ragazzo?
"Ma certo!" esclamai, entusiasta.
"Allora buon appetito!" augurò, sedendosi.
"Buon pranzo" ricambiò Tommaso.
"Buon pranzo, ragazzi" dissi, con ancora il fiatone per la corsa precedente.

La storia d'amore ha inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora