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Sentì chiaramente il fondo della sua anima e senza possibilità di dubbio, quelle parole la stupirono.

Se per lui e il resto dei presenti la sua frase era inequivocabile, per lei era come essere stata trascinava in oblio di terribile disordine emotivo e fisico.

Il suo corpo perse la sua risolutezza tanto che ebbe le vertigini, ma prese forza e grazie ai suoi riflessi pronti riuscì ad arrivare in camera sua.

La pressione dei suoi sentimenti sul petto divenne estenuante e non fu più in grado di contenere la sua tristezza. Si lasciò sciogliere in un pianto liberatorio.

Perché non sarei qui? Sarei fuggita o forse morta?

Una stretta gelata le avvolse le tempie mentre il dolore aveva raggiunto ogni parte del corpo. Se avesse continuato così sarebbe diventata ipersensibile ad ogni dolore ma in quel momento pensò che forse era meglio che ne fosse diventata insensibile. Avrebbe vinto ogni emozione anche se in cambio sarebbe diventata come un corpo senza anima, tuttavia così come stavano le cose, l'avrebbe di gran lunga preferito.

Tutto d'un tratto le pareti della sua stanza divennero opprimenti al punto di mancarle nuovamente il respiro.

Saltò giù dal letto e corse ad aprire la finestra, salendo a cavallo sul cornicione. Assorbì il più possibile le ventate di aria fresca e cercò nel silenzio un po' di pace, isolandosi da tutto.

Quando riaprì gli occhi notò che la luna era ormai alta nel celo e nell'arco di un ora la sera avrebbe lasciato posto a una lunga e triste notte.

Hoshea richiamò la sua attenzione con un lamento stridulo. Da quando l'aveva visto ad aspettarla fuori dalla casa di Keyn aveva deciso di evitare perfino lui. Nei suoi confronti non provava certo odio, tutt'altro si vergognava ancora per non aver fatto appello al suo aiuto, anche se si era resa conto che probabilmente avrebbe peggiorato solo la situazione perché se non fosse stato attento o forte, quell'Essere maligno l'avrebbe annientato.

Si sporse verso di lui e lo prese in braccio facendolo sedere sulla sua gamba destra. Lui la guardava con un'espressione dispiaciuta e ciò la fece stare ancora più male.

Lui allungò in fretta una zampa per comunicare con lei e lei gliela prese sperando in delle buone visioni.

Le si susseguirono nella mente diverse scene, la prima era la sua immagine con il volto rigato dalle lacrime e un espressione triste, essa si legava ad un'altra scena di quando giocava felice nel giardino con Hoshea, nell' immagine il suo sorriso era così radioso da fare concorrenza al sole. Quest'ultima le accese sul volto un sorriso molto simile e Hoshea raggiunse il suo primo scopo. Lei lo accarezzò dolcemente in segno di gratitudine.

Ad un tratto la scena sfumò cambiando scenario. Era notte e lei era sdraiata in qualche punto vicino al mare e sul suo campo visivo apparve Keyn con un espressione tormentata, densa di dolcezza e preoccupazione mentre le accarezzava i capelli. Bastò rivederlo come in sogno per far aumentare drasticamente i suoi battiti, nel mentre fantasticò sul fatto di voler rendere reale quella scena e di quanto sarebbe stato bello sentire ancora la sua pelle sulla sua.

Persa la concentrazione non si accorse che le visioni erano terminate.

Rimase scontenta del fatto di avvertire una sensazione di ambigua preoccupazione. Perché mai dovrei esserlo? Adesso so che lo rivedrò.

Non se ne preoccupò molto considerati tutti i momenti enigmatici recentemente vissuti. Purtroppo sapeva solo che l'avrebbe rivisto una sera di un qualunque giorno e presuppose dalla sua espressione che lui si sarebbe scusato per la reazione avuta la mattina.

Gioì per questo e avvertì le intrepide farfalle danzare nello stomaco.

Pur rendendosi conto che avrebbe fatto bene ad andare a dormire per ricaricare le energie perse nella faticosa giornata, lei non si sentiva per nulla sonnolenta.

Andò in bagno a rinfrescarsi il viso e lavare via i segni della sua tristezza. Si sciacquò anche i denti e si pettinò i capelli, diventati un groviglio virulento.

La sua pelle tornò luminosa come sempre e mentre si guardava allo specchio, rifletté sulla possibilità di andare a fare una passeggiata sia per tranquillizzarsi sia per farsi venire sonno. Non aveva altra scelta se non leggere ma in quel momento non le andava, così uscì dal bagno e si tolse gli abiti che aveva addosso e cercò nel grande armadio un vestito lungo. Ne trovò uno blu in tinta unita con delle spalline finissime, essendo un po' fresco fuori, ci aggiunse un gilet di cotone bianco ricamato a mano e infine ci abbinò dei sandali anch'essi bianchi.

Chiuse la porta a chiave e spense la luce.

<< Vieni con me? >> Domandò a Hoshea. Lui prese subito le sembianze di un volatile e saltò sul cornicione della finestra.

Evelyn si tenne in equilibrio seduta sul cornicione e si tolse per un momento il gilet.

Si concentrò e desiderò di avere le ali. Non conosceva altro metodo se non provare a fare la stessa cosa che l'aveva aiutata a farle sparire. In ogni caso fu sufficiente volerle, per farle apparire dietro di lei.

Felice di ciò si lasciò andare sicura fuori dalla finestra e pronunciò in fretta la formula per passare oltre l'incantesimo di protezione. Volò bassa intorno alle alte mura e appena fuori dalla visuale di qualsiasi tipo di persona, ridusse la velocità e atterrò in modo molto elegante. Successivamente desiderò di far scomparire le ali. Aveva imparato, senza bisogno di voltarsi, a sentire la loro presenza.

Si rimise il gilet e lo allacciò facendo un piccolo fiocco sul davanti.

Camminò in direzione della spiaggia con Hoshea che la sorvegliava volando alto nel cielo.

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