CAPITOLO 102: SPORCHI DI TERRA E SANGUE (O DUE VOLTE PUTTANA)

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Avrebbe potuto farcela.

Una possibilità, seppur minima, l'avrebbe avuta.

Se fosse rimasto quello che era.

Il ragazzo dolce dietro la maschera.

Il ragazzo tenero che sapeva ascoltare e capire.

Il ragazzo che la faceva ridere sempre.

Ma Andrea sbagliava sempre i tempi, o le donne.

Lo diceva sempre: "Io sono fatto così, sono un buono. Prima o poi la troverò, quella buona come me!"

Ma una postilla, scritta in minuscolo, oggi diceva che Bebe apparteneva ad un altro.

La desiderava.

La desiderava da sempre, dal primo secondo che l'aveva vista.

La desiderava troppo.

Per questo la prese, se la tirò addosso di peso, afferrandola per il sedere.

Per questo la sua mano cercò subito il suo seno.

Per questo il pugno di Bebe si abbatté violento sul suo zigomo, facendogli andare la testa all'indietro, mentre un copioso fiotto di sangue gli usciva dal naso, schizzando di rosso le loro magliette.

Inaspettato, come il bacio di un secondo prima.

Ma Zanna le aveva insegnato a difendersi.

A mirare al naso, senza pensare.

A colpire il bersaglio come a volerci passare attraverso.

A colpire con tutto la forza di quel bracco esile che valeva per due.

Ricordava ancora quando lei lo aveva atterrato la prima volta.

Rotolarono a terra, macchiati di sangue.

Una sacca violacea si gonfiò subito sotto l'occhio di Andrea, che si teneva il viso incapace di rialzarsi, con la vista annebbiata e le vertigini.

Bebe era intontita, senza sapere se gridare, scappare, soccorrerlo.

Andrea provava le stesse cose.

"Cazzo... che stecca!" mugugnò per primo.

"Non volevo..." disse Bebe, contrita.

"Lo spero bene, cazzo!" disse Andrea, senza rabbia.

"Ti aiuto ad alzarti, siediti."

Bebe lo tirò in piedi e lo aiutò a sedersi.

Prese l'unico fazzoletto che aveva in tasca e gli tamponò il naso.

"Cazzo, Bebe, sei peggio di Tyson. Mi hai rotto il naso."

Bebe lo tastò, come le aveva insegnato Zanna.

Non era rotto, ma forse lo zigomo era meglio farlo vedere.

"Andiamo al pronto soccorso."

"Non ci vedo bene da un occhio, devi guidare tu."

"Non posso, senza la mia auto. Chiamo un'ambulanza."

"Brava, così ci denunciano. Me per molestie e te per lesioni. Giudo io, ma devi farmi da navigatore."

"Ok." Disse perplessa.

Avrebbe voluto chiamare Zanna, ma non sapeva il suo numero a memoria.

Maledetti smartphone.

Ricordava a memoria il numero di casa della sua amica delle elementari e non sapeva quello di cellulare di sua madre.

Si avviarono verso l'ospedale, sporchi di terra e sangue.

Al pronto soccorso li accolsero subito, e fecero una radiografia allo zigomo di lui e al polso di lei, che per fortuna non erano rotti.

Poi dovettero attendere due ore l'oculista, per controllare eventuali lesioni oculari.

L'occhio si stava gonfiando, e cominciava a fargli male.

"Scusa Andrea, non so che mi è preso."

"Scusa tu Bebe. Ma se questo è il prezzo da pagare per toccarti una tetta, non è nemmeno troppo alto."

Si sforzò di sorridere, in realtà impaurito dalle conseguenze per l'occhio.

"Dai Andrea, sii serio. Sono fidanzata, è stato uno sbaglio."

"No Bebe. Forse tu hai sbagliato. Ma non io."

Lo disse, guardandola serio, sincero.

Capì allora di essersi quasi innamorato.

"Mi dispiace, Andrea.", disse Bebe, abbassando lo sguardo.

Si sentiva colpevole.

Con Zanna, ma anche con lui, perché per un momento a quel bacio aveva risposto.

"Scusa..." mormorò in lacrime.

"Tranquilla." Disse lui abbracciandola.

Lei lo strinse forte, poi si staccò.

Attesero l'oculista, che per fortuna disse che era solo una brutta botta, che si sarebbero rivisti tra quindici giorni, ma non si aspettava conseguenze.

Poi tornarono a casa.

Zanna era lì, livido di rabbia, che la vide scendere dall'auto di un alto.

Erano ore che la cercava.

Bebe entrò in casa, col viso basso.

Sul momento, Zanna si spaventò, vedendola macchiata di sangue.

"Che cazzo è successo?"

"Ho fatto a pugni..."

"Con chi?"

"Con uno che ha provato a baciarmi." Disse, guardando in basso.

"Con chi?" gridò Zanna, adirato.

"Ma niente..."

"Niente? Uno ti bacia e non è niente?"

"Dai Alex..."

"Dai un cazzo! Vai a fare la zoccola in giro e mi dici dai?"

"Non faccio la zoccola." Gli rispose.

"Ah no? Dove cazzo sei stata due ore senza telefono? Chi cazzo era il tipo in macchina?"

"Un amico."

"Un amico??? Da quando cazzo va avanti questa storia?"

"Storia? Dai Alex!"

"Dai un cazzo! Scopi con un altro e dai Alex? Dai Alex un cazzo!"

"Ti prego, Alex!" Gridò piangendo.

"Ti prego un cazzo! Prendi le tue cose e sparisci. Quando torno non voglio più vederti. Puttana!"

E uscì sbattendo la porta, mentre Bebe si accasciava in terra in lacrime, dopo la seconda volta in un giorno che qualcuno la chiamava puttana.

E faceva male, perché è questo che si sentiva davvero adesso, col suo sculettare da gallina, i vestiti aderenti e il trucco appariscente.

Ecco cosa aveva ottenuto col suo essere finalmente bella.

Niente.

Bebe [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora