Capitolo 68: La disfatta degli uomini in nero.

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Flashback

Jodie, Akai, Camel, James Black, la CIA, la polizia.

Erano tutti pronti per il colpo del secolo. Tutti i dipendenti minori dell'organizzazione erano stati arrestati in totale segretezza appena usciti dall'edificio, mentre i pesci grossi, i corvi, erano riuniti per una consultazione generale con il Boss.

La soffiata di Rena Mitsunashi e di Amuro ci hanno dato la conferma dei piani degli uomini in nero, in modo da preparare tutto nei minimi dettagli.

Ho avvisato Doc di tenere Haibara fuori da questa situazione: questa notte sarà LA notte.

Ho detto ad Haibara e a Ran che non bisogna fuggire dal proprio destino, giusto in caso non dovessi vederle più.
Il mio, è un destino pericoloso.
È stato un azzardo, ma non potevo permettermi di morire senza aver lasciato loro una frase di cui ricordarsi.

Una trentina.
Solo una trentina di uomini, compresi Gin, Vodka, Vermouth, Bourbon, Kir, Rum e il Boss, chiusi in una stanza.
Questi ultimi due, a detta di Rena, si mostravano sempre in videoconferenza, oscurati, ma tutti sapevano che si trovavano in un ufficio a due o tre piani più in alto dell'edificio.

La costruzione moderna era un largo palazzo dai muri blu scuri, con larghe finestre riflettenti poste tutte intorno ai sei piani. Un posto in cui anche Shiho aveva lavorato, seppur per breve tempo. Sotto c'era la zona mensa e i laboratori di ricerca, che si estendevano fino al secondo piano. Nei piani superiori c'erano gli uffici e le armerie, ben nascoste all'interno di camere a cui solo i superiori potevano accedere per armare i propri cecchini.

<<Via>>

Il segnale di Amuro arriva a tutti i membri delle forze dell'ordine nelle auto in borghese all'esterno del covo dei MIB, compresa quella di Akai.
Due minuti dopo, le luci della struttura saltano.

<<Rena ha manomesso la corrente. Entriamo in azione!>>

Il traffico bloccato a un chilometro di distanza in ogni direzione impedisce ai civili di avvicinarsi durante le operazioni di cattura.

Tutto questo però, non aveva tenuto conto di chi già si era infiltrato tra di noi.

<<Cool boy, ora torna a casa, è il nostro turno. >>
Scendo dall'auto e, disobbedendo a Jodie, seguo Akai lungo una porta di servizio, proprio mentre Rena compare sulla soglia e ci intima di seguirla: la nostra guida al buio era stata perfetta in ogni movimento.

Due piani di scale a piedi mentre altri uomini armati sorvegliano tutti i restanti ingressi pronti a fare fuoco.

Arrivati al piano giusto ci mostra su una cartina antincendio la locazione della stanza della riunione e le sue possibili vie di fuga, in modo da schierare gli uomini.

Un colpo d'arma da fuoco, però, la colpisce vigliaccamente al ventre.

<<Lo sapevo che ci stavi mettendo troppo... Con chi diavolo stai parlando?!>>

Urla un uomo con la sigaretta tra i denti, mentre Rena si accascia ai piedi degli agenti e ai miei. Attivo le scarpe, faccio un passo avanti, e mi mostro al membro dell'organizzazione.
<<Un bambino...?>>

La sua aria stupita svanisce in un attimo, dopo che il mio pallone gli ha fracassato la dentatura.
Arrestato lui, avevamo via libera.

Un paio di uomini portano via la donna ferita, salvandola da una tragedia ben peggiore.
Arrivati alla stanza dei corvi vediamo uscire Vermouth: tutto secondo i piani.

L'incursione ha avuto inizio.

Spari, urla, fuoco.

Solo un soldato non si stava muovendo.
Shuichi Akai era fermo accostato a una parete, lo sguardo fisso sul monitor che proiettava l'immagine del Boss.

<<Non... Non è possibile... Tu...>>
Una fiammata lo risveglia da quell'incubo.
Qualcuno aveva dato fuoco al tavolo, e ora tutto sarebbe bruciato in un batter d'occhio.

Sono corso su per le scale. Due piani. Sarebbero dovuti scendere, il Boss, il suo braccio destro Rum, e la sagoma scura che era al loro fianco.
Amuro mi segue con una pistola stretta in mano, meno preoccupato di quanto lo sono io.
<<Una squadra mi segua, una vada a sorvegliare gli ascensori, e un'ultima alle scale di emergenza!>>

<<No.>>
Lo blocco.
<<Scenderanno usando le scale. Durante un incendio l'ascensore non funziona.>>

Per tutta risposta si attiva l'allarme antincendio, una sirena assordante dai lampeggianti rossi posti in diverse zone dei corridoi. Un piccolo gruppo di militari si distacca a corre all'esterno.

Attendiamo in assoluto silenzio, in attesa di un suono, di un passo, di un loro errore.

Poi li sentiamo.
Passi leggeri scendono circospetti proprio sopra di noi.

Li sentiamo tra un suono assordante e l'altro.
Li vediamo tra un lampeggiare color sangue e l'altro.

Un uomo sui quarantacinque anni fa strada a due figure più longilinee impugnando un'arma da fuoco dritta di fronte a sé.
Appena mi vede, il dito corre al grilletto.

<<Fermo!>>
Urla la voce di una donna, non in tempo per evitare lo sparo. Il proiettile mi colpisce al braccio sinistro, provocando un dolore lancinante e facendomi rotolare giù di un paio di scalini.

<<È solo un bambino!>>
<<Quì dentro non ci sono bambini! Ci sono solo adulti che hanno assunto quel dannato farmaco!>>
I militari entrano in azione.

Spari. Urla. Persone bloccate a terra. Dei cocci di vetro che arrivano fino a me.
Alzo lo sguardo mentre continuo a far pressione sulla ferita per fermare l'emorragia. Inizio a vedere tutto sfuocato, mentre dei rivoli di sangue caldo scivolano via tra gli incavi delle mie dita, gocciolando sullo scalino.

Quando i miei occhi ne incrociano un altro paio.
"Eterocromia..."
Un occhio verde, un occhio azzurro.

Rum.

Amuro sembra essere sorpreso nel vedere quella donna.
<<E... Elena...?>>
Sibila quasi senza accorgersene, con un panno in mano per fasciarmi il braccio.
La donna dai capelli castani con le sfumature ramate, ora sdraiata a terra e ammanettata, strizza gli occhi nella nostra direzione.

<<Zero....?>>

Amuro sobbalza, con un sorriso sul volto.
<<Amuro..?>>
Provo a chiamarlo, mentre il ragazzo lascia cadere lo straccio e corre dalla donna in nero.
<<Ehi ehi... Mi tocca pure medicarmi da solo...>>

La donna, Elena, viene portata via scortata da Amuro, o "Zero". Salgo le scale fino al pianerottolo per vedere il volto degli ultimi due prigionieri.

L'uomo castano ha la barba incolta, e non la smette di urlare strane frasi. A dirla tutta, non sembra avere le rotelle al proprio posto.

La seconda donna.
Dev'essere lei il Boss.
Anch'essa bloccata sul freddo pavimento dai militari, alza gli occhi nella mia direzione. Con il volto colorato di un rosso scarlatto, mormora una frase che solo io sembro sentire.

<<Con-... No.... Shinichi...?>>

"C-.... Cosa....?!"

Tra i bagliori dei lampeggianti rossi e l'oscurità, quella figura mi aveva riconosciuto.
Mi aveva riconosciuto anche se ero rimpicciolito.

<<Come... Come sai il mio nome?!>>

Shiho! {Coai, Shinshi}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora