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Fissò a lungo un punto indefinito aspettando di svegliarsi, di lì a poco, da quel sogno inverosimile. Purtroppo quello non era un sogno ma una malefica realtà.

Possedere delle ali, le fece realizzare solamente quanto potesse essere inumana. Non facevano parte della sua natura, non aveva mai controllato l'aria, se qualcos'altro le sarebbe dovuto spuntare al massimo sarebbe stava una coda con delle squame.

Di indiscutibile o certo, non c'era più nulla nella sua vita, aveva perso il controllo delle sue emozioni, delle sue gesta e dell'intera situazione. Il suo mondo era caduto in pezzi così come il suo cuore. Perchè non dirmi cosa mi sarebbe accaduto? Perchè abbandonarmi al senso dell'ignoto?

La recente scoperta fece odiare se stessa più del dovuto perché si sentiva completamente persa e provava un senso di rabbia irrisolta anche nei confronti della sua famiglia.

I loro poteri venivano considerati doni preziosi prodigati dagli Dei per rendere, il corpo ospitante, il Custode e per mantenerli in eredità, inoltre venivano elargiti per fini superiori.

Si era dunque persuasa dal credere che non doveva prenderla come una condanna, tuttavia riusciva a vederla solo come una rassegnazione alla sua nuova condizione.

La serenità tanto ricercata sembrava essere più lontana della luna.

Raccolse le ultime energie e riprese svogliatamente a sfrecciare verso il luogo che aveva creduto la sua casa.

Non riusciva più a mettere in ordine le idee per quanto era agitata.

Si arrestò davanti all'imponente cinta muraria del suo castello. Si convinse a sfruttare la sua nuova abilità e dopo aver sbloccato l'incantesimo di protezione, volò rapida oltre la barriera fino a raggiungere il secondo accesso di camera sua.

La finestra era socchiusa e senza sforzo atterrò sul freddo pavimento. Tirò un sospiro di sollievo.

Le ali erano orgogliosamente arpionate alle spalle ma lei fremeva dalla voglia di sbarazzarsene. Tentò di tirarle ma il gesto le procurò una fitta atroce lungo la colonna vertebrale.

Raggiunse in fretta il bagno con la necessità di potersi specchiare.

Nel attimo in cui posò gli occhi sulla sua figura volta di profilo, non poté concedersi di non ammirarle con occhi adoranti. Per quanto le costava ammetterlo erano una delle cose più belle che avesse mai visto.

Ma come posso farle sparire? Ed ecco che, come se avessero udito la sua tacita domanda, esse scomparvero in un frizzante luccichio dorato.

Ne rimase meravigliata quasi come nel momento in cui ha scoperto la loro esistenza.

Adesso però doveva occuparsi di una questione dello stesso calibro del problema delle ali.

Prima aveva pensato che fosse giusto farsi vedere che tornava dall'entrata principale, considerato che sicuramente avevano notato la sua assenza in camera. Perciò saltò fuori dalla finestra usando il potere di galleggiare per un po' in aria, senza bisogno delle ali.

Varcò la soglia del palazzo col cuore in gola e non fece in tempo che suo padre le si parò difronte.

<< Finalmente sei tornata, com'è andata la nottata? >>

L'afferrò per le spalle quasi temesse che volesse fuggire.

Il suo cuore scalpitante perse un paio di battiti mentre la sua mente era offuscata dallo scorrere rapido degli eventi.

<< Cosa? >>

<< Sei rimasta a dormire con Sophie, ti sei divertita? >>

Che cosa?

Non poteva credere che per una volta in quella interminabile settimana, la fortuna girasse dalla sua parte. Allora Sophie ha coperto la mia assenza? O è una tattica per tendermi una trappola?

Qualunque fosse la domanda corretta decise di tentare la sorte.

<< Ti senti bene tesoro? >> Sulla sua fronte si crearono delle rughe di dubbio.

Collegò gli ultimi neuroni sani. << Oh si, sono soltanto un po' stanca. Comunque mi sono divertita. >> Da morire, letteralmente.

<< Meglio così, però vorrei essere messo al corrente prima, riguardo questo genere di cose. Sono stato molto in pensiero. Mi auguro che non ricapiti più. >>

La sua frase pronunciata con voce pretenziosa le risucchiò quasi tutta la sua pazienza a disposizione, facendole ribollire nuovamente la rabbia. Non era lei che meritava un rimprovero, ciò nonostante non aveva le forze per discuterne in quel momento. Abbassò gli occhi temendo cambiassero colore, mutando in un rosso scarlatto in cui si agitavano fiamme bollenti come il suo umore.

<< Si, papà. >> Pronunciare l'ultima parola le fece male al cuore. << Adesso vorrei andare a cambiarmi e a riposarmi un po'. >>

Fece scivolare le mani via dalle spalle della figlia. << Certo, ti ricordo però che tra un ora hai l'appuntamento con il Signor Huran. >>

Perfetto, la fortuna nel mio caso non dura più di un minuto.

<< Non si potrebbe rimandare a domani? Altrimenti oggi pomeriggio. >>

<< Assolutamente no, un impegno è un impegno e siamo i primi a doverlo rispettare. >>

Anche quello di prendersi cura di tua figlia dovrebbe essere rispettato!

Strinse i pugni lungo i fianchi per reprimere tutta la sua energia negativa e controllare le sue emozioni.

<< Bene, così sia. >>

Superò suo padre e si affrettò a raggiungere nuovamente la sua camera. Il suono allegro dei suoi tacchi era in netto contrasto con il suo umore.

Fece un bagno più lungo di sempre, aveva quasi timore di uscire e incontrare gli occhi di uno dei suoi tre uomini di famiglia.

Indossò un vestito di lino blu notte, quasi nero, con le maniche bianche e tentò di rilassarsi sul letto. Per la mezzora successiva, libera, prima di iniziare la lezione non volle pensare alla reazione esagerata di Keyn e si mise a leggere il libro che le aveva dato il nonno, riprendendo da dove il Maestro gli aveva indicato, abbandonando per un po' il suo stato di malinconia. Nelle pagine successive scoprì cose interessanti che avrebbe chiesto in dimostrazione appena le fosse stato possibile. 

Essence of meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora